Può un’unica politica economica sortire gl stessi effeti in territori radicalmente diversi? Non serve un manuale di Keynes o di Friedman per indovinare la risposta. Soprattutto se parliamo di un’Unione europea oggi piegata ai diktat della finanza, e di realtà differenti al suo interno, come possono essere, ad esempio, la Sicilia e le regioni della Germania.
Qual è, allora, il segreto perché un’Unione di popoli (come auspicato da Altiero Spinelli, Padre Nobile dell’Ue) si riveli vantaggiosa per tutti?
La risposta sembra essere una sola: la valorizzazione delle peculiarità territoriali. Che presuppone la cura di mali specifici. Della serie: non si può curare un tumore con un farmaco per l’influenza e viceversa, Della serie: non si può rilanciare l’economia di una Regione con ingredienti estranei al suo Dna, né imporre l’omologazione.
Non a caso, ci sono Nazioni che, per alcune regioni al loro interno, hanno posto condizioni particolari per una completa adesione all’Ue. E’ il caso, ad esempio, della Francia che, per la Corsica, chiede all’Ue il diritto alla fiscalità di vantaggio. O della Spagna, che ha tenuto le Isole Canarie fuori dal territorio doganale dell’Unione europea.
Perché lo stesso principio non può essere applicato alla Sicilia? Non è forse lo Statuto speciale quel certificato che attesta, con valenza Costituzionale, le particolarità storiche ed economiche di una Regione non accomunabile alle altre? E, perché non è mai stato applicato? Può oggi rappresentare a vera risposta alla necessità di sviluppo di questa terra?
Di tutto questo si è parlato sabato scorso, a Palermo, in un convegno dal titolo: “Salvaguardare lo Statuto” andato in scena a Sala delle Lapidi, sede del Consiglio Comunale, che ha visto tra i relatori esperti del settore, storici e docenti universitari, tra i quali, Massimo Costa, Ignazio Coppola e Antonio Matasso, e politici che hanno vissuto momenti cloù della storia autonomista siciliana, come Rino La Placa, segretario particolare del Presidente della Regione, Piersanti Mattarella, Salvatore Placenti e l’ex direttore generale della Regione siciliana, Francesco Busalacchi.
Il dibattito, organizzato dal Comitato “I Cittadini per lo Statuto”, e moderato da Giovanni Maduli, è stato – e lo diciamo senza timore di smentita – interessantissimo.
Ad aprire i lavori, infatti, un giovanissimo consigliere comunale, Fabrizio Ferrara (nella foto sopra, del Movimento Ora), che, con una sorprendente cognizione di causa, ha esordito con un appello al Presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, affinché venga istituito un assessorato regionale per l’applicazione dello Statuto siciliano. La sorpresa, per inciso, è scaturita dal fatto che, a dispetto di un’ignoranza dominante su questi temi, la stessa che spinge a parlare e a condannare, ex ante, lo Statuto, tra i giovani, evidentemente, c’è qualcuno, che si è preso la briga di leggerlo e di apprezzarne i contenuti e la storia.
La proposta, in effetti, ha suscitato, un entusiasmo generale tra i relatori. Che hanno riconosciuto a Crocetta il merito di avere espresso la volontà di salvaguardare lo Statuto. Basti ricordare la sua dichiarazione sull’articolo 37, ovvero: le imprese che lavorano in Sicilia, devono pagare qui le tasse, non dove hanno la sede legale (dalle banche alle raffinerie, ad esempio).
Il docente universitario, Massimo Costa, tra i massimi esperti in tema di Autonomia tributaria, si è spinto oltre: “Ottima l’idea di un assessorato per l’Autonomia, magari senza portafoglio, per non fomentare le critiche strumentali. Ma, penso sarebbe utile un referendum consultivo che coinvolga tutti i siciliani sulle possibili modifiche da apportare allo Statuto. Un passo che contribuirebbe ad una maggiore presa di coscienza della nostre prerogative. So bene- ha sottolineato Costa- che la strategia mediatica del regime è rivolta alla distruzione delle autonomie locali, quella siciliana inclusa, ma è un circolo vizioso che può essere interrotto. Anche perché ci accorgiamo ogni giorno di come gli attacchi siano vuoti di contenuti. Si attacca lo Statuto senza averlo mai letto, addirittura prendendo di mira articoli che non sono mai stati applicati o che sono disattesi da decenni”.
Sugli attacchi del sistema mdiatico all’Autonomia siciliana si è soffermato, in particolare, lo storico Ignazio Coppola. Che ha ricordato l’ormai famigerato articolo, del collega di Repubblica, Francesco Merlo. Il quale, non si capisce bene perché, ha invocato l’abolizione dello Statuto: “C’è un attacco concentrico dei poteri forti che vogliono annullare le autonomie locali, per gestirne meglio gli asset economici, asservendoli, ovviamente, ai diktat della finanza. Parlano di abolire lo Statuto- ha detto Coppola- e non sanno che non è mai stato applicato veramente. Parlano della sua storia e offendono la memoria di uomini come Giuseppe Alessi, o Errico La Loggia. Insomma non lo hanno mai letto”.
Di questo articolo e delle nostre osservazioni, comprese quelle di Coppola, che collabora con questo giornale, vi abbiamo raccontato qui.
Molto intrigante l’intervento di Francesco Busalacchi, che ha ripercorso le tappe storiche che hanno portato alla nascita dello Statuto siciliano. (Qui potete leggere l’intervento in versione integrale, merita, a nostro avviso, un’attenta e dettagliata lettura).
Busalacchi si è soffermato- cosa che sembra ovvia, ma non scontata- sul fatto che a gestire i processi di applicazione dell’Autonomia speciale, non può essere una classe politica asservita ai poteri centrali. La stessa che ha gestito finora il potere.
Tutti d’accordo su questo punto. Che senso avrebbe dare in mano agli ‘ascari’ che hanno svenduto la Sicilia, per interessi personali, alle segreterie romane, la questione dell’Autonomia speciale? Ci vuole una forza autonoma, indipendente.
Pensiero condiviso da La Placa, che ha ricordato le parole di quel grande politico siciliano con cui ha avuto l’onore di lavorare: “Dobbiamo avere le carte in regola per potere trattare, come diceva il Presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarela. Se lo Statuto deve essere utilizzato solo per garantire privilegi alla casta, allora non ha senso difenderlo. Penso, ad esempio, alle baby pensioni, ma ci sono altri esempi. Sono d’accordo sul fatto che le sue parti essenziali non sono mai state applicate, e che certo le ruberie non possono essere collegate all’Autonomia speciale. Basta guardare a quello che sta succedendo in Lombardia, dove i ladri non mancano. Ma bisogna che la classe dirigente si rinnovi perché si possa parlare seriamente di questi temi”.
Nel dibattitto è intervenuto anche Elio Sanfilippo, presidente di Legacoop Sicilia. Il quale ha posto l’accento, e qui torniamo al punto di partenza, sulla degenerazione delle politiche economiche dell’Ue, completamente asservite alla finanza, e per questo poco interessata allo sviluppo dei territori. Dopo una panoramica sul degrado socio-economico della Sicilia, Sanfilippo ha ricordato le parole dello storico Piero Violante: “L’Autonomismo non è sicilianismo, ma l’unico modo per entrare, realmente, in Europa”.
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