Piazza Alcalà trasformata in una piscina a cielo aperto è diventata uno dei luoghi simbolo dell’allagamento della città di Catania durante il maltempo degli scorsi giorni. L’ingresso sud del capoluogo etneo è stato completamente bloccato con auto sommerse dall’acqua e persone che si sono salvate uscendo dai finestrini. «Senza il muro del porto l’acqua non si sarebbe fermata tutta lì», lamenta a MeridioNews l’avvocato Salvo Grillo presidente dell’associazione Gruppo azione risveglio (Gar) che adesso ne chiede l’abbattimento e la sostituzione con una ringhiera. «Una soluzione che, almeno per il momento, non è pensabile – risponde al nostro giornale l’attuale commissario straordinario dell’Autorità di sistema portuale del mar di Sicilia orientale Alberto Chiovelli – almeno finché il progetto del waterfront non arriverà al punto di interrare la ferrovia». Sempre che poi l’abbattimento del muretto possa essere una soluzione. Cosa di cui, in assenza di apposite verifiche, non si può essere certi secondo diversi tecnici, perché «piazza Alcalà è un recapito finale di uno dei bacini cittadini», come spiega a MeridioNews Enrico Foti, docente di idraulica all’Università di Catania e componente del comitato tecnico-scientifico dell’autorità di bacino idrogeologico della Sicilia.
Stando a quanto sostiene Grillo, dunque, «le acque sarebbero defluite a mare se non ci fosse stato quel muro che ha fatto da diga e anche quel cancello, con tanto di paratìa, nell’unico punto in cui il muro è interrotto». La sera di giovedì 28 ottobre la paratìa del cancello è stata rimossa. «Noi abbiamo inviato una comunicazione ufficiale tramite pec e una denuncia contro anonimi di danno temuto – spiega l’avvocato – a tutti gli enti preposti: alla capitaneria, all’autorità portuale, all’ufficio delle dogane, al sindaco Salvo Pogliese, all’assessore alla Protezione civile Alessandro Porto, al questore, alla procura e alla prefetta di Catania Maria Carmela Librizzi che ci ha convocati per martedì mattina». Motivo per cui è stata momentaneamente sospesa la manifestazione Abbattiamo il muro del porto prevista per lunedì. «La Digos non ci aveva autorizzato la presenza simbolica di una ruspa per simulare l’abbattimento del muro di cinta ma eravamo pronti a scendere in piazza armati di martelli e picconi».
Nel 2016, era stato l’allora sindaco Enzo Bianco a salire sopra un piccolo escavatore per l’avvio dei lavori di demolizione della separazione lungo via Cardinale Dusmet. «Tenderei a escludere che quel muro sia la causa degli allagamenti – spiega Chiovelli – anche perché in alcuni punti è basso e non è continuo. Per il resto, rappresenta il confine del porto che deve essere separato dalla città per motivi di sicurezza sia dei lavoratori che di tutti i cittadini». Per quanto riguarda, invece, il cancello con la paratìa è lo stesso commissario a spiegare che «è stato installato durante il periodo della pandemia quando gli unici locali aperti in città erano quelli del porto, solo per il personale. Invece – sottolinea – durante un fine settimana si sono creati degli assembramenti ed è stato necessario mettere quel cancello perché il basso muretto precedente non impediva il passaggio delle persone». In merito alla convocazione in prefettura, il commissario straordinario dell’autorità portuale non ha ancora ricevuto nessuna comunicazione.
Per potere attribuire al muro di cinta del porto parte della responsabilità dell’allagamento di piazza Alcalà – o almeno una mancata parte di soluzione – servirebbe comunque avere delle risposte su alcuni elementi tecnici: dall’orografia dei luoghi all’eventuale presenza di pendenze che non permetterebbero comunque alle acque piovane di arrivare al mare. «La riconnessione con il mare sarebbe importante per lo smaltimento delle acque – sottolinea Foti – ma bisogna partire dal presupposto che quella piazza è uno dei bacini cittadini». Cioè uno dei luoghi (insieme alla zona di Ognina e del Forcile) dove confluiscono le acque piovane, attraverso le strade e le fognature. In particolare, la zona del porto è il punto di convogliamento naturale delle acque dalla circonvallazione in giù. «Per questo – conclude il docente – il punto fondamentale è che mancano le opere di deflusso, cioè un canale di gronda ben collegato e il collettore B».
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