Le ‘contorsioni’ di Cracolici & Lumia

Il pasticcio costituito dalla legge elettorale dell’Assemblea regionale siciliana (con lo sbarramento del 5 per cento) e, separatamente, dell’elezione, con voto diretto, del presidente della giunta regionale porta inevitabilmente alle contorsioni politiche del Partito democratico. Contorsioni presenti nei gruppi dirigenti di questa forza politica perché questi – consapevoli che la base politica ed elettorale del loro stesso partito si aspettava dalla nascita del Pd una forza politica nuova, con idee e progetti innovativi e futuribili della società siciliana – si trovano oggi a dovere gestire il rapporto con la base del loro stesso partito facendo ricorso a metodi dorotei. Tipica formula, il doroteismo, con la quale hanno concorso a formare il Partito democratico dal suo nascere.
Il Pd, infatti, altro non è che una versione riveduta, ma non corretta, della vecchia ‘Balena Bianca’ di antica memoria. Consapevoli di questo retaggio, non certo lusinghiero, si adoperano per disattendere in maniera scientifica l’unica vera innovazione introdotta nella pratica politica: le consultazioni primarie per la scelta dei candidati alle cariche istituzionali (vedi candidatura di Rita Borsellino a sindaco di Palermo).
Queste ‘contorsioni’ costituiscono l’equivoco centrale dello scacchiere politico attuale. Equivoco mediante il quale si pretende di accreditare il Partito democratico come una forza della sinistra. Non lo è più, ove lo sia mai stata fin dal suo esordio. Questo giudizio lo si può ricavare dalle stesse teorizzazioni dell’onorevole Antonello Cracolici, nonché dal suo sodale senatore Giuseppe Lumia, quando affermano che la partecipazione del Pd nella maggioranza dell’Ars a sostegno del governo Lombardo rappresenta la conquista di un ruolo centrale del loro partito nella politica siciliana, dopo avere allontanato le destre dall’area del potere. Più dorotei di così, insomma, non si può.
Cracolici ha rivendicato di avere portato il Pd, assieme ad altre forze centriste (Udc, Mpa, Fli) a sostenere l’onorevole Raffaele Lombardo alla presidenza della Regione, pur di stare nell’area del governo. Quell’onorevole Lombardo che nelle consultazioni elettorali nazionali precedenti la sua candidatura a presidente della Regione aveva fatto alleanza politica con La Destra dell’onorevole Storace. Quell’onorevole Raffaele Lombardo che, da doroteo di lungo corso, è capace di sostituire alleanze politiche con chicchessia pur di stare al governo, non perché persegue un disegno politico-programmatico definito, ma soltanto per esercitare il potere e occuparlo possibilmente in modo stabile.
Avere portato il Pd siciliano nell’area del potere non ha consentito, però, all’onorevole Cracolici di rivendicare risultati politici significativi nello spostamento dell’asse politico dell’azione di governo in senso riformatore, né di aver spostato l’orientamento della pubblica opinione siciliana verso approcci progressisti. La controprova? Domandiamoci e domandatevi: cosa è cambiato nell’azione politica del governo Lombardo tra quando questo era sostenuto dalla maggioranza di centro destra a quella centrista di adesso?
Questo interrogativo lo lascio in sospeso, non do una risposta perché vorrei che ognuno leggendolo possa riflettere e darsi da solo la risposta. Cercare la risposta è un esercizio assai difficile, tranne a dovere constatare che non è il Pd ad avere determinato una svolta progressista nell’azione di governo, bensì la logica del potere ad avere cooptato prima e assorbito poi l’adesione del Pd nell’area centrista, cioè in quel luogo politico delle non-scelte, della sopravvivenza del potere, del compromesso quotidiano al ribasso su ogni singola minuzia della gestione corrente, dell’immobilismo. Tutte modalità politiche che in gergo politichese vengono definite ‘scelte moderate’.
Il moderatismo di maniera è il modo di procedere scelto dalle componenti più forti del Partito democratico. L’obiettivo è non aderire ad alcuna iniziativa tesa a mobilitare la partecipazione popolare della stessa base elettorale, perché questa potrebbe disturbare gli accordi e le intese intrattenute dalle manovre di vertice. E qui sta la vera contraddizione del Pd siciliano: un partito che si autodefinisce “demoratico”, ma che ha paura della democrazia. Tant’è vero che, appena ieri una parte del gruppo parlamentare dello stesso Pd all’Ars ha provato a bloccare il referendun sul “sì” o sul “no” del Pd al governo Lombardo voluto dai vertici regionali del partito e, soprattutto, dalla base, largamente contraria alla partecipazione del Pd all’attuale governo regionale.
Riprendiamo, a questo punto, il quesito iniziale: che c’entra la legge elettorale? C’entra, eccome! Lo sbarramento al 5 per cento che limita la rappresentanza, i collegi elettorali a misura di camarilla locale che esprimono una rappresentanza di modeste qualità, l’elezione diretta del presidente che mette al riparo quest’ultimo dagli orientamenti dell’organo depositario dell’Autonomia – cioè dell’Assemblea regionale siciliana – che non può manifestare indipendenza di giudizio sul governo perché, qualora lo facesse, verrebbe mandata a casa assieme al governo. Conseguenze di questo sistema: la rappresentanza popolare asfittica; l’indipendenza legislativa annullata; l’immobilismo politico nonché la spesa corrente dominanti. Peggio di così non poteva finire. Anche se al peggio non c’è mai fine.

 

 

Riccardo Gueci

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