Un duro comunicato per annunciare lo stato di agitazione e uno sciopero che potrebbe durare cinque giorni. Protagonisti i giornalisti del quotidiano La Sicilia. Storica foliazione etnea ormai da qualche mese tornata nelle mani dell’imprenditore ed editore Mario Ciancio Sanfilippo. Attualmente sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa e che il 24 settembre del 2018 aveva subito una pesante confisca del suo patrimonio, giornale compreso. Dopo 916 giorni di interregno le aziende sono state dissequestrate e restituite a Ciancio.
«A conclusione del periodo estivo contrassegnato da pesanti sacrifici economici e turni di lavoro a tratti anche massacranti, annuncia il proprio stato di agitazione e informa di avere affidato al Comitato di redazione un pacchetto di cinque giorni di sciopero – scrivono i giornalisti – La decisione, quanto mai sofferta, si rende necessaria alla luce dell’atteggiamento dei vertici aziendali, che per l’ennesima volta non si fanno scrupolo di mettere le mani nelle tasche dei dipendenti, ai quali hanno sempre sollecitato impegno e produttività ma nei cui confronti risultano in difetto allorquando tale impegno e tale produttività sono chiamati a retribuire».
Una crisi, quella de La Sicilia, cominciata da circa dieci anni. Tra solidarietà, cassa integrazione e pensionamenti anticipati di tanti cronisti. Tra i nodi c’è il versamento degli stipendi e il pagamento dei compensi ai collaboratori. Il mese di luglio, per quanto riguarda i primi, sarà liquidato in due rate. «Nonostante tali difficoltà oggettive – continua la nota – la redazione non ha mai voluto trascendere in proteste eclatanti o polemiche fragorose che, fra l’altro, in casi come questo sarebbero state pure legittime. Né d’altra parte, comprendendo il difficile momento del settore dell’editoria, ha fatto venire meno il proprio impegno».
A fine giugno, il quotidiano attualmente diretto da Antonello Piraneo ha anche cambiato formato, inserendo il colore in tutte le sue pagine. «Dal giorno in cui l’attuale proprietà è tornata in possesso dei beni, a questa redazione, ai collaboratori e ai corrispondenti non è stato garantito il benché minimo riconoscimento in termini economici e morali. Anzi, l’azienda è ancora in possesso di somme di denaro indebitamente trattenute dalla busta paga dei dipendenti, ben prima del sequestro / confisca, e destinate agli enti previdenziali».
«È evidente, a questo punto, che Mario e Domenico Ciancio non possono più giocare a rimpiattino con giornalisti, tecnici, poligrafici, impiegati e collaboratori. Dicano se hanno la forza di andare avanti e come intendono farlo. Oppure se pensano di sopravvivere con partite di giro, almeno fin quando ce ne sarà l’opportunità, spremendo e mal pagando i lavoratori in attesa di un tracollo che a questo punto, visto lo sbracciarsi dei soli dipendenti e l’atteggiamento tutt’altro che costruttivo dell’azienda, non può essere lontano».
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