Le relazioni pericolose di Nico Torrisi Dopo il nuovo incarico alle Infrastrutture

Quali vantaggi porta l’impegno politico in primo piano per il leader di un’associazione di categoria? L’interrogativo è legittimo quando nasce l’intreccio tra pubblico e privato. Una domanda che da oggi appare lecita anche per il ruolo del presidente di Federalberghi in Sicilia, il quarantenne Nico Torrisi, nuovo assessore alle Infrastrutture nella rinnovata giunta di Rosario Crocetta.

Parliamo della realtà con schiettezza e senza moralismo. La logica secondo la quale la rappresentanza di una categoria debba rivelarsi proficua in un ruolo istituzionale di natura strategica è applicabile solo se il protagonista si sveste dei panni di condottiero supremo dell’organizzazione che rappresenta, per vestire quelli di amministratore. La discontinuità, la separazione netta, l’equidistanza, sono le giuste chiavi di lettura di un incarico che deve essere affrancato da lacci e lacciuoli, per consentire all’associazione di perseguire liberamente la missione di cane da guardia dell’istituzione. Un passaggio che in altri paesi risulta scontato ma che in Italia viene snobbato. Perché ritenuto superfluo, una pratica perniciosa.

Nel nostro caso i conti sembrano tornare, mettendo nel piatto gli appetiti degli imprenditori del turismo di Taormina sulle future risorse finanziarie della Programmazione Pon 2014–2020. Il giovane manager catanese, infatti, rappresenta l’anello mancante di una catena che va a ricomporsi. E Torrisi, d’altra parte, seguirà l’esempio eccellente di Bernabò Bocca, presidente nazionale di Federalberghi e dal 2013 anche senatore del Pdl, oggi Forza Italia. L’incarico politico di Bocca si somma alla sua attività in favore degli albergatori, svolta ormai da 14 anni

Crocetta aveva fatto una premessa: «Da questo momento le deleghe sono politicamente azzerate e verranno discusse insieme ai partiti, sulla base dell’utilizzo ottimale delle loro competenze e professionalità». Nel caso di Torrisi, però, il monumentale conflitto di interessi che si sarebbe sprigionato per la sua nomina al Turismo (avrebbe penalizzato anche lui) ha fatto propendere per una soluzione razionale. Diciamo a metà strada.

Il giovane manager catanese, laureato alla Bocconi e amministratore di uno dei maggiori comprensori turistici della provincia etnea, il Grand Hotel Baia Verde di Catania, annovera tra le sue esperienze anche quella di amministratore delegato della società di gestione dell’aeroporto di Fontanarossa. Un incarico assunto nel 2012, abbandonato presto con annessa polemica per un bilancio non convincente. Chi ne apprezza le doti parla di un uomo capace, gran lavoratore e predisposto alle relazioni sociali, coltivate in maniera quasi maniacale. Un pregio che ha giocato un ruolo fondamentale per la sua ascesa in Confcommercio, ente a cui la federazione che raccoglie il 90 per cento degli albergatori dell’isola è legato (vivacità intellettuale che gli ha provocato anche qualche danno collaterale, su tutti il rapporto non idilliaco con il presidente regionale di Confcommercio).

Insomma, se proprio vogliamo dirla alla maniera di certi imprenditori, non si tratta di conflitto di interessi ma è una questione di opportunità. A questo punto, ci prefiguriamo (con un pizzico di fiducia) la solenne decisione di Torrisi di lasciare l’incarico in Federalberghi. Le sue relazioni sarebbero meno pericolose, anche se non così avvincenti come quelle di Antonio Fiumefreddo. Queste ultime, degne della sceneggiatura di un film.

Riceviamo e pubblichiamo con piacere le precisazioni di Nico Torrisi.

«Ci sono già due vicepresidenti e un vicario che con il segretario regionale si stanno occupando della gestione amministrativa dell’associazione e lo faranno fino al giorno dell’assemblea. Per quanto non ritengo fossero incompatibili i miei incarichi, ho ritenuto opportuno rimettere il mandato all’assemblea degli associati, che mi hanno chiesto di cambiare idea. Io però ho preferito fare un passo indietro per dedicarmi al delicato ruolo che mi è stato affidato; tengo a precisare, infatti, che non ho ricevuto la delega al turismo, delega per la quale si sarebbero potute forse prospettare più che incompatibilità ragioni di opportunità che ne sconsigliavano l’accettazione. Per quanto, invece, riguarda la delega alle Infrastrutture, credo si tratti di un settore totalmente scevro da interferenze con l’associazione da me presieduta e dalla quale ribadisco sono dimissionario, come sarebbe stato facilmente accertabile contattando l’associazione.
Per quanto riguarda l’aspetto concernente la Sac, tengo a rettificare le inesattezze apparse sul vostro quotidiano online. Non ho mai rivestito la carica di commissario straordinario, bensì quella di amministratore delegato dal settembre al novembre 2012. Periodo durante il quale non mi sono occupato di bilanci, se non quelli della gestione precedente. L’incarico non è stato da me abbandonato, ma sospeso a causa di un ricorso presentato da alcuni soci. A seguito di questo ricorso, sono state effettuate nuove elezioni con il quale è stato nominato l’attuale Cda della Sac».

Luigi D'Angelo

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