Le mani di Messina Denaro sull’economia trapanese Discarica, sanità, eolico. Giornalista tra i prestanome

Tre imprese intestate a prestanome, tra cui ci sarebbe anche un giornalista, ma riconducibili alle famiglie di Cosa Nostra più vicine a Matteo Messina Denaro e in grado di condizionare l’economia del Trapanese, a cominciare dagli appalti pubblici: come quello per la ristrutturazione dell’ospedale di Mazara del Vallo. O ancora nello smaltimento di rifiuti edili, con una discarica che agiva in regime di monopolio. È questo il cuore dell’operazione Ermes 2, condotta dalla squadra mobile di Trapani e coordinata dalla Dda di Palermo. Coinvolti nomi importanti, come quello di Vito Gondola, ritenuto il reggente della famiglia di Mazara, arrestato nel 2015 e fidatissimo prima di Totò Riina e poi di Messina Denaro, con cui teneva i contatti tramite una fitta rete di collaboratori, i cosiddetti postini.

Non mancano anche particolari inquietanti, come la possibilità di avvalersi, direttamente o indirettamente, di uomini infedeli all’interno delle istituzioni dello Stato. È quanto emergerebbe da un’intercettazione tra Gondola e il suo più fidato collaboratore, Carlo Loretta, imprenditore già condannato per mafia e oggi nuovamente arrestato insieme al fratello Giuseppe. In una conversazione, captata in un’autofficina di Mazara, Carlo Loretta confessa di essere riuscito a sapere che nei suoi confronti erano in corso accertamenti finalizzati al sequestro della ditta Mestra, a lui riconducibile. «Io – dice Loretta al boss Gondola – ora accerto se sono le misure di prevenzione o se è un accertamento che stanno facendo a Palermo». 

Proprio l’impresa Mestra (Materiale edile scavi trasporti recuperi ambientali S.r.l.) è una delle tre società che, secondo gli inquirenti, erano a disposizione di Cosa Nostra e che sono finite oggi sotto sequestro. Core business era la gestione di una discarica per lo smaltimento dei rifiuti e il recupero ambientale e per lo smaltimento di rifiuti speciali, come l’amianto. L’impianto agiva in regime di assoluto monopolio e sarebbe stato in grado di condizionare, slealmente, le attività connesse alla edilizia pubblica e privata a Mazara del Vallo. Gli inquirenti hanno inoltre ripreso diversi incontri tra boss mafiosi nella sede della Mestra, organizzati dai fratelli Loretta. Questi ultimi sarebbero stati i reali gestori della società, formalmente intestata alle rispettive mogli: Grazia Maria Vassallo e Vita Anna Pellegrino.

La Mestra ha partecipato, tra l’altro, alla ristrutturazione dell’ospedale di Mazara del Vallo, iniziata nel 2013 e affidata all’emiliano Cons.Coop, Consorzio di Cooperative di Produzione e lavoro, tramite il quale è stata aggiudicata alla Cmc di Ravenna, colosso delle costruzioni con importanti appalti in Sicilia. L’Asp di Trapani ha precisato che si è trattato di un lavoro in subappalto durato pochi mesi, fino all’interdittiva antimafia che, nel febbraio del 2014, ha colpito la Mestra dei fratelli Loretta. Subito dopo la misura della Prefettura di Trapani si verificarono alcuni atti intimidatori nei confronti delle ditte che si apprestavano a contrattare con Cons.Coop. per l’esecuzione di lavori in sub-appalto in sostituzione della Mestra. «In particolare – sottolineano gli investigatori – la ditta Bruccoleri di Como e Territorio Pulito di Mazara nel mese di marzo del 2014 subirono minacce e attentati incendiari per costringere a non concorrere all’assegnazione dei lavori». Di questo e di altri appalti (come alcune opere di sbancamento nella frazione balneare di Tonnarella e la costruzione del parco eolico Vento di Vino a Mazara del Vallo) si parla nelle intercettazioni durante gli incontri avvenuti nell’autolavaggio di Angelo Castelli, a Mazara del Vallo, tra Gondola e Loretta e nella sede della Mestra

Per superare l’ostacolo dell’interdittiva antimafia i Loretta avrebbero messo su una nuova società cooperativa, la Medio Ambiente, intestata formalmente a due dipendenti della Mestra, Anna Bonomo e Andrea Alessandrino, e a Filippo Siragusa, giornalista collaboratore del Giornale di Sicilia e in passato dipendente di imprese nel settore dello smaltimento rifiuti. Tutti e tre i presunti prestanome sono stati colpiti dalla misura cautelare dell’obbligo di dimora. Proprio il giornalista, secondo quanto emerge dalle intercettazioni telefoniche, sarebbe stato particolarmente attivo nella gestione della nuova impresa, nonostante, precisano gli investigatori, «fosse perfettamente a conoscenza dello spessore criminale dei Loretta e del perché era stata costituita la Medio Ambiente». Siragusa, durante una serie di incontri con Giuseppe Loretta, avrebbe cercato di delineare le strategie di mercato per ampliare il business della nuova società della quale era socio e della quale, per circa un mese dopo la costituzione, era stato anche amministratore. In più si sarebbe prodigato per portare alcune commesse alla ditta.

Dall’indagine, inoltre, emerge un altro nome importante, quello di Epifanio Agate, figlio del boss defunto Mariano Agate, fedelissimo di Totò Riina e membro della cupola di Cosa Nostra. È con lui che il boss Vito Gondola si sarebbe incontrato più volte, interessandosi ai problemi economici della famiglia Agate dopo il sequestro della loro azienda, la Calcestruzzi Mazara. Per bypassare le normative in materia di prevenzione antimafia, Agate avrebbe creato una società, la My Land, dedita alla vendita di prodotti ittici congelati, insieme al mazarese Francesco Mangiaracina, cognato del collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori. Ma nessuno dei due sarebbe stato formalmente il titolare della ditta, al loro posto le quote sono state intestate alle rispettive mogli: Rachele Francaviglia e Natalyia Ostashko

I rapporti tra i soci però si sono deteriorati e quando, nell’ottobre del 2015, i coniugi Mangiaracina-Ostashko hanno deciso di uscire dalla società, gli sarebbe stato impedito a causa delle minacce di Agate, e dei debiti accumulati con le banche. Epifanio Agate è stato quindi arrestato con l’accusa di intestazione fittizia di beni ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. «L’indagine – sottolineano dalla squadra mobile di Trapani – ha confermato i saldi contatti tra il clan mazarese e quello di Castelvetrano e gli accordi per spartirsi gli appalti sotto le direttive del latitante Messina Denaro al quale Gondola si rivolgeva per dirimere le varie controversie insorte».

Applicazione della misura cautelare in carcere:

Epifanio Agate, nato a Mazara del Vallo il 13/11/1973, per attribuzione fittizia di beni a tezri (quote delle società mazaresi My Land e Fishmar) e estorsione aggravata dal metodo mafioso

Carlo Antonio Loretta, nato a Ville de Tourconing (Francia) il 13/06/1966, e Giuseppe Loretta, nato a Mazara del Vallo il 08/04/1980, per associazione mafiosa e attribuzione fittizia di beni a terzi (quote della società Mestra e Medioambiente); 

Angelo Castelli, nato a Mazara del Vallo il 22/04/1945, per favoreggiamento all’associazione mafiosa di Mazara del Vallo e Castelvetrano.

Applicazione della misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di residenza:

Andrea Alessandrino, nato a Mazara del Vallo il 15/06/1973; Filippo Siragusa, nato a Castelvetrano il 05/10/1961; Paola Bonomo, nata a Mazara del Vallo il 17/07/1989, per attribuzione fittizia di beni in concorso (per la società Medioambiente); 

Rachele Francaviglia, nata a Palermo il 30/06/1983; Francesco Magiaracina, nato a Mazara del Vallo il 05/04/1973; Nataliya Ostashko, nata a Engels (Federazione Russa) il 06/10/1977; Nicolò Passalacqua, nato a Mazara del Vallo il 09/02/1968, per attribuzione fittizia di beni in concorso (per la società My Land e Fishmar).

Salvo Catalano

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