La tonnara di Scopello torna a essere gestita dai suoi proprietari. A stabilirlo è stato il Tar di Palermo che, dopo aver sospeso l’ordinanza con la quale l’amministrazione comunale di Castellammare del Golfo aveva stabilito il libero accesso all’area, ha pienamente accolto anche il ricorso della Comunione Tonnara di Scopello & Guzzo e di uno dei proprietari del bene.
Annullata la «pubblica accessibilità all’area demaniale marittima e la libera e gratuita fruizione del mare, delle baie antistanti i faraglioni e dell’ex Tonnara di Scopello» prevista da una ordinanza del 2015, i proprietari potranno limitare l’accesso con un cancello pedonale e attraverso il pagamento di un ticket per l’ingresso. «Le puntuali statuizioni del giudice amministrativo – ha commentato l’avvocato Gaetano Armao, difensore dei comproprietari della Tonnara – dovrebbero indurre l’amministrazione comunale a riconsiderare una strategia che sin qui ha raccolto solo censure e a rispettare lo straordinario valore monumentale e paesaggistico dell’edificio e della baia».
L’ordinanza del Comune che è stata impugnata «muove dall’erroneo presupposto – si legge nelle motivazioni della difesa riportate nella sentenza – che tra l’area di proprietà della ricorrente e il mare insista un’area demaniale alla quale deve essere garantito l’accesso». Secondo i giudici amministrativi, infatti, non risulta «comprovata la sussistenza di un’area di demanio marittimo e di una baia antistante i faraglioni il cui accesso deve essere garantito liberamente dalla strada privata». In pratica, la proprietà privata si estende fino al mare e non esiste una fascia demaniale che era stata, invece, desunta dal Comune riferendosi a norme successive al 1874, epoca in cui, in seguito a una gara, è stata ceduta a privati la proprietà di beni demaniali.
Inoltre, essendo la Tonnara sottoposta a vincolo monumentale e a tutela paesaggistica, il Tar ha ritenuto illegittimo il provvedimento del Comune di Castellammare anche per violazione delle disposizioni del codice dei Beni culturali, secondo cui «le modalità di visita sono concordate tra il proprietario e il soprintendente, che ne dà comunicazione al Comune e alla città metropolitana nel cui territorio si trovano i beni». Il provvedimento impugnato «sul presupposto di dover garantire il libero accesso al mare – scrivono i giudici nella sentenza – incide comunque sulla fruizione del bene culturale, senza l’adeguato e completo coinvolgimento della competente Sovrintendenza e per di più imponendo l’installazione di recinzioni con inaccettabile modifica dello stato dei luoghi».
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