Le parole del Dalai Lama sul dramma dei migranti nel Mediterraneo

AIUTARE I PAESI DA DOVE QUESTA GENTE FUGGE E’ PIU’ CHE GIUSTO. MA CHI DOVREBBE AIUTARLI? CHI, FINO AD  OGGI, LI HA SFRUTTATI?

Dopo lo storico evento della visita di Papa Francesco a Lampedusa, è la volta del Dalai Lama a Pomaia, un Comune della provincia di Pisa, a soffermarsi sulla vicenda dei migranti che attraversano pericolosamente il mare Mediterraneo. Egli li chiama rifugiati, e non a torto. La nostra stampa li definisce “clandestini”.

Il Dalai Lama, infatti, spiega: “Se si chiamano rifugiati vuol dire che fuggono da qualcosa, ma il buon cuore per accoglierli non basta e bisogna avere il coraggio di intervenire nei loro Paesi per costruire lì una società migliore. Non è possibile pensare che sia sufficiente l’accoglienza a risolvere il problema dei profughi. E’ necessario intervenire in quei Paesi, impegnarsi per superare le guerre, spesso a sfondo religioso, che provocano gli esodi e superare anche il grande divario tra ricchi e poveri per ottenere un risultato davvero efficace”.

Il servizio sulla visita del Dalai Lama nella località toscana è riportato da “Il grande cocomero” che riporta anche un commento a caldo dell’eurodeputato leghista, Mario Borghezio, di condivisione delle parole dell’autorità del buddismo tibetano. Infatti, i leghisti da sempre sostengono che occorrerebbe prevenire il fenomeno migratorio rimuovendone le cause nei Paesi di origine. Fin qui la notizia.

Sulle dichiarazioni del Dalai Lama esprimiamo la nostra adesione accompagnata, però, da una domanda: Intanto che ‘qualcuno’ – e vedremo qui di seguito chi è questo qualcuno – faccia qualcosa, i migranti che navigano sulle precarie imbarcazioni nel Mediterraneo li lasciamo lì ad attendere che ‘qualcuno’ intervenga a rimuovere le cause che originano il loro esodo dai Paesi di provenienza?

Il quesito lo lasciamo lì, perché lo riteniamo persino pleonastico. Preferiamo, invece, tentare di indagare su quel ‘qualcuno’ che dovrebbe (e dovrebbe averne l’autorità, sic) intervenire per rimuovere le cause all’origine degli esodi di massa dalle guerre, dalla fame e dalle ingiustizie. Questo qualcuno o, meglio, questi ‘qualcuno’ a nostro piccolo parere dovrebbero essere, per l’accoglienza, l’Unione europea e, per rimuovere le cause all’origine, l’Organizzazione delle Nazioni Unite.

L’Unione europea per la ragione che i tanti Paesi dell’Africa e del Medio Oriente dai quali partono le carovane dei fuggiaschi scontano i ritardi e le ingiustizie che la colonizzazione degli europei ha prodotto in quei Paesi, dove ancora oggi essi rappresentano corposi interessi di sfruttamento senza sviluppo.

A riguardo degli interventi strutturali, sulla natura di quei regimi, sulle precarie forme di democrazia – vedasi a questo proposito il golpe militare in Egitto, voluto dall’occidente per ostacolare il governo di stampo musulmano, più che ovvio in un Paese a religione prevalente islamista – nonché sullo sfruttamento con ogni mezzo, lecito e meno lecito, delle ricchezze naturali delle quali quel continente è ricco. Sfruttamento che, guarda caso, è messo in opera da parte delle compagnie multinazionali, che di sicuro non sono né africane, né mediorientali.

Bene, su questi motivi di ingiustizia, la competenza internazionale è attribuita all’Onu. L’Organizzazione mondiale nata per tutelare la pace, rimuovere le cause delle ingiustizie ovunque nel mondo si verificassero, favorire lo sviluppo eguale aiutando i Paesi meno evoluti a superare le loro arretratezze, ad assicurare la salute a tutti i bimbi del mondo, nonché a valorizzare e diffondere la cultura e la conoscenza in ogni Paese, ebbene, questa missione è totalmente fallita.

L’Onu serve ai paesi occidentali per assicurare loro le coperture formali alle loro aggressioni imperialiste ovunque nel mondo: dall’Iraq alla Libia, dall’Afghanistan alla Nigeria, al Sudan, al Botswana, alla Palestina e, perché no?, a Cuba, dove la base militare e le prigioni illegali degli Stati Uniti sono ancora attivi nonostante gli impegni di smobilitazione assunti da Obama.

Che ben vengano le predicazioni del Dalai Lama, ma da lui che ha rappresentanza nell’Assemblea delle Nazioni Unite ci aspettiamo qualcosa di più in quella sede. Anche se sappiamo bene quali sono le difficoltà che incontra il Dalai in quell’organismo a causa dell’opposizione della Cina alla sua rappresentanza per la questione dell’indipendenza territoriale del suo Paese, da egli rivendicata.

Il ‘peso’ della Cina a l’Onu è notevole essendo, quel Paese, membro permanente del Consiglio di Sicurezza e titolare del “diritto di veto” e quindi da tenere buono da parte dgli altri membri per evitare grane nelle decisioni di maggiore rilievo.

 

Riccardo Gueci

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