Presentano un’interrogazione parlamentare al ministero dell’Istruzione ma sbagliano l’oggetto del bersaglio, scambiando Cefalù con Partinico. È quello che è accaduto ai due esponenti della Lega Eugenio Zoffili e Daniele Belotti – capogruppo in Commissione Cultura di Montecitorio – che il 10 luglio hanno presentato un’interrogazione alla Camera per chiedere delucidazioni e accertamenti su una commissione d’esame di maturità i cui componenti si sono presentati nei giorni scorsi a scuola indossando una maglietta rossa, in solidarietà all’iniziativa “Fermiamo l’emorragia di umanità” lanciata da Libera e da don Luigi Ciotti. Peccato che i due chiedano di «fare chiarezza» sul liceo scientifico Savarino, di Partinico, mentre l’episodio è avvenuto in un istituto scolastico di Cefalù.
A scatenare l’equivoco è stata la condivisione su Facebook della docente Dina Provenzano, che insegna al Savarino e che ha solidarizzato coi colleghi per aver aderito all’iniziativa in favore dei migranti e dei bambini che muoiono in mare durante le traversate dall’Africa. «Siete davvero un bell’esempio di una scuola che ha il compito di educare e trasmettere grandi valori ed ideali» ha scritto la professoressa. Ad alimentare la confusione anche il fatto che una docente della scuola abbia poi fatto parte di quella commissione, in qualità di esterno, proprio nella cittadina madonita. Tanto basta, in ogni caso, ai due leghisti per sostenere che «a giudizio degli interroganti, la scuola dovrebbe astenersi dal fare politica militante, in quanto luogo istituzionale e quindi doverosamente neutrale» e per chiedere al governo nazionale «quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione a quanto accaduto», oltre a una sorte di schedatura per capire «se altri episodi siano accaduti in altri istituti» nonché «una normativa volta ad impedire comportamenti di propaganda politica e indottrinamento da parte dei docenti nei confronti degli studenti».
Sulla vicenda in prima linea si è schierato, ma a sostegno delle magliette rosse, anche Salvo Vitale. Con due scritti – È bastata una maglietta rossa e Il trionfo dell’ignoranza – che hanno messo a nudo quelle che il giornalista ha definito «mistificazioni» ed elencando «la rassegna delle minchiate» che sulla vicenda si sono susseguite. Il giornalista, che è stato anch’egli docente al liceo Savarino (ed è marito della docente Provinzano da cui è partito, inconsapevolmente, il polverone), a MeridioNews spiega quello che è accaduto. Raccontando innanzitutto «delle lettere, dei commenti offensivi e delle ingiurie che abbiamo subito». Quel che ne viene fuori, secondo il compagno che continua a portare avanti il ricordo di Peppino Impastato, è «una vicenda ai limiti del surreale, dove si scambia l’etica per la politica: fare un’azione di sensibilizzazione per i diritti umani è una cosa, un’altra fare politica all’interno della scuola. Personalmente io e mia moglie stiamo valutando se, nella marea di offese che ci sono arrivate, ci sono gli estremi per una denuncia penale». E in merito all’interrogazione della Lega Vitale si limita a commentare che «non ci sono manco i margini minimi per intervenire, non si conosce neanche la giurisprudenza scolastica in certi casi; ed eventualmente venissero a fare tutti gli accertamenti e i controlli del caso, ci sarebbe da ridere».
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