«Il Parlamento regionale siciliano non può né deve restare in silenzio davanti alle minacce a Di Matteo. La Commissione parlamentare Antimafia ha il dovere ed il diritto di sciogliere ogni riserva e di far divenire ancora più concreta la propria missione di lotta permanente alla mafia».
Con una lettera indirizzata al presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, al presidente della Commissione Antimafia di Palazzo dei Normanni, Nello Musumeci, e per conoscenza al Procuratore generale e al Prefetto di Palermo, il Movimento 5 Stelle a Sala d’Ercole è tornato a chiedere di rafforzare la sicurezza al giudice Nino Di Matteo «attorno al quale sembra crescere – dice la capogruppo Valentina Zafarana – la sensazione di solitudine».
Di Matteo, per la cronaca, è il pubblico ministero che regge l’accusa nel processo sulla trattativa tra Stato e mafia. Un processo che non sembra andare molto giù a tanti alti personaggio dello Stato italiano.
«Secondo quanto riportato da qualche testata giornalistica – continua la Zafarana – per Di Matteo non sarebbe arrivata nemmeno una telefonata di solidarietà dai più importanti palazzi romani, cosa che invece ci sarebbe stata, come è giusto che sia, per recenti minacce ad altri siciliani. Se è vero è un brutto bruttissimo segnale, che si aggiunge ad altri arrivati in precedenza».
Valentiva Zafarana invita le varie autorità a «porre in essere tutte le azioni per scongiurare qualsivoglia minaccia alla incolumità del dottor Di Matteo e di tutti i servitori dello Stato sottoposti al mirino delle forze criminali».
«Vi invito – scrive Valentina Zafarana – a farvi portavoce e latori di questo appello e di quello di tutte le forze sane della società civile siciliana con il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, affinché si dotino il magistrato e la sua scorta di mezzi appropriati a garantirne l’incolumità anche negli spostamenti, quale ad esempio il dispositivo cosiddetto bomb jammer, o autovetture blindate idonee ed identiche (per non essere facilmente identificabile l’unica diversa su cui attualmente viaggerebbe il magistrato), prima che sia troppo tardi».
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