Alleanze fluide, convivenze a convenienza, relazioni a distanza, rapporti di buon vicinato. È su questo che punta la mafia catanese le cui dinamiche sono state analizzate nella relazione della Direzione investigativa antimafia in riferimento al secondo semestre del 2019. Stesse famiglie e stessi affari ma con patti e intrecci nuovi.
Convivenza a convenienza
Storiche famiglie mafiose ben strutturate, nel Catanese, convivono a convenienza con sodalizi criminali meno organizzati. Tutto si basa sulla «fluidità delle alleanze». Non relazioni stabili ma rapporti che si potrebbero definire occasionali tra compagini che sanno essere contrapposte o associate in base alla convenienze. Alcune di queste convivenze nascono anche a distanza: Cosa nostra catanese travalica i confini della provincia con alcuni luogotenenti inviati, in particolare, nel Messinese e nell’Ennese. L’abilità principale è sapere stringere patti quando serve. Le convenienze più riuscite sono quelle legate alla gestione del traffico e dello spaccio di droga che rimane «l’investimento più remunerativo e trainante degli affari illegali», si legge nella relazione. Stanchi dei litigi, i gruppi criminali puntano a una pacifica convivenza e, in qualche caso, anche a rapporti di buon vicinato. Come per esempio nel caso della gestione dello spaccio nel quartiere Picanello dove, prima di essere disarticolati dall’operazione Eredità, i due nuclei si sono scambiati sia clienti che spacciatori.
È sempre la stessa mafia
Anche per la criminalità organizzata, non esiste ricambio generazionale. Tanto che nessuno ha insidiato il ruolo di vertice della famiglia Santapaola-Ercolano, nonostante i due capi storici si trovino in carcere. Sono diverse le indagini che hanno confermato l’operatività del sodalizio criminale e la sua soffocante pressione sul territorio. Tra le famiglie di Cosa nostra più radicate rimane anche quella dei Mazzei, interessata soprattutto a droga e armi. Con gli esponenti di vertici in carcere, opera anche con il contributo di gruppi criminali del territorio pedemontano tra il parco dell’Etna e quello dei Nebrodi (nei comuni di Bronte, Maniace e Maletto). Più autonoma e decentrata è la famiglia La Rocca. Strettamente collegata ai Santapaola-Ercolano, estende il proprio potere anche al territorio del Calatino Sud Simeto allargandosi fino alla provincia di Enna e a Licata (nell’Agrigentino). Il clan Cappello Bonaccorsi viene inserito tra le «consorterie mafiose di minor rango, ma di pari efferatezza criminale». Avvalendosi di squadre che agiscono come braccio armato, concentra gli interessi su droga e scommesse illegali.
Gli intrecci con la corruzione e la politica
Anche se «al di fuori delle logiche mafiose», nella relazione trova spazio anche un accenno all’operazione Buche d’oro che ha coinvolto funzioni e dipendenti di Anas e anche imprenditori edili. Tra gli episodi di corruzione emerge quello del dipendente del Comune di Aci Catena Giuseppe Castro che avrebbe inciso sul corretto funzionamento della raccolta dei rifiuti, ricevendo in cambio varie utilità dalla ditta aggiudicataria del servizio, la Ef servizi ecologici. La stessa che era già stata coinvolta nell’operazione Gorgoni del novembre del 2017. Nel periodo preso in esame dalla Dia, è stato poi sciolto il Comune di Misterbianco. Dai lavori della commissione di indagine sono emersi «rapporti di parentela, di affinità e di frequentazione che legano diversi membri degli organi elettivi e dell’apparato burocratico del Comune – si legge nella relazione che riprende il documento – a esponenti anche di spicco delle consorterie localmente dominanti». Tra le vicende segnalate nella relazione allegata al decreto di scioglimento, c’è pure «l’intitolazione di una via cittadina a un dipendente comunale deceduto, stretto affine di un noto capoclan».
Le mafie degli altri
Maghreb, Africa subsahariana, Paesi balcanici e Cina. Arrivano da qui principalmente i gruppi criminali organizzati di stranieri nella provincia di Catania. I loro interessi principali si concentrano nello sfruttamento della prostituzione (per lo più appannaggio di nigeriani, albanesi e rumeni), del lavoro nero (attuato principalmente dai rumeni) o nel commercio di prodotti contraffatti (realizzato soprattutto dai cinesi). Nel semestre in esame, l’indagine The wall ha scoperchiato un sodalizio composto soprattutto da cittadini provenienti dal Gambia che avrebbero organizzato e gestito una pizza di spaccio nel quartiere San Berillo. L’operazione Si può fare ha svelato invece un’associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, composta da senegalesi, italiani e da un cittadino originario del Bangladesh.
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