L’Autonomia uccisa da mafia & affari

Oggi la politica siciliana sembra un po’ più tranquilla. Dopo il bailamme di ieri è il minimo. E poi c’è da ricordare la figura di Paolo Borsellino, che proprio vent’anni fa cadeva con la sua scorta. Non a caso, ieri, nel rinviare i lavori di Sala d’Ercole, il presidente dell’Ars, Francesco Cascio, ha aggiornato i lavori a domani.

Nel complesso, oggi la giornata politica non dovrebbe riservare grandi sorprese. A parte la nomina di Francesco Maiolini alla presidenza di Irfis-Fin-Sicilia, che ha ‘bruciato’ sul tempo l’assessore all’Economia, Gaetano Armao. Su Maiolini non sono previste polemiche, trattandosi di un tecnico di grande esperienza in materia creditizia. Ogni tanto anche il Governo Lombardo fa una cosa seria e buona. 

Ci si interroga, invece, sulla giornata ‘campale’ di ieri. Sulla lettera di Mario Monti al presidente della Regione, Raffaele Lombardo. Sul tentativo, vero o presunto, di Roma, di commissariare la Sicilia, calpestando le prerogative autonomiste. Sulla reazione dello stesso Lombardo. Sul ruolo di tre partiti – Udc, Pdl e Pd – intezionati, anche se per motivi diversi, a ritardare le elezioni regionali di ottobre. Sulla presenza, in questa vicenda politica, di Confindustria Sicilia: una sorta convitato di pietra che, lungi dall’occuparsi delle imprese che associa (poche e modeste, a dir la verità), sta provando in tutti i modi a condizionare la vita politica siciliana per tutelare interessi privati, in alcuni casi molto discutibili, utilizzando lo strumento della finta lotta alla mafia.

Ci si chiede, insomma: che sta succedendo in Sicilia? Una scuola di pensiero – da non sottovalutare – spiega che la ‘turilla’ armata ieri non tanto da Monti, ma dai tre partiti che lo sostengono in Parlamento (Pdl, Pd e Udc) persegue un duplice obiettivo: scongiurare le elezioni regionali ad ottobre e bloccare le nomine del Governo Lombardo in materia di sanità.

Ricordiamo ai nostri lettori – lo abbiamo ampiamente raccontato la scorsa settimana – che la legge in discussione in questi giorni all’Ars punta da un lato a impedire al Governo Lombardo di effettuare altre nomine e, dall’altro lato, a introdurre una sorta di spoil system che consentirebbe al futuro esecutivo regionale di revocare le nomine già fatte da Lombardo (ieri i lavori d’Aula sono stati interrotti per mancanza di numero legale, ma Sala d’Ercole, come già accennato, tornerà a riunirsi domani).

Questa legge, però, non bloccherebbe la possibilità, per il Governo Lombardo, di nominare i direttori generali delle Aziende sanitarie e ospedaliere della Sicilia, trattandosi di contratti regolati dal Codice Civile. I contratti di questi direttori generali scadono il prossimo 31 agosto e il Governo – considerato che le designazioni dovrebbero passare dalla prima commissione legislativa dell’Ars (Affari istituzionali) per il parere obbligatorio ma non vincolante – può effettuare tali nomine.

E sono proprio queste nomine – e non i conti ‘ballerini’ del bilancio regionale – che Pdl, Udc e una parte del Pd siciliano (solo una parte, perché l’ala che fa capo al capogruppo Antonello Cracolici e a Giuseppe Lumia verrebbe garantita) vorrebbero scongiurare. Da qui l’oscena lettera di Monti a Lombardo e il maldestro tentativo, da parte dello stesso Governo nazionale, di minacciare un commissariamento incostituzionale della Regione siciliana.

Sia chiaro a scanso di equivoci: il Governo Lombardo – a nostro modesto avviso – si deve astenere dal nominare i nuovi direttori generali delle Aziende ospedaliere e sanitarie della Sicilia, perché questo – trattandosi della gestione dei prossimi tre anni – è un compito che spetta al nuovo Governo regionale. Ma un conto è fare una battaglia politica legittima per raggiungere un obiettivo più che legittimo, mentre altra e ben diversa cosa è calpestare lo Statuto autonomistico siciliano, e quindi anche la Costituzione, pur di impedire al Governo regionale di compiere un atto politico sbagliato e grave. Non c’è bisogno di diventare ‘ascari’ per perseguire un obiettivo politico giusto. E’ questo, in sintesi, la critica – anche serrata, se vogliamo – che noi muoviamo all’Udc siciliana di Giampiero D’Alia.

Detto questo, passiamo alla seconda chiave di lettura della gazzarra esplosa ieri: il ruolo degli ‘amici’ di Confindustria Sicilia. Privi di peso all’interno di un’economia siciliana che di peso ne ha poco – o forse proprio per questo – gli uomini di questa organizzazione imprenditoriale, lungi dall’occuparsi di internazionalizzazione delle imprese siciliane, di produttività e via continuando, da un po’ di tempo a questa parte si sono concentrati sulla spesa pubblica regionale e comunitaria (aeroporti ed enti regionali in genere) e, a adesso, anche sulle speculazioni ‘selvagge’ nel territorio.

Proprio in questi giorni, grazie anche all’ingenuità – e ai silenzi – degli ambientalisti siciliani (a corrente alternata) hanno ottenuto un grande risultato: le cementerie siciliane cominceranno a bruciare il Cdr (Combustibile derivato dai rifiuti) grazie a un Piano dei rifiuti presentato dal Governo Lombardo e approvato dal Governo Monti.

Questo è un punto importante. Tra il 2002 e il 2008 in Sicilia è stata combattuta una guerra per bloccare la realizzazione di quattro termovalorizzatori. Questo perché tali impianti avrebbero emesso nell’aria veleni tremendi. La certezza che questo sarebbe potuto avvenire derivava dal fatto che in Sicilia non esiste la raccolta differenziata dei rifiuti e che dentro i termovalorizzatori sarebbero finite anche sostanze che, bruciando, avrebbero prodotto diossina (la plastica, per intendersi). Tutto vero. E infatti la realizzazione dei quattro termovalorizzatori è stata bloccata.

Ora lo stesso Governo Lombardo, che si è sempre vantato di aver bloccato i quattro termovalorizzatori, ha autorizzato la combustione degli stessi rifiuti nei forni delle cementerie siciliane. Con la ‘benedizione del Governo Monti. Il tutto ben sapendo che i progetti per i quattro termovalorizzatori prevedevano – così almeno ci raccontavano – un abbattimento dei fumi (cioè dei veleni), mentre le cementerie vanno a ruota libera.

Tutto questo sta avvenendo nel silenzio generale. Anzi, plaudendo al nuovo ‘Piano di gestione dei rifiuti’ che, nel breve e medio periodo, consentirà a qualcuno di arricchirsi e farà aumentare i casi di cancro nelle popolazioni che si trovano a contatto con le cementerie: Modica, Ragusa, Catania, Priolo, Porto Empedocle (e quindi Agrigento), Isola delle Femmine (e quindi i centri vicini, compresa Palermo).

Confindustria Sicilia di questo nuovo affare non sa nulla? 

E che dire del progetto per la privatizzazione e ‘cementificazione’ delle coste siciliane? E’ un progetto dove ritroviamo personaggi noti di Confindustria e i ‘compagni’ del Ccc, quelli, per intendersi, del metodo Sesto San Giovanni caro ad Alessandro Penati. Insomma, un bel po’ di affari in ‘rosso’, per dare un po’ di colore all’economia siciliana…

Questo progetto è fermo alla Regione. Lombardo non era contrario. Del resto, cosa c’è di meglio che essere ‘autonomista’ e – contemporaneamente – regalare per 50 anni le coste siciliane a un comitato di affari che le ‘cementificherebbe’ e le gestirebbe, magari sul modello delle raffinerie, cioè pagando le imposte in altre Regioni d’Italia e portando sempre fuori dalla Sicilia il valore aggiunto?

Amici di Confindustria Sicilia: non sapete nulla nemmeno di questa storia? Pensate veramente, voi e la vostra antimafia a corrente alternata, di essere i più furbi, mentre tutti gli altri sarebbero dei coglioni pronti a dirvi: ma quanto siete bravi, ma quanto siete belli? Servirebbe a questo il commissariamento della Regione siciliana, per convincere gli uffici regionali – contrari alla privatizzazione e alla ‘cementificazione’ delle coste siciliane – a dire “sì”? E magari anche per realizzare anche il rigassificatore di Priolo?

Il tutto, ovviamente, nel nome della ‘legalità’, della ‘giustizia’, dell’antimafia e bla bla bla …

 

Giulio Ambrosetti

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