La storia di Concetta, da due anni in strada «Ho vergogna di stare così nella mia città»

«Per me stare qui è una vergogna». Concetta Belgiorno, 52 anni, catanese, vive all’aperto, per strada. «Sono due anni che vivo così, e se continuo non sarà per molto». Sotto i portici di piazza Mazzini parla delle difficoltà che ha passato, di una vita che negli ultimi anni è stata quasi disperata, ma ci vuole un po’ perché le lacrime le scendono lungo il viso. Sono le 21:40, si è appena concluso Clochard per una notte, evento del Partito democratico cittadino. Doveva durare tutta la notte, ma finito l’interesse della stampa, con le fotografie di rito alla presenza di Rosy Bindi e Gad Lerner, la notte si accorcia ad appena un’ora e mezza. «Ma come, già andate?» è la domanda che rivolgo a un giovane dirigente del Pd, che però sta al gioco e sorridendo mi risponde a tono: «Eh, che vuoi, qui la notte fa freddo». Per fortuna però oggi di freddo non ce n’è troppo, e la signora Concetta racconta degli ultimi giorni di piogge torrenziali con il sollievo di chi ha scampato un grande pericolo.

«Se non fosse stato per il giornalaio qui accanto che mi ha fatto trovare i cartoni asciutti non ce l’avrei fatta» racconta, parlandomi dei suoi malanni, del tumore al seno, delle lunghe cure mediche, di quanto fossero lunghi e lucidi i suoi capelli prima della chemio. Fino a tre anni fa abitava in casa da un anziano, faceva la badante. «Stavo bene, con 900 euro al mese, poi purtroppo lui è morto». Oggi a starle accanto c’é Georgie, rumeno di Bucarest, 40 anni, che dorme accanto a lei e ogni tanto si sveglia con una fortissima tosse.

«Georgie è mio marito, e per un anno ho vissuto bene con lui che mi manteneva. Fa il muratore e pur lavorando come un mulo, ha perso il lavoro». Dei cartoni a terra, delle coperte pesanti e gli archi di piazza Mazzini. Non c’è altro nella sua vita, e ringrazia «di cuore» Rosy Bindi, ma anche tutti quelli che questa sera l’hanno ascoltata, i tanti giornalisti con cui ha parlato, quasi fosse lei la star della manifestazione. «Hanno fatto una bellissima cosa stasera, è giusta sia per me che per tutti quei poveri stranieri che stanno qui. La notte è pieno di rumeni e spesso ci sono anche i ragazzi con i cani», racconta Concetta, che spera che qualcosa attraverso la Bindi si smuova, per lei, per i rumeni come Georgie e per i punkabbestia, anche se aggiunge «certo qui la notte si deve stare attenti, è pieno di drogati». Prova vergogna dice, ma ha anche tanto rancore, sopratutto per il comune di Catania «che manda assistenti sociali, ma non concludono nulla. Mi hanno dato un alloggio temporaneo ad Acicastello per 13 giorni, poi mi hanno detto che potevo affittare una casa, ma nessuno poi vuole darmela anche se sono solo 70 euro al mese, non si fidano del Comune come garante».

Una sola domanda «cosa fa per cambiare questa situazione?». La signora Concetta se l’aspettava, «come sempre» aggiunge, e la risposta è lucida, rassegnata ma realistica: «ho trovato un lavoro per 20 euro al giorno lo scorso anno, tre giorni a settimana. Sia io che Georgie stiamo male, e continuando così moriremo, ma non mi lascio andare, mi lavo anche con l’acqua ghiacciata della fontana se devo». Si accende una sigaretta «quei 20 euro mi bastavano appena per le sigarette» dice, e mi parla di quanto sia stato felice Georgie di andare a Bucarest l’anno scorso, in pullman insieme, con i soldi di quel lavoretto da 20 euro. «Erano dodici anni che non vedeva suo figlio, gli avevo promesso che ce lo avrei portato», e racconta, interrotta solo dai colpi di tosse di Georgie, dei suoi figli ormai grandi. «Sì, ho dei figli qui a Catania, mi chiedo solo perché non mi portino in casa: quando si è in queste situazioni non lo si è per scelta, ma perché non si può pagare». Non aggiunge altro, mi chiede solo aiuto per alzarsi ed andare a prendere le sigarette, «dal tabaccaio di piazza Duomo». Alla fine mi offro volontario per l’acquisto, e il tabaccaio mi lascia intendere che di solito le sigarette alla signora Concetta le regala lui. Al ritorno, lei conferma: le persone della zona quando possono l’aiutano, come il ragazzo del chiosco che ogni mattina le porta il caffé. «Ma soprattutto mi aiuta la Caritas, queste coperte che vedi invece sono della caserma Sommaruga che ha chiuso, me le hanno portate le suore di madre Teresa. Padre Valerio (il direttore della Caritas diocesana di Catania n.d.r.) è una brava persona ma non bastano queste bellissime vecchie mura, io voglio solo avere un tetto sulla testa: perché non posso avere uno degli alloggi della Caritas in via Zurria?». Le scatto un paio di foto, che le mostro prima di salutarla. «Ma che sono venuta brutta in questa foto, però si vede quanto è bella la mia suite, vero?». Due ore dopo ripasso dalla piazza, e Concetta dorme, con Georgie accanto. Sotto i portici questa notte sono soli.

Leandro Perrotta

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