Nessuno sbarco aveva meritato una doppia diretta televisiva (Rai e La 7). Né si ricorda la parola Lampedusa al top degli hashtag più cercati su Twitter. C’è riuscito oggi papa Francesco che dimostra di essere coerente col nome che ha scelto, il santo degli ultimi, e allo stesso tempo di conoscere bene la forza dei simboli e della comunicazione. Bergoglio sposta i riflettori del mondo sull’isola delle Pelagie, nella stessa mattina in cui sbarca l’ennesimo barcone con 165 migranti a bordo, tra cui quattro donne. L’imbarcazione è stata trasportata al Molo Favaloro alle otto meno un quarto. Circa un’ora dopo, nello stesso porticciolo, arriva il pontefice, a bordo di una delle motovedette della Guardia costiera impegnate quotidianamente nel soccorso dei migranti, venuto a risvegliare le coscienze. «Di chi è la colpa di queste morti? – sottolinea Bergoglio – La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti innominati, responsabili senza nome e senza volto». Uniche autorità presenti e accettate da Bergoglio, il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini e l’arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro.
La visita è accolta con entusiasmo dai lampedusani – in 15mila hanno assistito alla celebrazione – e dalle associazioni, comprese quelle non cattoliche come Amnesty International, Arci, Legambiente e Unione della vela solidale. Queste ultime, tra gli organizzatori della campagna Boats4people che lo scorso luglio ha attraversato il Mediterraneo dall’Italia alla Tunisia, parlano di «un gesto di straordinaria sensibilità e importanza, anche per i non credenti». Mentre si dividono gli utenti dei social network. «E’ il tipo di ingerenza che ci piace», scrive Carlo Maria Fontana su Twitter. «Bellissima la scelta di Lampedusa, degna di un papa eccezionale», commenta AV. Mentre c’è chi critica: «Ma se il papa ci tiene tanto ai clandestini, perché non apre i palazzi romani e li ospita?», e chi, come Raffaele Bianco, mischiando sacro e profano, ironizza: «Il papa a Lampedusa, Napolitano al Colle, Grillo in Costa Smeralda. Ognuno al suo posto, in tempo di crisi». Mentre qualcuno ricorda un’altra visita, quella dell’allora premier Silvio Berlusconi, con annessa promessa non mantenuta. «E disse anche di voler comprare una casa…», scrive su Twitter u’Muricanu.
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La mattina di papa Francesco inizia con il lancio di una corona di crisantemi gialli e bianchi nelle acque di Lampedusa, per rendere omaggio ai morti del mare, circondato dalle sirene dei pescherecci che lo hanno accompagnato. Quindi, a bordo di una Fiat campagnola messa a disposizione da un residente, si trasferisce nel campo sportivo dell’isola. Prima però, incontra 50 migranti, tra cui molti musulmani, sbarcati nei giorni scorsi. «Per arrivare in questo luogo tranquillo, abbiamo sfidato vari ostacoli – racconta al papa un giovane eritreo – siamo stati rapiti dai trafficanti, abbiamo sofferto tantissimo per arrivare in Libia. Adesso – aggiunge – Siamo costretti a rimanere in Italia. Ma vorremmo che altri Paesi europei ci accogliessero».
Bergoglio invita a pregare e stringe mani. Quindi, durante l’omelia, si rivolge «ai cari immigrati musulmani che, oggi, stasera, stanno iniziando il digiuno di Ramadan, con l’augurio di abbondanti frutti spirituali». «O’Scià», li saluta nel dialetto locale lampedusano. Agli abitanti dell’isola dice ripetutamente «grazie», per «l’attenzione, la tenerezza e la pazienza dimostrate nei confronti dei migranti». Ma è «all’incapacità di custodirci l’un l’altro» che Bergoglio dedica la gran parte del suo discorso. «La cultura del benessere – spiega – che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza». Nel frattempo, sui social, diversi utenti sottolineano l’importanza del passo biblico su Caino e Abele. «Il sangue di tuo fratello grida a me dal suolo, è una scelta letteralmente rivoluzionaria», scrive Luca Grasselli.
E’ un Bergoglio anche un po’ letterario, che cita Alessandro Manzoni e il suo Innominato – «tutti responsabili senza nome e senza volto» – e il personaggio di una commedia di Lope de Vega, lo scrittore del siglo de oro della letteratura spagnola. Una storia che narra di come gli abitanti della città di Fuente Ovejuna avessero ammazzato il tiranno, ma che alla domanda del re: Chi ha ucciso il governatore?, tutti rispondono: Fuente Ovejuna, Signore. «Tutti e nessuno», sottolinea il papa.
[Foto di Tempi Web]
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