Prima di andare in vacanza, la commissione Antimafia all’Assemblea regionale annuncia che alla ripresa dei lavori avvierà una nuova indagine conoscitiva sui rapporti tra mafia, pubblica amministrazione e massoneria. L’indagine parte da quanto emerso dalle cronache negli ultimi mesi, ma anche da una notizia pubblicata su Meridionews tre anni fa in cui si raccontava di alcuni documenti ritrovati in un cassonetto e che rivelavano che l’allora neonata loggia massonica Pensiero e Azione del funzionario regionale Lucio Lutri.
Così dopo l’arresto del dirigente regionale, avvenuta ieri nell’operazione condotta dai carabinieri che ha portato a sette arresti, la commissione ha ritenuto di sentire oggi l’ingegnere Tuccio D’Urso, dirigente del dipartimento regionale dell’Energia, «per comprendere – ha detto Fava – questo intreccio tra mafia, massoneria e pubblica amministrazione che è diventato un tema ricorrente nelle cronache della Sicilia».
Dunque una nuova indagine, dopo quelle già concluse sul Borsellino quater e sul sistema Montante, per indagare sulle eventuali interferenze della massoneria nella pubblica amministrazione. «A settembre inizieremo una serie di audizioni – ha aggiunto – sul tipo di interferenza che si è determinata nel corso degli anni nell’attività amministrativa. La procura dice che Lutri era a disposizione, cioè metteva a disposizione la sua persona e l’amministrazione di appartenenza. Quindi, la prima domanda è capire quanto l’obbedienza massonica, quel vincolo di condivisione, partecipazione e comune obbedienza abbia potuto interferire e interferisca sulla macchina regionale. Inoltre – ha proseguito Fava – occorre capire quali siano gli ambiti istituzionali attraversati dall’obbedienza, e quanto sia stata reticente l’istituzione regionale rispetto alla vicenda legata a Lucio Lutri».
L’occasione è stata utile anche per annunciare che a settembre verrà presentata la relazione conclusiva sul caso Antoci (sono in dirittura d’arrivo anche le indagini su Girgenti acque e sul mercato di Vittoria), mentre Fava non esclude che un nuovo filone d’inchiesta possa avviarsi attorno al ruolo dei facilitatori emerso dall’inchiesta su Arata: «Nella confusione di ruoli – ha sottolineato – il meccanismo che si sarebbe innescato, del tutto contrario a ciò che la legge prevede, sarebbe quello che vede alcune imprese, in condizione di realizzare gli impianti, penalizzate da imprese civetta, prestanomi, facilitatori che non sono in grado di realizzare impianti, ma vendono chiavi in mano sia il terreno, che l’impianto autorizzativo concluso, guadagnando anche 30 volte il prezzo iniziale del terreno. Lo stesso ingegnere D’Urso – ha concluso Fava – ha detto all’Antimafia che si tratta di un giro d’affari che vale più del traffico di cocaina».
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