Due mondi diversi. Uno reale, fatto di lavoro e disagio, e un altro, quello della Regione Siciliana, che gira al contrario, dove va tutto bene e il grido di dolore di chi è strozzato dai debiti neanche arriva. Il ritratto dello scollamento tra imprese e pubblica amministrazione è contenuto nell’ultima nota di Ance Sicilia, l’associazione dei costruttori edili che ha annunciato di avere terminato le riserve di pazienza, davanti ai ritardi con cui da Palermo vengono erogati i pagamenti. A firmare la nota è stato il presidente Santo Cutrone, lo stesso che l’anno scorso rilasciò una dichiarazione in cui mise in guardia da un mondo terzo – di mezzo, se si preferisce – pronto ad accaparrarsi gli appalti. In una riproposizione di quel tavolino in cui trovavano posto imprenditori, politici, burocrati e mafia. Un sistema che ha attraversato gli anni Ottanta e Novanta, ma che è tutto da dimostrare sia stato definitivamente tombato.
Cutrone, Ance Sicilia ha deciso di fare causa alla Regione Siciliana per i ritardi nei pagamenti. Possiamo dire che la pazienza è finita?
«Possiamo dirlo. Non è possibile che il mondo imprenditoriale debba accettare di lavorare otto o nove mesi senza ricevere nulla. Significa costringere le imprese ad affrontare gravi disagi e stati di sofferenza che, inevitabilmente, si riflettono anche sugli operai».
Come associazione avete indetto un censimento per conoscere l’ammontare dei crediti delle imprese siciliane. Quali sono le cifre?
«Il totale nel dettaglio ancora non lo sappiamo, ma sugli oltre tre miliardi di residui passivi accertati dalla Regione riteniamo che circa la metà sia relativa a crediti vantati dal settore edile. Parliamo di una situazione che si trascina da anni, ma che non può più andare avanti ed è per questo che abbiamo deciso ricorrere in sede civile e successivamente, in caso di risarcimenti, alla Corte dei conti».
Che idea vi siete fatti di questi ritardi?
«Il motivo principale è uno: la Regione non riesce mai ad approvare il bilancio entro la fine dell’anno, ritrovandosi a lavorare in dodicesimi fino a primavera inoltrata. Se a questo aggiungiamo la lentezza nel compiere gli accertamenti sui debiti, causata perlopiù da una scarsa digitalizzazione, ci ritroviamo come quest’anno. La politica, maggioranza e minoranza, devono assumersi le responsabilità di chiudere il bilancio entro dicembre, perché fuori dai palazzi ci sono centinaia di imprese in sofferenza».
Sofferenza che può rendere il tessuto imprenditoriale più permeabile a pressioni di varia natura, compreso il rischio di infiltrazione della criminalità organizzata.
«Purtroppo è uno scenario possibile. Ovunque ci sono difficoltà economiche, la criminalità può inserirsi. Il mondo delle imprese non fa eccezione, anzi. Ed è per questo che il mondo politico deve fare tutto il possibile per evitare che il privato debba attendere nove mesi per ottenere il pagamento dei lavori effettuati».
Da qualche giorno il decreto Semplificazioni bis è diventato legge. Sono stati prorogati i termini che consentono alle stazioni appaltanti di ricorrere a procedure negoziate. Le stesse da cui lei ha messo in guardia.
«E continuo a pensare sia assolutamente necessario garantire trasparenza nei meccanismi di selezione dei partecipanti alle gare d’appalto, laddove si ricorrerà agli inviti. I sorteggi devono essere pubblici, bisogna dare la possibilità alle imprese di assistervi, anche nel caso si effettuino sulle piattaforme informatiche».
Poi resta la questione del principio di rotazione. Negli ultimi anni, non sono pochi i casi di imprese invitate a partecipare a più gare in un arco di tempo ridotto.
«Credo sia apprezzabile l’iniziativa presa dall’assessorato regionale alle Infrastrutture di creare un unico albo delle ditte di fiducia da cui attingere. Fino a pochi mesi fa, ogni Genio civile, per esempio, aveva il proprio. Con un unico albo sarà semplice controllare la frequenza degli inviti».
La nuova legge prevede che, negli appalti finanziati con i fondi del Pnrr, i ricorsi alla giustizia amministrativa possano portare a risarcimenti nei confronti delle imprese, mantenendo il contratto con l’aggiudicatario. Il pubblico rischia di pagare due volte i lavori?
«La norma riguarda i ricorsi di carattere amministrativo, difficile che possa entrare in gioco quando le valutazioni delle commissioni riguardano il merito delle proposte tecniche fatte dalle imprese. Come in tutte le cose, è auspicabile che le procedure si svolgano con la massima attenzione, ma al contempo è necessario che il sistema delle aggiudicazioni non sia ingolfato da ricorsi strumentali sennò le opportunità che la Sicilia avrà grazie ai fondi che arriveranno non potranno essere colte».
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