Le dichiarazioni di Venturi in commissione Antimafia L’appello a dicembre 2016: «Allontanate Montante»

Dietro il paravento dell’antimafia «di facciata», avrebbe «insediato e cooptato una classe dirigente di potenti composta una sfilza di imprenditori, politici, professionisti, amministratori pubblici dal fare opaco, presentati e accreditati come paladini della legalità, che da svariati anni condizionano il potere politico, burocratico ed economico della Sicilia». È questa l’accusa che l’ex assessore alle attività produttive Marco Venturi, ha mosso in Commissione nazionale Antimafia, nell’audizione del 13 dicembre 2016, a proposito di Antonello Montante. Quel verbale è rimasto secretato fino a poco tempo fa. E in quel documento, già un anno e mezzo fa, c’era un appello: «La politica nazionale deve intervenire al più presto per allontanare Montante dalla presidenza della Camera di commercio, da Unioncamere e da tutti i ruoli istituzionali che lui ricopre, perché costituisce un allarmante rischio di condizionamento per le istituzioni».

Venturi, ascoltato a palazzo San Macuto a Roma, ha disegnato i contorni geografici di «un nuovo sistema, coperto dalla maschera dell’antimafia di facciata, macchiato da inquietanti collusioni in cui si celano cinismi, legami e affari condotto da una classe dirigente incurante del danno irreparabile recato alla Sicilia e dall’inaccettabile offesa procurata all’impegno vero, coraggioso e genuino dell’antimafia sociale nato dopo le stragi».

Venturi ha detto alla Commissione che la sua richiesta di audizione era già stata fatta nel 2015 proprio per «segnalare la pericolosità e il condizionamento del sistema Montante nell’ambito della vita politica e amministrativa regionale, un sistema che esprime il vertice regionale e diversi esponenti di primo piano che governano società regionali, miste, enti importanti in Sicilia». 

«Apparati – denunciava anche in quella sede Venturi – che condizionano anche le parti sociali. Si è costituito un tavolo che si chiama tavolo regionale per la crescita e per lo sviluppo, creato nel 2012 da Montante e che ha sede in Unioncamere regionale che è presieduta dallo stesso Montante. Un sistema che controlla anche parte della comunicazione e della stampa che spesso gli ha fatto da cassa di risonanza. In molti preferiscono non parlare di questi problemi, in Sicilia quello che prevale è il silenzio. Siamo molto molto preoccupati perché nessuno prende posizione né la politica né la società civile, nessuno, tutti stanno ad aspettare che la magistratura faccia il suo corso, ma io penso che la politica abbia il compito di intervenire».

E ancora, Venturi ha ricostruito la sua versione dell’ascesa e caduta di Alfonso Cicero all’Irsap: «Lo Bello, Montante e chi faceva parte di quel sistema portavano Cicero come elemento di punta, però di fatto facevano il doppio gioco. L’hanno prima abbandonato, poi era stato detto che non bisognava lasciarlo alla presidenza dell’Irsap, bisognava congelare la sua la sua nomina, e allontanarlo completamente da quelli che erano gli incarichi regionali, perché era uno che dava fastidio. Ricordo che Cicero ha ricevuto lettere minatorie, ha trovato un ordigno davanti casa sua, è stato inseguito in autostrada».

Secondo l’ex assessore regionale alle Attività Produttive, «il cuore del problema in Sicilia sono le aree industriali, che rappresentano il cuore della mafia. Prima come assessore alle Attività produttive della Regione siciliana, poi come presidente di Confindustria Sicilia, ho un quadro abbastanza chiaro dell’inghippo e della gestione che si è avuta nelle aree industriali fin dal 1980, quando arrivarono fiumi di denaro per creare agglomerati che poi non portarono a nessuna impresa sana. Si costruirono questi agglomerati, si fecero infrastrutture spesso sovradimensionate, si spesero milioni di euro, centinaia di miliardi delle vecchie lire allora. Cosa che continuò con i patti territoriali, con le “488” (il riferimento è alla legge 488/92 – Investimenti nelle aree depresse, ndr) che realizzarono solo cattedrali nel deserto non creando un’occupazione vera». 

Venturi ammette davanti alla Commissione presieduta da Rosy Bindi di avere paura. «Sì – dice – noi abbiamo paura, io, Alfonso Cicero e gli altri soggetti che hanno condotto questa azione di contrasto alle mafie, perché l’azione di Cicero è un’azione che si è rivelata molto importante: circa quaranta procedimenti, di cui dieci sono già andati a processo su burocrati, politici e imprenditori collusi con la mafia, ventisei sono dei rinvii delle inchieste di indagine, poi ci sono diverse costituzioni di parte civile che ha fatto anche Cicero. Certo noi abbiamo molta, molta paura di quello che può succedere, perché i sistemi criminali sono variegati in Sicilia e presenti, tutti legati con le famiglie mafiose dei vari territori da quello che abbiamo potuto vedere con le informative antimafia e le interdittive atipiche che sono arrivate. Quindi Messina Denaro e Virga a Trapani, le varie famiglie mafiose della nuova mafia agrigentina ad Agrigento, gli Ercolano a Catania. In Sicilia la mafia è presente in tutti gli ambiti».

Dopo le parole, i fatti, l’intervento dei probiviri dentro l’associazione e le dimissioni, nel 2015, di Venturi da Confindustria, «l’unica associazione di impostazione stalinista nel nostro Paese» dice Venturi, in riferimento ai provvedimenti maturati dal suo dissenso.

«Io ho subito questo processo farsa – aggiunge -, in quell’occasione ho rassegnato le mie dimissioni perché ho capito e percepito che a nessuno interessava né l’applicazione del codice etico, né la trasparenza, l’etica e a nessuno interessavano realmente i seri rischi di infiltrazione mafiosa nel tessuto imprenditoriale del nostro Paese». Venturi torna alla sua intervista a Repubblica, nella quale «denunciavo fenomeni e soprattutto chiedevo a Confindustria di far dimettere Montante nella corretta applicazione del codice etico di Confindustria che era stato tanto proclamato a livello nazionale, la risposta del presidente nazionale Squinzi è stata quella di dare solidarietà a Confindustria. Ma devo dire anche che oggi il nuovo presidente Vincenzo Boccia ha ripescato Montante, lo ha ripreso nel board nazionale dandogli un incarico su rete Imprese italiane».

E ancora, le dinamiche politiche che in quel contesto avrebbero portato al governo il nuovo sistema di potere: «L’elezione di Crocetta – precisa Venturi – è stata determinata anche dagli accordi che c’erano con l’ex presidente Raffaele Lombardo, che è stato condannato a sei anni e otto mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, il quale aveva spaccato allora il centrodestra e quindi permesso a Crocetta di vincere le elezioni. Si erano curati anche dei traslochi che ci potevano essere di molti parlamentari dall’opposizione all’ala governativa».

Miriam Di Peri

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