«Le patologie legate all’azzardo nell’immaginario collettivo sono considerate una questione solo maschile, in Italia però più di un terzo del totale (circa il 33 per cento) sono giocatrici e anche la Sicilia si attesta su questi numeri». Che da anni, ormai, l’azzardo abbia una declinazione al femminile è un dato che il coordinatore regionale della campagna Mettiamoci in gioco Gino Gandolfo ha ben presente. «A molti però sfugge ancora e, invece ha un impatto sociale importante». Un fenomeno che ha cominciato a diffondersi intorno ai primi anni del Duemila, con pubblicità mirate e invasive, e che oggi è diventato capillare. «Un dato che esiste ma che resta nascosto perché le donne raramente chiedono aiuto ai servizi – denuncia a MeridioNews la psichiatra dell’Asp di Palermo Francesca Picone – Troppo bloccate da vergogna e sensi di colpa e spesso anche preoccupate dall’immagine immorale che darebbero di loro stesse, specie se madri».
Sedute alle slot nei bar, in attesa delle estrazioni del 10eLotto o con la monetina in mano a strofinare i Gratta&Vinci in tabaccheria, oppure comodamente sedute dentro le sale Bingo. Sono questi i modi più frequenti in cui l’azzardo entra a fare parte della vita quotidiana di molte donne siciliane. «Nell’Isola si tratta per lo più di casalinghe e pensionate che, nel loro giro quotidiano tra spesa, faccende e bambini da portare a passeggio, inseriscono sempre più spesso anche questa tappa», fa notare Picone che da anni di occupa di questo tema. «Iniziano a giocare più tardi rispetto agli uomini ma – analizza la psichiatra – ma l’excursus verso la patologia è più veloce. Spinte soprattutto da un desiderio di evasione; in molti casi anche per provare a distrarsi e difendersi da una una vita affettiva poco soddisfacente o che addirittura sfocia nella violenza domestica sia fisica che psicologica».
L’azzardo usato come anestetico. «Quando diventa patologico, è solo la punta dell’iceberg che ha sotto, sommersi, disturbi dell’umore, depressioni, ansie, attacchi di panico e altre dipendenze prima tra tutte quella affettiva – argomenta la psichiatra – Quando arrivano tardivamente a chiedere aiuto, emerge subito che la prima dipendenza è spesso quella da una relazione malata da cui non riescono a liberarsi». Per questo giocano poco online: da un lato è vero che si può mantenere l’anonimato con più facilità e ci si può nascondere dal giudizio sociale, dall’altro però «viene meno la funzione di fuga dalle incombenze quotidiane, dall’ambiente o – aggiunge Picone – dalle loro storie di vita personale e familiare».
Ma non c’è solo questo: ad attrarre le donne siciliane verso l’azzardo c’è anche un tipo di cultura radicata che si tramanda, di generazione in generazione, da madre in figlia. «Nella nostra società, il femminile è forte e radicato – analizza la psichiatra – e c’è una saggezza popolare che sconfina nel pensiero magico, nella cabala». Basti pensare ai sogni che, interpretati alla buona, diventano simboli che corrispondono a numeri da giocare al Lotto. Anche una volta ogni cinque minuti.
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