L’onorevole Gianpiero D’Alia, senatore messinese dell’Udc, non è poi così male. Nel panorama degli ex democristiani siciliani, è una figura di tutto rispetto. Non a caso gli è stata affidata la guida del partito nell’Isola e il suo nome viene inserito nella rosa dei possibili candidati alla Presidenza della Regione. E’ una persona a modo, non se la tira ed è abbastanza simpatico. Insomma, per chi si rispecchia in quel tipo di eredità politica, potrebbe essere un punto di riferimento. Ma cosa gli manca per conquistare un consenso più trasversale?
Se lo dovessimo paragonare ad un cocktail, magari da bere come aperitivo, potremmo dire che D’Alia è uno spritz: gradevole, fresco, ma per nulla convincente. Cosa gli serve per avere un gusto più deciso e un retrogusto inconfondibile? Lo abbiamo chiesto al nostro barman di fiducia che ci indica un paio di ingredienti essenziali da aggiungere, mentre altri sono superflui: da eliminare. Per cominciare: nello shaker va versato un doppio misurino di coraggio e ridotta notevolmente la quantità di sudditanza a Pierferdinando Casini. Il senatore messinese, infatti, appare un po’ troppo piegato ai diktat del leader nazionale dell’Udc, che in Italia rappresenta i salotti dei poteri forti.
Soprattutto quando si parla di appoggio incondizionato al governo Monti. D’Alia, ci pare di ricordare, non ha mai detto nulla contro l’esecutivo nazionale, anche quando la disattenzione nei confronti del Sud e della Sicilia, è stata evidente. Una linea difficilmente condivisibile da quei siciliani che, al di là delle tessere di partito, lo pesano come ‘persona’ e come ‘politico’. E’ inutile che ci venga a dire quanto danno stia facendo il governo Lombardo (il che è vero) se poi tace sui danni che sta facendo il governo Monti, alla Sicilia e alle fasce più deboli. Non è forse D’Alia, oltre che siciliano, figlio della cultura del cattolicesimo sociale? Se è siciliano e cattolico, non può non avere nulla da ridire contro il governo nazionale. E si arriva così agli ingredienti da aggiungere: più Sicilia nella sua azione politica a Roma. E più etica sociale. Ad un certo punto bisogna scegliere: si fa carriera nelle segreterie romane, o si fa politica per la propria terra e per una società più giusta. Senza questi igredienti, D’Alia potrà conquistare tutti quelli che gravitano nel mondo degli ex democristiani. Ma non potrà certo conquistare il consenso di un’ampia fascia di siciliani. In conclusione, per fare di D’Ali un cocktail di successo, serve un doppio misurino di coraggio e uno, sempre doppio, di Sicilia, meno Casini e meno Monti. Il tutto shakerato con cura e magari versato su tanti cubetti di ghiaccio: un D’Alia on the rocks.
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