Una battaglia a suon di note stampa. Fatte di accuse, repliche e frecciatine. Il caso di Orazio Buda e Alfio Vecchio, coinvolti in operazioni antimafia e assunti dalla società che si è aggiudicata la gestione delle spiagge libere del Comune di Catania, ha riaperto la polemica sulla legalità nella giunta guidata dal sindaco Enzo Bianco. Dopo le prese di posizione delle associazioni Addiopizzo e Libera, arriva anche quella dei Siciliani giovani: «Noi non possiamo affermare, cosa che non tocca a noi ma alla magistratura, che vi siano delle infiltrazioni mafiose in giunta o nel consiglio comunale – si legge nel testo – Ma sicuramente possiamo avanzare l’ipotesi che questa giunta e questo consiglio comunale siano inadeguati, moralmente, eticamente e politicamente». Ed è a questo punto che si chiamano a raccolta altre realtà sociali cittadine, «in nome della loro storia».
La prima a rispondere all’appello, scatenando un vespaio di risposte che stenta a placarsi, è CittàInsieme. Che, dopo avere più volte ospitato confronti critici con l’amministrazione, attacca senza mezzi termini: «L’azione amministrativa di questa giunta ci sembra sbiadita, episodica, emergenziale, folkloristica, povera di progetti di ampio respiro, realistici e significativi, in preda agli interessi, non sempre chiari e trasparenti, di tanti, già in forze alle passate amministrazioni, allegramente saliti sul carro del vincitore». Un elenco lunghissimo di criticità, alle quali si aggiungono quelle che vengono definite «alcune clamorose gaffe» ormai diventate esempio costante dell’attività della giunta: partendo dalla collaborazione con la discoteca Empire, attorno alla quale – secondo gli investigatori – ruotano gli interessi del presunto boss Giacomo Nuccio Ieni, fino ad arrivare all’affaire che riguarda la presenza di Orazio Buda alle spiagge libere della Playa. Almeno fino alle dimissioni di quest’ultimo.
«Ma questi episodi, pur deprecabili, non sono il male. Sono i sintomi del male, del disagio profondo della città, dell’assenza di un serio impegno amministrativo che sia in grado di portare Catania fuori dalla palude nella quale è precipitata anche per l’inerzia e il menefreghismo dei suoi abitanti», continua ad arringare l’associazione di via Siena. Un attacco frontale senza precedenti, che ha portato a più di qualche scossone. La risposta di Palazzo degli elefanti arriva con un comunicato dell’assessore alla Legalità Rosario D’Agata, da sempre vicino a CittàInsieme, che stavolta però parla di «critiche feroci, raffazzonate e qualunquiste». E, ricordando le battaglie condotte dagli attivisti e le difficoltà di gestire un municipio in predissesto, il componente della giunta conclude: «Auspichiamo che, invece che guardarla da lontano, anche CittàInsieme voglia giocare la partita insieme a noi, così come ha sempre fatto negli anni ’90, con indipendenza e serietà, ma anche con una grande voglia di amare la città».
Chi prende inaspettatamente la parola è Giovanni D’Avola, il capogruppo del Pd cacciato dalla metà del suo gruppo, che raramente si lascia andare a dichiarazioni a mezzo stampa. Eppure stavolta si dice «costernato». «Una volta – ricorda – questa associazione civica era propositiva, di stimolo alla città, viva e vivace». In altri termini, «fattiva». Adesso, invece, sarebbe «caduta preda di protagonismi e menefreghismi». E mentre cita il peggiore cieco che è colui che non vuole vedere, D’Avola accusa CittàInsieme di fare «sofismi» che non risolvono una situazione difficile: quella dell’intera città. A tendere una mano di apertura è Sebastiano Arcidiacono, vicepresidente del Consiglio comunale e confluito nel Gruppo misto: «Chi amministra deve comprendere la necessità di sostituire il dialogo alla chiusura e l’umiltà all’arroganza – afferma – Ci troviamo di fronte a uno scontro senza precedenti tra la città (mondo accademico e culturale, associazionismo civico, professionale e imprenditoriale, operatori dell’informazione e magistratura contabile) e il governo della città (sindaco e giunta)».
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