La scommessa di Palermo: avvicinare gli agricoltori ai cittadini

Palermo si ricorda di essere stata al centro di quella che un tempo si chiamava la “Conca d’oro” e torna a scommettere sull’agricoltura e su quello che il mondo agricolo può rappresentare per una città che, tra quattro anni dovrà organizzarsi per diventare una “Città metropolitana”. Dove l’agricoltura cosiddetta periurbana dovrà giocare un ruolo centrale.

Una scommessa necessaria, soprattutto nel tempo della globalizzazione dell’economia, dove è diventato difficile, se non impossibile, capire da dove arrivano i cibi che finiscono sulle nostre tavole. Da qui la necessità si recuperare un rapporto vero con il nostro territorio, con la nostra storia e, quindi, con la nostra agricoltura.

Si inserisce in questo scenario il protocollo di Intesa per “la promozione di azioni condivise in favore dell’educazione ambientale ed alimentare, della salubrità dei prodotti di origine vegetale e per lo sviluppo di un’agricoltura multifunzionale in ambito perturbano” siglato dagli assessorati comunali alla Vivibilità e alla Scuola del Comune di Palermo, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia “A. Mirri” e il Consorzio di Difesa dell’Agricoltura Siciliana (CODIFAS).

“Il protocollo – si legge in un comunicato – impegnerà i firmatari a portare avanti azioni sinergiche volte alla creazione di un rapporto ‘diretto’ tra il mondo dell’educazione scolastica ed il mondo produttivo e avrà lo scopo di promuovere, sia in aula che nell’ ‘orto condiviso’ alcuni obiettivi: – l’educazione ambientale e dell’agricoltura multifunzionale nella Conca d’Oro; – la conoscenza e fruizione del territorio agricolo periurbano; – lo sviluppo di colture ecocompatibili monitorate attraverso analisi a valutazioni di qualità”.

Aggiunge Giuseppe Barbera, assessore comunale alla vivibilità, che nella vita fa il docente presso la facoltà di Agraria di Palermo: “Questa è un’iniziativa, che ricalca i modelli adesso diffusi in tutta Europa per valorizzare le aree agricole all’interno del territorio cittadino. Insieme all’assessorato alla Scuola abbiamo accolto questo progetto, nel rispetto della grande tradizione palermitana degli orti, cui collegare la scuola e l’educazione ambientale, proprio perché crediamo che la diffusione di questi spazi sia una delle forme migliori per difendere i suoli di Palermo dal consumo e da opere di urbanizzazione pericolose per l’ambiente, mentre gli orti – conclude l’assessore Barbera – sono in perfetta sintonia con la nostra natura e con la nostra storia”.

“Questo protocollo – dice l’assessore alla Scuola, Barbara Evola – si inserisce nelle politiche che quest’assessorato sta portando avanti. Iniziative volte a promuovere importanti cambiamenti negli atteggiamenti e nei comportamenti individuali e collettivi dei ragazzi e delle loro famiglie. In questa direzione miriamo a stimolare il recupero di un sano rapporto con il territorio e con l’ambiente circostante attraverso la promozione e la condivisione di modelli di vita sostenibili”.

“Riteniamo che in tal senso – aggiunge l’assessore Evola – sia fondamentale che la Scuola e le Istituzioni, in rapporto alle rispettive competenze, rielaborino e rafforzino le loro strategie di sviluppo ambientale, assegnando un ruolo centrale alla formazione e all’educazione allo sviluppo sostenibile”.

In una Sicilia dove la nostra agricoltura è massacrata dai prodotti agricoli, spesso di pessima qualità, che arrivano da chissà dove, l’iniziativa del Comune di Palermo è importantissima. Perché, in una prospettiva, come già accennato, di “Città metropolitana”, punta ad avvicinare i cittadini al proprio territorio e alla propria agricoltura.

E’ una scommessa, se vogliamo di educazione non soltanto al gusto, ma anche al consumo di prodotti agricoli a “km zero”, ovvero ortaggi, frutta, formaggi e via continuando prodotti nell’area di Palermo e dell’Area metropolitana che prenderà forma attorno alla città.

Se oggi i consumatori siciliani hanno perso il senso dell’orientamento alimentare, tra crisi dei negozi alimentari artigianali e trionfo della grande distribuzione organizzata (che in massima parte ignora i prodotti agricoli siciliani), questo è dovuto al fatto che non c’è più alcun rapporto tra gli agricoltori siciliani (che in massima parte sono piccole aziende, quasi tutte in crisi) e i cittadini siciliani.

L’iniziativa del Comune di Palermo è importantissima perché consente di creare un contatto virtuoso tra i cittadini di Palermo e dell’ormai imminente Area metropolitana e gli agricoltori di quella che un tempo era la “Conca d’oro” e, in generale, con gli agricoltori dell’area periurbana e di tutti i centri che rientreranno nell’Area metropolitana. Con grandi benefici per entrambi: per i cittadini, che porteranno in tavola cibi sani e per le imprese agricole che potranno collocare i propri prodotti.

Facciamo notare che questo progetto punta a che ad accorciare la ‘filiera’. Concetto importante che merita una breve digressione. Oggi, quelle poche aziende agricole che vendono il prodotto e non lo fanno perdere (perché ormai succede anche questo: che i prezzi sono così bassi che agli agricoltori non conviene nemmeno raccogliere i prodotti), spuntano pressi bassissimi. E poco importa se, poi, i loro prodotti vengono venduti a prezzi 15-20 volte superiori nei mercati di Bologna o di Milano: loro, gli agricoltori siciliani, sono stati, di fatto, derubati (questo succede, ad esempio, a Pachino e a Porto Palo di Pachino con il pomodorino e con il datterino).

Accorciando la filiera – mettendo, cioè, a diretto contatto i produttori e i consumatori (in questo caso i palermitani) – ci guadagnano i produttori agricoli, che vendono a prezzi maggiori, e ci guadagnano i consumatori, che acquistano prodotti salubri e prezzi inferiori.

Vi chiederete: com’è possibile che i produttori vendono a prezzi maggiori e i consumatori acquistino a prezzi inferiori? Semplice: perché si elimina l’intermediazione e l’utile, spesso notevole, che finisce nelle tasche dei commercianti, viene ripartito tra agricoltori e consumatori.

In pratica, il Comune di Palermo sta facendo quello che avrebbe dovuto fare la Regione siciliana. I 2,1 miliardi di euro del Piano di sviluppo rurale – soldi che l’Unione Europa ha dato alla Sicilia – sarebbero dovuti servire anche per questo. Invece sono finiti in clientele, spesso nella tasche di amici e parenti degli stessi politici (e burocrati) siciliani.

Ovviamente, la grande distribuzione organizzata farà di tutto per far saltare un sistema che avvicina i cittadini ai nostri agricoltori. Perché per poterci avvelenare con le angurie che non hanno alcun sapore coltivate chissà dove (avete notato che, nel 90 per cento dei casi, sono immangiabili? chissà da dove arrivano: di certo, in massima parte, non dalla Sicilia: di certo non dalle sciare di Mazara del Vallo), con la frutta estiva coltivata chissà dove e via continuando debbono spezzare il legame tra i cittadini siciliani e il proprio territorio.

Da Palermo parte una sfida importante. Che è anche un segnale rivolto all’Unione Europea: e il segnale è che i fondi della Programmazione 2014-2020 non dovranno essere gestiti da una Regione incapace, ma dovranno essere gestiti dalle città, senza alcuna intermediazione con la stessa Regione che, in questo settore, ha creato solo problemi e danni.

In sintonia con il nuovo Protocollo, gli assessorati alla Vivibilità e alla Scuola del Comune di Palermo promuoveranno incontri pubblici per la diffusione della conoscenza dell’iniziativa e per avvicinare i cittadini (anche anziani) al territorio, in un’ottica di educazione permanente e di intergenerazionalità. Seguendo un ragionamento di più vasta scala, il Comune di Palermo (anche aderendo al Comitato Concadoro), ha già

avviato una politica amministrativa tesa alla tutela del territorio ed allo sviluppo di un’agricoltura multifunzionale in ambito periurbano. Si tratta di stimolare la crescita di produzioni a km zero, di

attivare la filiere corte (per avvicinare i produttori ai consumatori), di rendere fruibile il territorio agricolo agli studenti, ma anche ai cittadini ed ai turisti e consentendo in esso lo sviluppo di attività collaterali anche a forte connotazione sociale. Un’agricoltura, in sintesi, che costituisca non solo occasione di occupazione (in special modo giovanile) ma, soprattutto, strumento di salvaguardia delle qualità ambientali e del paesaggio della Conca d’Oro.

Il CODIFAS effettuerà gratuitamente (secondo un programma da calendarizzare) delle conversazioni di didattica ambientale nelle aule e visite guidate all’orto condiviso. Oltre alle scolaresche è previsto di accogliere singole persone e/o gruppi socioculturali che saranno informate anche sul sistema di qualità.

L’Istituto Zooprofilattivo, invece, avrà il compito di monitorare (gratuitamente) i processi di coltivazione durante tutti i cicli vegetativi, al fine di assicurare la salubrità dei prodotti alimentari, attivando un sistema articolato di analisi della qualità degli ortaggi coltivati nell’orto condiviso.

 

Redazione

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