La Sicilia dall’Autonomia all’autonomismo straccione

A qualche giorno dal voto per le elezioni amministrative, l’onorevole Raffaele Lombardo, presidente della Regione siciliana, annuncia che il governo nazionale avrebbe intenzione di “costringere” la Sicilia a licenziare “50 mila persone, ma noi – aggiunge il presidente – non ci stiamo”.

In campagna elettorale – come a Carnevale – ogni scherzo vale, si diceva un tempo. Anche se, in verità, con i tempi che corrono, c’è poco da scherzare. Eppure, dal governo della Regione, arrivano dichiarazioni di ‘guerra’, nel nome della difesa dell’Autonomia siciliana.

Ma di quale Autonomia siciliana parla l’onorevole Lombardo? Non certo di quella dei ‘Padri’ dell’Autonomia siciliana, che sognavano una Sicilia in primo luogo libera dal bisogno, in grado di ‘disegnare’ e mettere in atto quello sviluppo economico e sociale negato dal 1860 fino al secondo conflitto mondiale, per responsabilità dello Stato centrale certo, ma anche con qualche responsabilità delle classi dirigenti siciliane.

Oggi il presidente Lombardo rivendica una ‘strana’ Autonomia. E annuncia che non solo pubblicherà sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana l’articolo di legge sul mutuo impugnato dal commissario dello Stato, ma anche tutte le oltre 80 norme impugnate dallo stesso ufficio del commissario dello Stato (peccato, però, che l’altro ieri e ieri, negli uffici della Gazzetta Ufficiale della Regione non era arrivata alcuna documentazione contabile: tant’è vero che nell’edizione della Gazzetta Ufficiale di questa settimana non è ancora stato pubblicato nulla, nemmeno il bilancio ‘azzoppato’ la cui pubblicazione è stata autorizzata da Sala d’Ercole, con l’approvazione di un ordine del giorno, una decina di giorni addietro: scriviamo questo – che è l’unico dato oggettivo di questa storia – perché noi la pubblicazione delle norme impugnate la vogliamo vedere tutta…).

In pratica, la Regione siciliana dovrebbe contrarre, con la Cassa depositi e prestiti, un mutuo da 558 milioni di euro per pagare gli stipendi ai 30 mila forestali, agli operai dell’Esa e ad altre categorie. In più, l’assessore all’Economia, Gaetano Armao – che forse in questi due anni avrà preso una laurea in Scienze agrarie – ci spiega che la ‘macchina’ dei forestali siciliani sarebbe “un investimento”, confondendo la forestazione – che potrebbe anche essere un investimento, ma che in Sicilia non c’è – con la tutela dei pochi boschi che sono sfuggiti agli incendi più o meno dolosi degli ultimi dieci anni.

Perché in Sicilia la grande ‘macchina’ forestale serve solo a questo: ad evitare che i pochi boschi rimasti vadano in fumo. Su questo punto, agli operai della forestale va detto che, se Governo e Ars lo avessero voluto, le risorse per questo settore andavano trovate ‘fresce’: invece di finanziarie altre clientele sarebbe bastato appostare soldi ‘veri’ nel relativo capitolo di bilancio: non lo hanno fatto perché Lombardo e compagni, contrariamente a quello che affermano, non hanno a cuore la sorte dei forestali, che invece stanno utilizzando come ‘carne da macello’ nello scontro con Roma. Il tutto, lo ripetiamo, sulla pelle dei 30 mila forestali. Questi sono i fatti, il resto sono chiacchiere.

Supponiamo, poi, che tra le norme impugnate che il governo dice di voler pubblicare (e noi, lo ripetiamo, questa pubblicazione della legge di bilancio impugnata ce la vogliamo vedere tutta, con la speranza di non assistere ad una pagliacciata: e lo diciamo seriamente, non perché siamo interessati alla sorte di questo governo, ma per il decoro delle Istituzioni autonomiste messo ogni giorno a dura prova dalla superficialità e dal pressappochismo di questo stesso governo) ci sia anche quella che finanzia, con 800 milioni di euro di beni immobili ciò che resta dell’Irfis svuotato del ramo d’azienda bancario, cioè nulla. Pensate, cari lettori di LinkSicilia: 800 milioni di beni immobili della Regione – cioè nostri – per consentire a qualche assessore regionale uscente, nei prossimi due o tre anni, di andare ‘a giocare a fare il banchiere’ con i nostri soldi!

Dunque, riassumendo, le ‘grandi’ rivendicazioni del governo Lombardo nei confronti di Roma consisterebbero nei soldi per pagare i 30 mila forestali, nei soldi per pagare gli oltre 22 mila precari dei Comuni dell’Isola, nei soldi per pagare i precari storici della Regione, nei soldi per pagare i dipendenti dell’Eas, nei soldi per pagare gli operai dell’Esa, nei soldi per pagare i dipendenti dei Consorzi di Bonifica, nei soldi i dipendenti dei Consorsi di ripopolamento ittico. Come i nostri lettori possono notare, tutta spesa corrente.

Il governo Lombardo non va allo scontro con Roma per rivendicare i porti turistici che ancora non ci sono, il completamento della rete autostradale che ancora non c’è, un piano per la viabilità interna che è un delirio, la messa in sicurezza dei ponti autostradali e di alcune strade a scorrimento veloce (si pensi alla Palermo-Agrigento o alla Palermo-Sciacca: ma se ne contano tante altre), il potenziamento delle reti ferroviarie in buona parte abbandonate, investimenti nelle tecnologie, miglioramento dei servizi e via continuando. No, si va allo scontro con Roma per chiedere risorse da ‘bruciare’ nella spesa pubblica. Che, a pensarci bene, è un modo per legittimare il Governo Monti, che ha buon gioco nel dire – come dargli torto? – che quella siciliana è un’Autonomia di straccioni.

Poiché siamo ormai entrati in una stagione di federalismo ‘forzato’ – ‘forzato’ non perché ci è imposto dalla Lega di Bossi, ma dalle precarie condizioni economiche del nostro Paese – è bene che i cittadini siciliani sappiano come stanno veramente le cose.

In Sicilia ci sono, grosso modo, 5 milioni di abitanti. Bene. I 50 mila che il governo Lombardo vuole salvare (che forse sono un po’ di più: quasi 60 mila) non li pagherà Roma, perché il Governo Monti – e questo dovrebbero averlo capito tutti gli italiani – è stato messo lì non per ‘dare’, ma per ‘togiere’. Ciò significa che il costo dei 60 mila sarà a carico degli altri 4 milioni 940 siciliani.

Già è così, perché i 60 mila sono a carico del bilancio della Regione siciliana. Cioè dei contribuenti siciliani, perché la nostra è una Regione autonoma e l’80 per cento delle entrate (e forse più) regionali arriva dall’Irpef e dall’Iva. Solo che, tra spese fisse e clientele varie, Lombardo & compagni hanno svuotato le ‘casse’ regionali. E infatti vorrebbero contrarre il già citato mutuo pari a 558 milioni di euro per pagare questo fiume di spesa corrente.

Sì, avete letto bene: altri 558 milioni di debiti per pagare un fiume di ‘stipendi’. E chi pagherà, poi, questi nuovi debiti? Roma? No: a pagare saranno in parte le attuali imprese le e le attuali famiglie siciliane, in parte le generazioni future, ovviamente siciliane.

Pensate, cari lettori: già una famiglia media, in Sicilia, tra tasse e imposte dello Stato, tasse e imposte regionali e comunali non arriva più alla fine del mese. E il governo Lombardo che fa? Vuole caricare sulle vostre spalle anche il mutuo pari a 558 milioni di euro. Chiaro?

Invitiamo i nostri lettori a riflettere su un altro punto. Lombardo governa dalla primavera del 2008. Da allora ad oggi – e sono passati già 4 anni – ha utilizzato il Fas, sigla che sta per Fondi per le aree sottoutilizzate (risorse finanziarie nazionali destinate, per l’85 per cento, alle infrastrutture del Sud) solo per pagare la spesa corrente della sanità pubblica. L’anno scorso, per pagare la sanità siciliana che l’assessore Massimo Russo dice di avere ‘risanato’, la Regione, con la complicità del governo Berlusconi, ha utilizzato 700 milioni di euro del Fas. Quest’anno la Regione conta di ricevere da Roma altri 343 milioni di euro di risorse Fas, sempre per pagare la sanità. In due anni, oltre un miliardo di euro che sarebbero dovuti servire pe rle infrastrutture sono stati ‘immolati’ sulla sanità pubblica che, peraltro, fornisce servizi sempre peggiori.

In quattro anni il governo Lombardo ha utilizzato una frazione minima dei fondi europei. In parte per oggettiva incapacità, in parte sulla bose di una scelta politica precisa. Perché a Lombardo, da buon democristiano doroteo, dello sviluppo economico della Sicilia non gliene può fregare di meno. All’attuale presidente ella Regione interessa tenere la Sicilia e i siciliani nel bisogno: e in questo è bravissimo. A cui accoppia un’occupazione sistematica, quasi ‘scientifica’ del potere, trasformando i diritti – a cominciare dal diritto al lavoro -in favori personali. Con l’occhio rivolto alle elezioni.

Non è un caso, infatti, che due assessori ‘tecnici’ della sua giunta – Gaetano Armao e Massimo Russo – abbiano masso su una lista alle elezioni comunali di Palermo. La lista Armao-Russo alle comunali di Palermo è solo la risultante ultima del sistema di potere clientelare di Lombardo.

Che dire? Cari lettori, non lasciatevi infinocchiare dall’autonomismo di Lombardo e dei suoi amici. E nemmeno da interpretazioni a ruota libera sulla ‘ricchezza’ di una Sicilia federalista. Sappiate, conti alla mano, che la Sicilia, oggi, riceve dallo Stato più di quanto dà. I conti sono già stati fatti. Se ci dovessero assegnare le compenze sulle scuole la Regione siciliana sarebbe fuori di un miliardo di euro o giù di lì.

Altra e ben diversa cosa sono in ‘ristori’che la Sicilia dovrebbe ricevere per avere ceduto porzioni importanti del proprio territorio alla follia di un industrialismo senza senso. Cosa che è avvenuta, per esempio, nell’area industriale di Siracusa, tra raffinerie e chimica ‘pesante’.

Ma i siciliani hanno il diritto di sapere che tutte le autorizzazioni alle industrie che hanno massacrato la Sicilia – dalle raffinerie di Augusta alla chimica di Priolo,Melilli, Milazzo e Gela, dalla centrale elettrica di Termini Imerese alle centrali del Messinese – hanno ricevuto l’autorizzazione dagli uffici della Regione siciliana. L’ultima autorizzazione per il ‘mostro’ da realizzare a Porto Empedocle – il più grande rigassificatore d’Europa a meno di un chilometro dalla Valle dei Templi di Agrigento (con parcelle milionarie e ‘altro’ ancora connesse) – le ha fornite proprio il governo dell’ ‘autonomista’ Lombardo.

E sappiano pure, i siciliani, che a scoprire, denunciare e interrompere il fiume di mercurio che finiva nel mare di Priolo non è stato l’assessorato regionale al Territorio e Ambiente, ma un giovane magistrato. Ancora una volta, in Sicilia, la magistratura si è dovuta sostituire alla politica.

Questi sono i fatti. Ai lettori di questo giornale  e ai siciliani le conclusioni.

 

Giulio Ambrosetti

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