«Le cose che non so del 2016», post di Mattiello I piccoli e grandi misteri rimasti senza risposta

Davide Mattiello è deputato nazionale e componente della commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali. Originario di Torino, dove è impegnato nel volontariato salesiano, è stato referente regionale di Libera in Piemonte e poi componente dell’Ufficio di presidenza dell’associazione di don Ciotti. È stato eletto alla Camera dei deputati nel 2013 tra le file del Partito democratico. 

Non so perché il governo italiano non abbia posto fine alle latitanze spudorate di Matacena, Speziali, Nucera, Imperiale, Landi… Latitanze alla luce del sole, che offendono il lavoro serio di investigatori e magistrati, che feriscono le persone per bene, soprattutto quelle che si trovano a dover decidere se affidarsi alle Istituzioni, magari denunciando ciò che hanno visto o peggio, subito.

Non so perché sia morto Omar Pace, ma so che ha vissuto servendo lo Stato e che il suo lavoro prezioso non era finito.

Non so perché la Procura di Palermo da un lato prepari il ricorso contro l’assoluzione di Mannino, giudicando illogiche le motivazioni con le quali il Gup ha ritenuto le dichiarzioni dei collaboratori non provanti gli addebiti e dall’altro chieda l’archiviazione per il delitto Agostino-Castelluccio benchè a sostegno dell’accusa ci siano molteplici e convergenti dichiarazioni di collaboratori, ritenuti credibili almeno quanto quelli che hanno parlato di Mannino.

Non so perché nell’estate del 2013 qualcuno abbia fatto uscire dalle stanze della Direzione Nazionale Antimafia i verbali di due riunioni segrete, utili a ricapitolare anni di lavoro sulle stragi di mafia coordinati dal dott. Donadio, su delega del Procuratore nazionale antimafia dott. Grasso. Ma so che sotto procedimento disciplinare ci sta proprio il dott. Donadio e non chi ha divulgato quelle informazioni.

Non so perché il Tribunale di Milano all’apertura del processo bis per l’assassinio del giudice Bruno Caccia, non abbia ammesso come testi i colleghi e i collaboratori di allora: come se per il delitto Chinnici, non fossero stati ascoltati Falcone, Pellegrini, Cassarà. Ma tanto ora c’è il processo TER da ri-cominciare.

Non so perché a Totò Cuffaro, condannato per aver passato informazioni segrete a Cosa Nostra, nessun Tribunale tocchi l’ingente patrimonio (eppure la confisca in questi casi dovrebbe essere obbligatoria). E non so perché sia stato criticato più il presidente dell’Ars Ardizzone per aver negato a Cuffaro la sala Mattarella, che Cuffaro per essersi auto assolto con la nefasta battuta di aver «sbattuto» contro la mafia.

Non so perché per arrivare negli uffici della Dda di Reggio Calabria si debba passare per i cessi del VI piano del Ce.Dir. e il nuovo Palazzo di Giustizia nella migliore delle ipotesi sarà inaugurato nel 2018.

Non so perché nonostante pure in Canada faccia notizia la ferocia della ‘ndrangheta, nessuna grande testata giornalistica apra redazioni adeguate a Reggio Calabria, contribuendo di fatto alla vulnerabilità di certi giornalisti.

Non so perché governo e Regione siciliana abbiano promosso la nascita di un monopolio nella navigazione, attraverso la Società di Navigazione Siciliana, che sta nelle mani di poche famiglie tra le quali Matacena, Genovese, Franza. Ma so che appartiene alla SNS la Sansovino dove il 29 novembre sono morti asfissiati dai gas Christian Micalizzi, Gaetano D’Ambra e Santo Parisi.

Non so se Pino Maniaci sia un delinquente, che passerà alla storia del crimine per aver inventato le estorisioni con Iva, o un minchione che con la sua Telejato ha avuto il coraggio di puntare il dito contro colletti bianchi che si comportano da mafiosi o che con i mafiosi ci hanno fatto affari. Ma so che di sequestri e metano torneremo a parlare.

Non so perché Matteo Messina Denaro sia ancora libero, nonostante tutta la terra bruciata dalla quale è circondato, grazie al lavoro incessante coordinato dalla dott.ssa Principato. Ma so che nomine, trasferimenti e assegnazioni sapienti hanno disperso un patrimonio di memoria scomoda costruito da investigatori mordaci e marginalizzato l’apporto di magistrati competenti.

Non so perché Angiolo Pellegrini, generale dell’Arma e capitano a Palermo negli anni in cui con Falcone prendeva forma il maxi-processo a Cosa Nostra, non sia mai stato sentito in Commissione Antimafia, nemmeno per capire, secondo il generale, chi e perché «si è tirato indietro sul più bello».

Non so perché a Gaetano Saffioti, imprenditore di Palmi, testimone di giustizia, in Calabria non lo facciano lavorare, nemmeno quando dice di volerlo fare gratis. Ma so che in giro per il mondo è famoso ed apprezzato per il suo «cemento trasparente».

Non so perché Bendetto Zoccola, vice Sindaco di Mondragone, che vive blindato dall’esercito con la sua famiglia per le denunce che ha firmato, non sia ancora stato risarcito per il danno che ha subito a causa delle botte e delle bombe.

Non so perché a Luigi Gallo, imprenditore casertano che ha denunciato il sistema riferito ai Cosentino, rischi oggi di fallire nonostante il riconoscimento ottenuto dal commissario del governo per le vittime di racket, schiacciato dalle pretese di Anas.

Non so quanto sia forte l’abbraccio osceno tra ‘ndrangheta e massoneria a Vibo Valentia, ma so che c’è chi ancora sta pagando per aver fatto nomi che non si dovevano fare. Ed è una buona notizia che il processo Black Money non sia stato spostato a Salerno come chiesto dalle difese di Mancuso.

Non so se Mimmo Lucano sarà ancora il sindaco di Riace, ma so che l’Italia per bene gli sarà accanto in questi giorni difficili, perché non sia col fango che venga scritta l’ultima pagina di una storia che ha fatto germogliare dignità e speranza dove per molti ci sono soltanto speculazione e abbandono.

So che avremo un anno nuovo di zecca per continuare a cercare tutte le risposte.

Buon 2017!

Redazione

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