La soluzione di Lo Bello alla crisi «Vogliamo solo un Paese normale»

«Noi non chiediamo soldi, non chiediamo prebende, chiediamo solo che le aziende che rappresento possano lavorare senza condizionamenti politici. Vogliamo solo un Paese normale». Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia, fa eco alle posizioni della confederazione nazionale e rincara la dose rivolgendosi alla politica locale: «Basta con l’intermediazione parassitaria che è la cifra della classe politica locale». Perché se l’Italia è in crisi, la situazione in Sicilia è addirittura «drammatica». Per uscirne, la politica può solo fare un passo indietro: «Noi imprenditori poi produrremo ricchezza, stando sul mercato e seguendone le regole come avviene in tutti i paesi d’Europa». Incontriamo Lo Bello alla libreria Feltrinelli di Catania, dove ha partecipato alla presentazione del libro di Salvo Toscano La Traversata , che parla di una Palermo assurda ma reale. Le parole di Lo Bello estendono il discorso alla Sicilia intera.

«Oltre il 40 per cento dei giovani fino a 24 anni è disoccupato, il dato più alto in Italia, e fino a 34 anni la disoccupazione rimane oltre il 30 per cento. È una emergenza sociale», denuncia. Una situazione di crisi che preoccupa non solo per il presente. La prospettiva dei giovani siciliani è quella di un futuro da precario, «quindi difficoltà a costruire affetti, una famiglia, a tentare un percorso non solo professionale ma di vita», ricorda il presidente regionale di Confindustria. Che aggiunge: «L’unica azione della politica siciliana è quella di infilare precari nelle società pubbliche, avendo la consapevolezza che ognuno di loro è un cliente politico».

La soluzione, secondo Lo Bello, è quindi molto semplice: affinché gli imprenditori producano ricchezza, devono finire i condizionamenti politici. «La politica deve smettere di occupare la società e intermediare con la vita delle aziende e delle persone – spiega – Deve occuparsi solo di quello che gli compete: infrastrutture e innovazione. La priorità oggi sembra quella di investire in società in perdita, dove si buttano aspirazioni, nelle quali il precariato è ormai culturale e non potrà portare a nessun lavoro stabile nel tempo». Tutto il contrario di quello che si dovrebbe fare, denunciano gli industriali. A cominciare dai gesti concreti, come l’investimento sulla banda larga, «perché in futuro la competitività si giocherà anche sulla quantità di banda che metti a disposizione dei cittadini, dei giovani, delle aziende», dice Lo Bello.

Innovazione quindi. Ma anche la necessità di agire sulle infrastrutture. Ad esempio rendendo trasparente e più semplice l’attività amministrativa. «Oggi noi abbiamo investimenti bloccati per centinaia di milioni di euro, per via di una burocrazia totalmente autoreferenziale che non è sintonizzata col mondo dell’impresa. Sbloccare investimenti sacrosanti oggi significherebbe creare posti di lavoro, ricchezza», avverte il presidente degli industriali siciliani.

All’incontro è presente anche Andrea Vecchio, noto imprenditore catanese e presidente della sezione locale dell’Ance, l’associazione dei costruttori edili. Vecchio ha una ricetta semplice ai problemi dell’imprenditoria, valida a Milano come a Catania: «Se la politica non crea investimenti in infrastrutture, non si crea sviluppo. E’ elementare: le imprese non fatturano, non pagano tasse, non pagano Iva, non alimentano il giro dell’economia», spiega. La polemica è tutta per il governo e la sua scelta di chiudere i cordoni della borsa senza adeguate compensazioni per le aziende. «È come se tu a casa avessi il frigorifero pieno di provviste e lasciassi la tua famiglia morta di fame – conclude Vecchio – Questo ha fatto il governo Berlusconi e questo ha fatto il ministro Tremonti».

[Foto di ScorciDemocratici Torino2010]

Leandro Perrotta

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