Tre ergastoli per due custodi. È questa, in sintesi, la richiesta di condanna avanzata dal pubblico ministero Andrea Palmieri al termine della sua lunga requisitoria di oggi nel processo per il duplice omicidio e il tentato omicidio della notte tra il 9 e il 10 febbraio del 2020 in contrada Xirumi, alla Piana di Catania. Dopo avere discusso per oltre tre ore nell’aula della Corte d’Assise del tribunale di Siracusa, con il supporto di un monitor in cui ha fatto vedere video e slide, il pm ha chiesto l’ergastolo senza isolamento diurno per il pensionato Luciano Giammellaro accusato di avere ammazzato a colpi di fucile il 18enne Agatino Saraniti. Chiesta l’assoluzione invece per l’omicidio di Massimo Casella e il tentato omicidio di Gregorio Signorelli. Reati per cui invece è stato chiesto un ergastolo (con isolamento diurno di due anni) e una pena a sedici anni nei confronti del custode Giuseppe Sallemi. Per lui, inoltre, è stato chiesto chiesto un altro ergastolo per il concorso nell’omicidio di Saraniti. Entrambi gli imputati hanno assistito all’udienza in videocollegamento dalle due diverse carceri in cui sono detenuti.
«Tre onesti ladri di arance». Così il pubblico ministero ha definito le vittime nell’attacco della sua requisitoria durante la quale ha ripercorso tutti gli atti delle indagini. «Ha precisato che l’intero processo si è mosso sulle dichiarazioni del mio assistito – ricostruisce a MeridioNews l’avvocata Paola Lopresti – che è stato ritenuto attendibile perché ha sempre mantenuto la stessa versione dei fatti. Fondamentali sono state anche le risultanze balistiche e medico-legali. Il pubblico ministero ha poi fatto emergere le lacune nelle tre versioni fornite da Sallemi», aggiunge la legale. Una ricostruzione diversa tra il primo e il secondo interrogatorio che è ancora stata modificata durante l’esame da imputato. Dopo essere stato arrestato, Sallemi aveva confessato sostenendo di avere agito per legittima difesa e da solo. Nella ricostruzione dell’accusa lo avrebbe fatto «in funzione di un accordo economico con Giammellaro che, però, poi sarebbe saltato». Una questione che era già emersa anche dalle intercettazioni.
Dagli atti, invece, non è emerso nessun preciso accordo tra i ladri e i custodi dei terreni in quella occasione. Secondo la ricostruzione dell’accusa, l’elemento scatenante sarebbe stata una domanda posta dall’unico sopravvissuto a Sallemi. Ed era stato proprio lui a raccontarla durante il suo esame: «Signorelli mi ha chiesto se fossi autorizzato a sparare. Io gli ho detto che non avevo bisogno di autorizzazioni, ho abbassato il fucile e sparato». A quel punto, Signorelli viene dato per morto, Casella è già deceduto e, per questo, sarebbe stato ammazzato anche il figlio della sua compagna appena maggiorenne. «A questo proposito – puntualizza l’avvocata Lopresti – dalla visione dei video di oggi in aula è emerso anche che Giammellaro, al contrario di quanto è stato sostenuto, camminava bene e non zoppicava». La prossima udienza del processo è già stata fissata per il 10 maggio quando saranno le parti civili a discutere in aula.
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