Di padre in figlio e da fratello a fratello. La dinastia del clan mafioso dei Cappello si continua a tramandare con precisi vincoli di sangue. Tra i nomi di spessore dell’ultimo blitz della squadra mobile di Catania, svelato in esclusiva la scorsa settimana da MeridioNews, ci sono Massimiliano Cappello e Salvatore Lombardo junior. Cinquantatré anni il primo, appena ventisei il secondo. Entrambi, secondo la ricostruzione degli investigatori, apparterebbero allo zoccolo duro della cosca mafiosa nata a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Cappello, che era libero dal 16 giugno 2019, è fratello del boss ergastolano Turi, in galera dal 1992. Lombardo, invece, è figlio di Giuseppe Salvatore detto Salvucciu ‘u ciuraru, attualmente detenuto.
Per entrambi, davanti alla giudice Ivana Cardillo, si sono svolte le udienze di convalida dei fermi, eseguiti dagli agenti della squadra mobile e del servizio centrale operativo di Roma. Scorrendo l’elenco, oltre ai due presunti boss, ci sono i nomi di Sebastiano Cavallaro detto baffo, Renzo Cristaudo, Alessio Finocchiaro, Emilio Gangemi, Giuseppe Spartano u Cussotu e Costel Suru detto Mariu u rumenu. Per tutti la procura, dopo il fermo, aveva chiesto la convalida in virtù di un concreto pericolo di fuga. Scenario collegato agli arresti in flagranza e a un sequestro di armi e droga nei confronti di altre quattro persone: Giuseppe Distefano, Giuseppe Francesco La Rocca e Francesco e Giovanni Cavallaro. La giudice, tuttavia, ha ravvisato la mancanza di «elementi fondati, concreti e specifici». A prevalere però, facendo scattare l’applicazione della misura cautelare in carcere, è stata la gravità indiziaria generale emersa negli atti dell’inchiesta, con accuse che vanno dall’associazione mafiosa passando per il traffico di droga e il possesso di armi.
Il via all’inchiesta, secondo quanto accertato da MeridioNews, sarebbe scattato subito dopo la scarcerazione di Cappello. Il fratello del capomafia ergastolano si sarebbe messo immediatamente in moto, organizzando incontri riservati per discutere di affari e dei nuovi assetti della cosca. Durante le ultime perquisizioni, gli agenti hanno recuperato un grosso quantitativo di soldi in contanti. Renzo Cristaudo aveva a casa oltre 21mila euro mentre Lombardo circa 14mila euro. Quest’ultimo avrebbe avuto dalla sua anche una «immensa disponibilità di armi» – usate anche per uccidere i gatti per strada – oltre ai dei contatti, secondo gli inquirenti, con fornitori di droga con base in Spagna.
Il padre di Lombardo, attualmente detenuto, nel 2013 avrebbe tentato di riprendere in mano le fila del clan da sorvegliato speciale. Forte del legame di parentale con lo stesso boss Turi Cappello, di cui è cugino, e del cognato Giovanni Catanzaro, detto u milanisi. Il nome di Lombardo junior è recentemente emerso nelle carte dell’inchiesta sul duplice omicidio, avvenuto ad agosto dello scorso anno, al viale Grimaldi. Fatto di sangue legato a uno scontro tra i clan Cappello e Cursoti, in cui persero la vita Vincenzo Scalia e Luciano D’Alessandro, entrambi ritenuti organici ai Cappello. Dissidi, tensioni e un’aggressione avvenuta il giorno prima della sparatoria nei pressi di un mini market in via Armando Diaz. In quel frangente, ad avere la peggio furono il titolare e lo stesso D’Alessandro. Si passò così all’organizzazione di una spedizione punitiva ed è in questo frangente che spunta il nome di Lombardo junior. Nella sua abitazione, al villaggio Ippocampo di mare, si sarebbe tenuta una riunione preparatoria per organizzare la vendetta. L’8 agosto nel quartiere Librino per l’azione ritorsiva vennero impiegati 13 motoveicoli con a bordo 26 persone. Un piccolo esercito di cui avrebbero fatto parte anche Cappello e Lombardo, soggetti «dal notorio carisma delinquenziale in ambito mafioso», scriveva la giudice per le indagini preliminari Marina Rizza nell’ordinanza di convalida del fermo che, però, non ha riguardato nessuno dei due.
Nell’ultima inchiesta, diversi sarebbero i riferimenti alla «casa nuova», ovvero il quartier generale di Lombardo junior al villaggio Ippocampo di mare. Zona monitorata da vedette e da svariarti occhi elettronici. La cosca, secondo gli inquirenti, avrebbe avuto una cura maniacale nel controllare strade e accessi al villaggio, così da prevenire eventuali visite da parte delle forze dell’ordine. Nei programmi del clan ci sarebbe stata addirittura l’idea di installare una telecamera nei pressi degli uffici della squadra mobile.
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