L’attesa di Alfano e i ‘nervi’ di Lombardo

Le dichiarazioni del presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, sulla candidatura di Massimo Costa a sindaco di Palermo lasciano trapelare nervosismo. Massino Costa, ha lasciato intendere Lombardo, deve scegliere: o sta con noi (dove per ‘noi’ s’intende l’Mpa e Futuro e libertà) o con il Pdl. E’ chiaro che, a Lombardo, la strategia di Angelino Alfano non va proprio giù.
Il numero uno del Pdl, infatti, per quello che si può capire, per ciò che riguarda Palermo, avrebbe optato per l’attesa. Prima di muovere le proprie pedine, vuole attendere l’esito delle primarie del centrosinistra di Palermo, previste per il 4 marzo. Alfano ha capito che Lombardo, il capogruppo del Pd all’Ars, Antonello Cracolici, e il parlamentare nazionale, sempre del Pd, Giuseppe Lumia, giocano su due tavoli. Alle primarie del 4 marzo appoggiano la candidatura di Fabrizio Ferrandelli, nella speranza che riesca a battere Rita Borsellino. Se ciò dovesse andare male, si riservano di riversare i loro voti su Massimo Costa, che rimane il loro candidato di seconda battuta. Così, come già accennato, il numero uno del Pdl ha deciso di attendere. Lasciando in piedi sia un eventuale appoggio a Massimo Costa, sia la candidatura a sindaco del presidente dell’Ars, Francesco Cascio.
A differenza di Alfano, il presidente della Regione ha fretta. L’esigenza di Lombardo, riguardo a Massimo Costa, è duplice. E’ il candidato di riserva nel caso in cui, come già accennato, Ferrandelli perda le primarie del 4 marzo. Ma è anche un candidato politicamente ‘pericoloso’ nel caso in cui lo stesso Massimo Costa dovesse diventare il punto di coagulo di Udc e Pdl a Palermo e in Sicilia. La nascita del ‘Polo della nazione’ eventualmente formato dall’Udc di Casini, dal Pdl di Alfano e da Fini sarebbe, per Lombardo, l’inizio della sua fine politica.
Lombardo, da quando è diventato presidente della Regione, non ha fatto altro che spaccare e dividere i partiti. Le stesse divisioni del Pd siciliano, che oggi lo rendono debole, sono il ‘frutto’ del lavoro di Lombardo. La nascita di un grande Polo moderato lo vedrebbe fuori gioco. Per almeno due motivi. In primo luogo, perché si ritrova al governo della Regione siciliana con una parte del Pd. In secondo luogo, perché i suoi giochi più o meno ‘trasformisti’ lo hanno reso politicamente inaffidabile. Per il semplice che in politica – come in amore – chi tradisce una volta tradirà sempre (il riferimento è alle ‘pugnalate’ politiche che Lombardo ha assestato a Totò Cuffaro).
Da qui la pressione di Lombardo su Massimo Costa. Il quale, fino a questo momento, risulta appoggiato dall’Udc, da Futuro e libertà, da Grande Sud di Gianfranco Miccichè e dall’Mpa di Lombardo. Con l’incognita di un Pdl che, come già accennato, prende tempo in attesa delle primarie del 4 marzo. Questa attesa logora Lombardo, che non deve perdere Palermo, anzi: che deve fare carte false – insieme a Cracolici e a Lumia – per ‘bruciare Rita Borsellino, unica candidata che, oggi, se eletta sindaco, metterebbe in seria crisi il sistema di potere della borghesia mafiosa.
Ma Lombardo deve fare di più: deve impedire che in Sicilia Udc e Pdl si alleino, magari sulla spinta di pressioni romane, se è vero che, nella Capitale, dopo le dichiarazioni di Berlusconi – che ha annunciato che non si candiderà più alla guida dell’Italia – le trattative tra Casini, Fini e Alfano vanno avanti.
Mai, come in questo momento, per Lombardo, il tempo gioca a suo sfavore. E questo lo rende nervoso.

 

Giulio Ambrosetti

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