La Sicilia che continua a fare la corsa al petrolio Legambiente: «Governo non sa guardare avanti»

«Sono oltre 10mila i chilometri quadrati di mare nel Canale di Sicilia ancora sotto scacco delle compagnie petrolifere, nonostante un parziale successo ottenuto con il divieto di operare entro le 12 miglia dalla costa». Sulla cosiddetta petrolizzazione del mare siciliano torna a farsi sentire Legambiente

L’occasione viene dalla campagna Goletta Verde, che è anche il nome della storica imbarcazione dell’associazione ambientalista: oggi la navigazione lascia la Sicilia e si dirige verso la Puglia. Il viaggio terminerà poi in Friuli Venezia Giulia, dopo aver risalito la penisola italica. Al termine delle tappe siciliane Legambiente lancia l’appello a tutte le amministrazioni regionali e locali e alle associazioni di categoria, a partire da quelle della pesca e del turismo. Per fare «fronte comune» e «fermare l’insensata corsa all’oro nero». 

I dati siciliani in questo senso parlano chiaro. Le tre concessioni di coltivazione per l’estrazione di idrocarburi nel Canale di Sicilia vedono sei piattaforme e 36 pozzi produttivi che nel 2015 hanno estratto oltre 247mila tonnellate di greggio, pari al 32,9 per cento della produzione nazionale a mare e al 4,5 di quella totale nazionale (mare e terra). La produzione nei primi mesi del 2016 (gennaio – aprile) ha visto invece estrarre oltre 117mila tonnellate di petrolio: vale a dire il 48 per cento dell’intera produzione dell’anno precedente, il 50 per cento in più rispetto allo stesso periodo di riferimento del 2015 in cui erano state estratte 77mila tonnellate di greggio. 

Nonostante, come raccontato da Meridionews, con la legge di Stabilità 2016 il governo Renzi ha rigettato un’istanza di permesso di ricerca a largo di Licata (della Petroceltic Italia) e un’istanza di concessione di coltivazione a sud di Pantelleria (di Eni). Sono state invece riperimetrate, e notevolmente ridotte la concessione di coltivazione a largo di Licata (di Eni), le istanze di permesso di ricerca della Northern Petroleum ad Agrigento, un’altra della stessa compagnia tra Agrigento e Licata; di Eni a largo di Gela; della Transunion Petroleum a largo di Punta Secca, a ridosso della spiaggia di Montalbano. Rimangono poi concrete le possibilità di costruire altre due piattaforme a mare, entrambe gemelle di impianti già esistenti: la Vega B al largo di Pozzallo (di proprietà Edison), e la Prezioso K nel tratto di mare tra Gela e Licata (di proprietà Eni). 

Proprio su Gela, poi, si gioca un’altra partita che sembra in dirittura d’arrivo. Qui la riconversione della Raffineria passa, anche e soprattutto, per l’attuazione del progetto offshore ibleo. Eni e amministrazione comunale da tempo provano a gettare acqua sul fuoco, visto che si tratta di estrazione di gas e non di greggio. Ma per Legambiente il problema rimane intatto. «Non facciamo particolare differenze tra metano e petrolio», dice Luigi Colombo, dell’ufficio stampa di Goletta Verde. «Noi oggi torniamo sull’argomento perché mettiamo in discussione il modello energetico basato sui combustibili fossili». 

Il referendum impropriamente definito delle trivelle però è andato perso, e in Sicilia la percentuale di votanti è stata bassa, ancor più in alcune delle città chiave del modello energetico basato sul petrolio. Forse manca ancora la necessaria sensibilità da parte della popolazione? Luigi Colombo non ci sta. «È mancata l’informazione anche per come è stato convocato il referendum – afferma -. Il no all’accorpamento con le amministrative, l’unico giorno elettorale e il poco tempo a disposizione hanno influito sulla votazione». 

Legambiente ricorda poi gli impegni presi dall’Italia alla Cop21 di Parigi, con la firma del governo Renzi che garantiva maggiori attenzioni e investimenti su rinnovabili ed efficienza energetica. Con uno sguardo anche a ciò che accade e si decide nell’isola. «La classe politica siciliana si sta confermando incapace di scelte strategiche in materia energetica senza avere la minima percezione di quanto queste siano importanti per il futuro» dichiara Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia. «Il governo siciliano continua a guardare al passato condannando la più grande piattaforma di energie rinnovabili del Mediterraneo, qual è la Sicilia, all’arretratezza e al sottosviluppo».

Andrea Turco

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