Con ogni probabilità l’università di Catania, stravolta dalle polemiche giudiziarie, stasera avrà un nuovo rettore. Il nome, a dire il vero favorito già dall’inizio della competizione elettorale, è quello del professore Francesco Priolo. La strada per il direttore del dipartimento di Fisica ed ex presidente della Scuola superiore adesso però è ancora più in discesa grazie al ritiro di tre candidati: Salvatore Barbagallo, Agatino Cariola e Roberto Purrello. Decisi a farsi da parte dopo il primo turno, risalente al 23 agosto, in cui Priolo ha fatto il pieno di consensi, senza però centrare l’elezione per il mancato raggiungimento del quorum a 792 voti. Dopo dodici ore la nota congiunta dei tre sfidanti, che stasera dovrebbe essere suggellata ufficialmente dal risultato dei seggi.
Sul voto per il rettorato pende però una vera e propria spada di Damocle. Il 12 settembre i giudici del tribunale amministrativo etneo si esprimeranno nel merito dopo avere rigettato la richiesta di sospensione del voto, presentata dai ricercatori Lucio Maggio e Attilio Toscano. In poche parole il nuovo rettore è a rischio già prima di essere eletto. Ma quali sono i motivi contenuti nel ricorso? Sotto la lente d’ingrandimento il decano Vincenzo Di Cataldo, il professore che ha preso in mano le redini dell’ateneo dopo le dimissioni del rettore Francesco Basile e del pro rettore Giancarlo Magnano di San Lio, entrambi indagati. Di Cataldo, come si legge nei documenti, secondo i ricorrenti avrebbe agito in assenza di legittimazione delle norme. In poche parole non avrebbe potuto convocare il senato accademico e indire nuove elezioni. Per l’università, invece, l’appiglio sarebbe un decreto del 1944. Lo stesso che indica come a svolgere le funzioni di rettore, in caso di assenza del Magnifico e del suo vice, debba essere «il professore più anziano del corpo accademico».
Illegittima per i ricorrenti, rappresentati dagli avvocati Dario Riccioli e Pietro Sciortino, sarebbe anche la composizione del senato accademico dell’8 luglio. Quando al tavolo andarono quattro vice direttori di dipartimento e un decano di dipartimento. Andandosi così a sostituire ai direttori sospesi perché coinvolti nell’inchiesta sull’ateneo. L’avvocatura dello Stato sul punto replica rifacendosi a quanto accaduto nel 2013, quando l’allora direttore generale Lucio Maggio – oggi firmatario del ricorso – diede l’incarico a un vice direttore di completare il mandato di un direttore andato in pensione. Tra i due casi però ci sarebbe qualche differenza, come sottolineato nelle controdeduzioni Riccoli e Sciortino: «I vicedirettori possono subentrare nelle limitate funzioni dipartimentali e non come componenti del senato accademico».
C’è poi un capitolo del ricorso che riguarda il presunto conflitto d’interessi di tre vice direttori e di un decano di dipartimento. «Portatori di due interessi specifici: quello dei direttori sostituiti e quello istituzionale dell’indizione dell’elezione del rettore», scrivono i legali. Replicando a quanto sostenuto dall’ateneo, secondo cui a mancare «è la materia del conflitto posto che non si deliberava sulla costituzione di parte civile contro i docenti interdetti e sostituiti dai loro vicari».
Uno dei punti più discussioni è però quello del possibile commissariamento. Auspicato da più parti per evitare le elezioni in piena estate. Questa prospettiva, ipotizzabile solo in casi di «gravi motivi legati alla gestione finanziaria» è stata smentita ufficialmente dal ministero dell’Istruzione attraverso le pagine di MeridioNews. Intervento che i legali dei ricorrenti bollano però come «fantomatico». Nonostante la precisazione sulle pagine del nostro giornale sia avvenuta in modo ufficiale e davanti a precise domande inoltrate via email sui canali istituzionali del ministero.
L’ultimo passaggio del ricorso è quello relativo alla scelta del decano. Cosa si intende per professore più anziano? Quello con più anni di servizio o colui che vanta l’età anagrafica maggiore? «È prassi costante – si legge nelle memorie difensive dell’avvocatura dello Stato – che l’anziano venga individuato in funzione del ruolo e giammai dell’età anagrafica. La logica è talmente evidente che è imbarazzante doverla spiegare», scrivono gli avvocati Giuseppina Claudia Coniglione e Vincenzo Reina. Sulla vicenda adesso l’attesa è tutta per il 12 settembre. Quando i giudici entreranno nel merito del ricorso. Per i due ricercatori il pericolo è chiaro: «Ingenerare una catena di invalidità, non solo sulla stessa elezione del rettore, ma anche su tutti gli atti che adotterà nel prosieguo». «L’intento dei ricorrenti – mettono nero su bianco i legali di Unict – è paralizzare le elezioni per conseguire le utilità del commissariamento dell’ateneo». L’ultima parola adesso spetterà ai giudici amministrativi.
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