L’Antimafia approva codice etico per i deputati regionali Un comitato proporrà le sanzioni al presidente dell’Ars

La commissione Antimafia regionale ha approvato il codice etico per i deputati. La palla passa adesso all’Ars che dovrà approvarlo a maggioranza per far sì che diventi parte integrante del regolamento dell’assemblea e quindi operativo. Il testo elenca una serie di principi, ma anche di doveri e di divieti a cui devono sottostare i deputati e prevede alcune sanzioni – dal richiamo all’invito alle dimissioni dalle cariche interne, ma non da deputato – che dovranno essere valutate da un apposito comitato etico e definitivamente decise dal presidente dell’Assemblea. 

Il nuovo codice è stato presentato oggi pomeriggio dal presidente della commissione Antimafia Claudio Fava e dalle vicepresidenti Rossana Cannata e Luisa Lantieri. «Non si tratta di un gentleman agreement – ha detto Fava – né una mera e astratta elencazione, ma di un insieme di principi e di divieti immediatamente vincolanti». 

Il testo si divide in quattro titoli e 23 articoli. Il titolo primo elenca i principi a cui ogni deputato dovrebbe attenersi: legalità, lealtà, integrità e indipendenza, imparzialità, trasparenza e responsabilità. A ognuno di questi è dedicato un articolo del codice. Il titolo secondo entra nel dettaglio dei doveri. Un utilizzo corretto e trasparente delle risorse pubbliche: «Il deputato si astiene dal compiere qualsiasi atto volto a deviare dal loro scopo i fondi o le sovvenzioni pubbliche ovvero a impiegarli per finalità personali dirette o indirette». C’è poi un richiamo anche al ricorso a consulenti esterni che deve essere «adeguatamente motivato». «Al termine dell’incarico – viene precisato – il consulente presenta al deputato conferente una relazione finale sull’attività svolta». Il codice impone ancora trasparenza degli interessi finanziari e di raccolta fondi dei deputati, chiamati a certificare «attività di amministrazione o di legale rappresentanza svolte nel triennio precedente, comprese la partecipazione a organismi di vigilanza o di controllo di imprese, associazioni, fondazioni o altri soggetti giuridici, anche se a titolo gratuito». Ma anche eventuali «attività di raccolte di fondi per il finanziamento di partiti politici e per forme dirette o indirette di sostegno economico alle attività politiche». 

Ai parlamentari è imposto anche il dovere della riservatezza su informazioni acquisite rivestendo il ruolo politico. «Il deputato non può in alcun modo utilizzare le informazioni per conseguire o far ottenere ad altri soggetti guadagni o vantaggi personali». E in questo caso il riferimento è ai numerosi casi, emersi grazie alle indagini giudiziarie, di parlamentari che hanno sfruttato informazioni su bandi pubblici, acquisite in anticipo dagli uffici, per avvantaggiare se stessi o loro fedelissimi. Ai fini del contrasto alla corruzione e alle infiltrazioni mafiose, dovere dei deputati è anche astenersi da «condotte, anche se penalmente non rilevanti, che si concretizzino in rapporti di familiarità o di frequentazione non occasionale con esponenti, diretti o indiretti, delle organizzazioni mafiose o comunque criminali». 

Nel titolo terzo trovano spazio i divieti. Vietato accettare compensi e regali (al di sopra del valore di 150 euro, indicata come «soglia di cortesia»), o ancora beni, servizi, assunzioni di personale da cui il deputato possa ricavare un vantaggio personale diretto o indiretto. Messo per iscritto anche il divieto di conflitto di interessi, che si realizza quando il deputato, nell’occuparsi di un determinato tema, è direttamente coinvolto in quanto «portatore di un interesse personale o indiretto, ossia relativo a parenti e affini entro il quarto grado o conviventi, che possa interferire con l’oggetto delle decisioni cui egli partecipa e su cui può esercitare influenza indebita». 

A chi spetta il compito di vigilare e segnalare eventuali violazioni del codice? Sarà un comitato etico formato da cinque deputati nominati dal presidente dell’Ars garantendo la presenza dei gruppi di minoranza. Il comitato ha poteri di controllo e istruttori, sente il deputato sottoposto a procedimento, valuta la possibilità di porre rimedio alla violazione e alla fine presenta le sue conclusioni al presidente dell’Ars. Solo a quest’ultimo spetta poi il compito di sanzionare. Con grande libertà, visto che il parere del comitato etico vincola la decisione del presidente dell’Ars solo in senso favorevole al deputato.

Le sanzioni sono il richiamo orale o ammonimento, la censura e l’invito all’interessato a dimettersi da componente del consiglio di presidenza, da presidente o componente dell’ufficio di presidenza di una commissione parlamentare o del comitato etico o da altre cariche istituzionali dell’Assemblea. «Ovviamente – ha spiegato Fava – non è possibile imporre dimissioni da cariche interne, né tantomeno dalla carica di deputato, poiché questi sono atti rimessi alle sensibilità dei singoli». 

Il testo finale è stato elaborato con il contributo degli esperti della commissione antimafia: il professor Nicola Gullo, il presidente Bruno Di Marco, il dottor Tuccio Pappalardo, il dottor Vittorio Bertone. «Doveri, divieti e sanzioni immediatamente applicabili fanno di questo codice uno strumento di concreto decoro parlamentare e un presidio di legalità – continua Fava – La Commissione si era impegnata a produrre il testo finale a un anno dal proprio insediamento: è un impegno che ha voluto mantenere! Pensiamo che il lavoro prodotto sia il contributo più utile per ricordare domani il sacrificio del giudice Giovanni Falcone: non fiori ma opere di bene. E questo codice, per la politica siciliana, è un’opera di bene».

Salvo Catalano

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