Siamo rimasti alquanto stupiti nel leggere un passaggio dell’articolo di Pietrangelo Buttafuoco su Il Foglio. Da una penna brillante come la sua – sempre pronta ad andare oltre l’apparenza delle cose e al di là della prima ipotesi- oggi una semplificazione eccessiva e inopinata che, ci auguriamo, sia figlia solo della foga scribendi o di una ironia portata ai suo estremi.
Nell’articolo, graffiante come sempre, il giornalista, rivolgendosi a Matteo Renzi, gli suggerisce l’hashtag #rottami il rottame Crocetta: “Non voglio seminare zizzania nel ricordarle che il suo partito, oggi, perdendoci la faccia, risulta complice della peggiore giunta di governo mai vista a Palermo dai tempi dellInvasione americana; neppure sto qui a sottolineare il fatto che lattuale governatore, il pittoresco Rosario Crocetta, col suo Megafono (la sua lista personale) le sta prosciugando il partito” scrive Buttafuoco. “Mi preme farle sapere che la Sicilia nelle mani di questo irresponsabile, tutto chiacchiere e interviste è prossima al fallimento. Faccia qualcosa”. Micidiale l’affondo ai professionisti dell’antimafia tanto di moda in Sicilia: “Intanto sinformi, si procuri la verità delle cose, si faccia raccontare per esempio la farsa dello scioglimento delle province. Attivi le prefetture, non i piritolli dellantimafia glamour, e raccolga i dati del disastro”.
E poi, arriva al passaggio ‘incriminato’. Sempre rivolgendosi a Renzi, Buttafuoco lo esorta a dare il colpo di grazia all’Autonomia: “Svuoti lente regione, abolisca lAutonomia regionale, in Sicilia è solo un pretesto di eterna razzia, e faccia tabula rasa”.
Davvero avventato.
“L’unica cosa che non condivido di questo articolo è la richiesta di abolire l’Autonomia- scrive un attento collega commentando su Facebook l’articolo di Buttafuoco- sarebbe come se, per risolvere il problema degli incidenti stradali, si abolissero le automobili. Forse, ci sono autisti più capaci”. L’esempio ci pare calzi alla perfezione.
Sarebbe come buttare il bambino con l’acqua sporca, si potrebbe aggiungere. Tralasciando il dibattito che si potrebbe aprire sul rimedio proposto (chi l’ha detto che Renzi sarebbe la cura giusta per la Sicilia?), al di là delle semplificazioni, appare quanto mai insensato proporre di abolire una Autonomia regionale che non è mai stata applicata nelle sue parti più importanti.
Apprezziamo lo stile spumeggiante di Buttafuoco, che lo ricordiamo è siciliano. Ma non condividiamo per nulla l’impronta di cultura gentiliana che sprigiona, forse inconsapevolmente, la sua affermazione. Sappiamo che, già nella prima metà degli anni Quaranta, la Destra siciliana, accecata da una visione risorgimentale ispirata a Giovanni Gentile, vide come fumo negli occhi l’Autonomia siciliana.
Noi, al contrario, pensiamo che sia una risposta agli orrori e agli errori del Risorgimento. Orrori ed errori che si sono riproposti nella storia della Repubblica Italiana, oggi tramortita sotto i colpi dell’Unione europea e di una organizzazione statale che non ha mai funzionato. Ed è per questo, che bisogna rilanciarla.
Orrori ed errori che erano evidenti ai Padri dell’Autonomia siciliana che, per quanto poco celebrati dalla storia ufficiale, non erano certo personaggi mediocri, ascari o arraffoni: Giuseppe Alessi, Salvatore Aldisio, Gaspare Ambrosini, Antonio Canepa, Attilio Castrogiovanni, Ettore Cipolla, Pompeo Colajanni, Andrea Finocchiaro Aprile, Guarino Amelia, Enrico La Loggia, Franco Restivo, Girolamo Li Causi, Mario Mineo, Vincenzo Purpura, Luigi Sturzo.
Va da sé che è innegabile che politici rampanti e ascari, si sono concessi qualche privilegio, via Autonomia. Ma, è anche vero che lo Stato italiano, dello Statuto ha applicato quello che gli faceva più comodo: ad esempio la previsione secondo cui spettano a Roma le imposte di produzione (articolo 36 Statuto). Niente da fare invece per l’articolo 37, secondo cui le imprese che operano in Sicilia devono pagare qui le tasse (raffinerie, ma anche banche ecc). In buona sostanza: quando si tratta di incassare, lo Statuto- che ha rango costituzionale- si applica. Quando si tratta di lasciare alla Sicilia le risorse dei siciliani, non vale più.
Questo è uno dei tanti esempi di squilibri nell’applicazione dell’Autonomia siciliana, che non può essere buttata via nella sua interezza, per colpa di una classe politica penosa (ma lo è anche nel resto d’Italia, o no?). Di certo, per inquadrare la questione, non ci si può limitare alla lettura della storia fornita dalla cultura ufficiale del regime italiano. Di certo non è quello che ci si aspetta dal fine intelletto di Buttafuoco. Lasciamo questo compito ai colleghi non siciliani intrisi di pregiudizi. Abbondano e anche tra gli indigeni.
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