«Il sindaco di Palermo ha detto che facendo antimafia cerco corsie preferenziali. Ma è antimafia mettersi una fascia tricolore è accusare un cittadino di aver fatto questo gesto per utilizzarlo come merce di scambio?». L’amarezza di Santi Palazzolo, il pasticcere di Cinisi che con le sue denunce ha portato a galla e scoperchiato un sistema di mazzette che ruotava attorno all’aeroporto di Palermo, è racchiusa tutte in queste parole. Fu proprio grazie alle sue denunce che lo scorso hanno è finito in manette l’ex vicepresidente della Gesap, Roberto Helg, che in cambio di una mazzetta di 100mila euro aveva promesso la proroga triennale del suo punto vendita all’interno dello scalo palermitano.
Una brutta vicenda che ha visto Palazzolo prima coraggioso imprenditore schierato dalla parte dell’antimafia e poi al centro di velate accuse. Di chi lo incolpava di denunce tardive, finalizzate in qualche modo al raggiungimento di agevolazioni per ottenere il rinnovo della concessione all’interno del Falcone Borsellino. Un calvario che si è concluso lo scorso 28 febbraio con la sentenza del lodo arbitrale che ha dato ragione al pasticcere di Cinisi. E che ora si scaglia contro quanti l’hanno attaccato.
«Ho ricevuto la richiesta di pizzo non da un mafioso o da un delinquente ma da un rappresentante dell’antimafia che ha istituito nella Camera di Commercio lo sportello della legalità e non sapevo cosa fare. La stessa persona che come vicepresidente della Gesap mi ha fatto sottoscrivere il Patto etico che mi vincolava a denunciare qualsiasi tipo di estorsione». Di fronte alla richiesta della mazzetta, Palazzolo ha provato un profondo senso di smarrimento, chiedendosi «ora chi denuncio? E cos’è l’antimafia? È partecipare alle marce e alle commemorazioni o alzarsi alle quattro, vestirsi da pasticcere e far lavorare 50 persone?».
Poi l’attacco al primo cittadino di Cinisi: «È antimafia mettersi una fascia tricolore è accusare un cittadino di aver fatto questo gesto per utilizzarlo come merce di scambio? Ci sono volute due sentenze per avere piena ragione ed esser descritto come una persona che ha fatto solo il suo dovere». Nel frattempo, tuttavia, non tutti hanno creduto nella sua buona fede: «Il sindaco del mio paese in un anno non ha messo piede nel mio negozio dicendo che lui non può sposare un’antimafia che specula». E poi a Leoluca Orlando: «Il sindaco di Palermo ha detto che facendo antimafia cerco corsie preferenziali. Fino a quando in Italia quello che ho fatto verrà considerato un gesto eroico o un esempio significa che c’è qualcosa che non va. E questo va cambiato mettendoci la faccia perché io ho messo la mia».
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