L’Anci Sicilia all’attacco sui conti della Regione «Rispetto ai Comuni l’esercizio provvisorio poggia sul nulla»

«Il mutuo di circa 370 milioni di euro in favore dei Comuni siciliani che la Regione avrebbe dovuto contrarre tra aprile e maggio dello scorso anno è stato bloccato. Lo Stato ha acceso solo quello di circa 600 milioni di euro che sono serviti all’Amministrazione regionale per pagare i debiti nella sanità. Noi ci chiediamo: se Roma ha bloccato il mutuo di circa 370 milioni di euro perché dovrebbe accendere il mutuo da 145 milioni di euro, sempre in favore dei Comuni siciliani, previsto dalla legge sull’esercizio provvisorio approvata nei giorni scorsi dall’Ars? Alla luce di queste brevi considerazioni, possiamo ben dire che, rispetto ai Comuni, l’esercizio provvisorio approvato dal Parlamento dell’Isola poggia sul nulla».

Sono notizie da brivido, quelle fornite dal vice presidente dell’Anci Sicilia, Paolo Amenta. In effetti, leggendo l’articolo 2 della legge sull’esercizio provvisorio omnibus approvata la scorsa settimana dall’Ars non c’è molto sugli enti locali. Al secondo comma di questo articolo di legge si parla di soldi legati alla premialità sanitaria. Poi un ipotetico prestito di 145 milioni di euro con la Cassa depositi e prestiti sui quali Amenta manifesta dubbi. E’ tutto qui l’esercizio provvisorio per i Comuni?

La situazione finanziaria, per gli enti locali dell’Isola, è piuttosto grave. La Regione deve ancora erogare ai Comuni siciliani 200 milioni di euro di quota corrente per il 2014. E, sempre con riferimento all’anno che si è appena concluso, la stessa Regione deve ancora erogare ai Comuni altri 150 milioni di euro per il pagamento dei precari. Poi c’è tutta la partita della legge nazionale sul federalismo fiscale, che è in vigore dal 2009, ma che in Sicilia non trova applicazione. Su questo fronte le responsabilità sono del governo nazionale, che quando può non erogare soldi al Sud non si tira indietro, ma anche del governo regionale che, nonostante le pressioni dell’Anci Sicilia, non ha mai sollevato questo tema a Roma.

Riassumendo: il mutuo da quasi un miliardo di euro, oggetto di aspre polemiche nell’aprile dello scorso anno, è stato contratto, in realtà, come già accennato, solo per circa 600 milioni di euro. La parte che riguarda i Comuni – i già citati 370 milioni di euro circa sono stati bloccati. La Cassa depositi e prestiti, lo scorso anno, ha bloccato altri due mutui della Regione, sempre in favore dei Comuni siciliani: uno da 55 milioni di euro e l’altro da 90 milioni di euro (da qui il mutuo di 145 milioni di euro che è stato iscritto tra le improbabile entrate della Regione nell’esercizio provvisorio). E bloccato dal 2013, sempre presso la Cassa depositi e prestiti, è un altro mutuo di circa 376 milioni di euro in favore della Regione.

Se li mettiamo tutti assieme, si scopre che Roma, dal 2013 ad oggi, ha bloccato alla Sicilia mutui per quasi 900 milioni di euro. «Questo succede perché la Regione non è più credibile», spiega Amenta. Che aggiunge: «Ma se Roma ha bloccato mutui per circa 900 milioni di euro, perché dovrebbe accendere alla Regione un mutuo da 2 miliardi di euro, soldi che servirebbero solo per dare liquidità al sistema?».

Insomma, l’esercizio provvisorio per i primi quattro mesi di quest’anno, visto dalla parte dell’Anci Sicilia è un mezzo disastro finanziario. E tale si annuncia anche per le nove Province regionali commissariate che la legge, nell’articolo 3, definisce pomposamente «liberi consorzi comunali». Per le Province commissariate è prevista solo un’erogazione di 6 milioni e 600 mila euro. Soldi che non basteranno nemmeno per pagare il personale. Per non parlare dei servizi che le Province dovrebbero assicurare nelle scuole e nelle strade provinciali. Di fatto, grazie ai tagli del governo nazionale (dal 2013 ad oggi lo Stato ha tolto alla Sicilia quasi 5 miliardi di euro, cifra che equivale all’attuale buco di cassa), le Province siciliane hanno ormai abbandonato scuole e strade.

Leggendo il disegno di legge sull’esercizio provvisorio emerge una contraddizione. L’assessore all’Economia, Alessandro Baccei, ha detto che con la sua gestione si porrà fine all’inveterata sceneggiate dei residui attivi, cioè delle entrate dubbie, se non false. Poi, però, lo stesso assessore, nell’esercizio provvisorio, ricorre a due accantonamenti negativi: uno da un miliardo e 700 milioni di euro e uno da un miliardo e 112 milioni di euro. Gli accantonamenti negativi, per definizione, non sono altro che entrate dubbie. In soldoni, questi soldi potranno essere spesi solo se lo Stato li erogherà. E che differenza c’è con i residui attivi, laddove lo Stato dovesse dire di no all’erogazione del miliardo e 112 milioni di euro alla Regione?

Ancora. L’accantonamento negativo da un miliardo e 700 milioni di euro è stato giustamente salutato come un atto di coraggio dell’assessore Baccei, che invita Roma a erogare alla Sicilia questi fondi. Ma per quanto riguarda l’accantonamento negativo di un miliardo e 112 milioni di euro si tratta di soldi che dovrebbero essere presi dai fondi per gli investimenti già destinati al Sud. Risorse che, invece di essere utilizzate per gli investimenti produttivi, finirebbero in spesa corrente.

Tutto questo per giustificare i già citati 5 miliardi di euro che il governo nazionale ha tolto alla Regione siciliana dal 2013 ad oggi.

Giulio Ambrosetti

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