Da
strumento di irrisione ad alleata e forma di legittimazione del potere. Ma che, al contempo, avrebbe più effetto del giornalismo, inteso come quella forma di visione critica a cui viene generalmente attribuito il ruolo di cane da guardia della democrazia. Ecco come, anche se con posizioni discordanti, alcuni protagonisti della satira vedono lo stato di questa particolare forma di linguaggio in Sicilia. Una rappresentazione grottesca della realtà tendente all’irrisione che oggi deve fare i conti con il mondo dei social e con la voglia di apparire dei politici. Che alternano elogi e suggerimenti a minacce di querela. Insomma il gioco piace, ma fino a un certo punto. Da Palermo a Siracusa, passando per Vittoria, in provincia di Ragusa, e Misterbianco, in provincia di Catania, MeridioNews ha intercettato alcune delle pagine social satiriche più irriverenti, per cercare di fare il punto su un genere che, dopo un attimo di stordimento iniziale, viene amato dal pubblico. Anche se con le dovute eccezioni. Il punto di partenza è proprio il rapporto tra due linguaggi che, sebbene spesso si intersechino, hanno regole profondamente diverse.
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La satira è una forma di giornalismo – sostiene Andrea Tuttoilmondo, giornalista e tra gli amministratori di Lor’a quotidiano irriverente di Palermo – solo un giornalista può manovrare bene i suoi strumenti». Il motivo, per chi per lavoro scrive per Askanews e fa parte dello staff della Regione, è da individuare nella considerazione per la quale «un titolo di satira, se fatto bene vale molto di più, per efficacia e forza, di mille editoriali – è la posizione di Tuttoilmondo che, insieme al collega Franco Cascio, è tra i collaboratori di Lercio e gestisce il sito de Lor’a dal 2015 -. Un titolo satirico riesce a condensare in due battute un concetto che, espresso in un editoriale, potrebbe essere di difficile comprensione». Il punto dolente, però, sarebbe sempre lo stesso: «Purtroppo la gente non legge più, si parla più di una comunicazione mordi e fuggi e talvolta tanti messaggi giusti si perdono – commenta – La satira cerca, anche attraverso una foto dal forte impatto, di andare a pungere la sensibilità del lettore per trasmettere il senso del messaggio».
Un confine, quello tra satira e giornalismo, che se nella forma è evidente e passa
dalla distinzione tra diritto di critica e di cronaca, nella sostanza pare che la differenza talvolta sfugga. È la posizione di Sandro Alfieri che dal 2013 gestisce la pagina Facebrutt, mettendo a nudo difetti e storture della politica locale di Vittoria, al punto di diventare oggetto di dibattito anche in Consiglio comunale. «A volte si scrive con uno stile giornalistico per poi finire a fare satira – commenta Alfieri, figlio d’arte del giornalista Elio -, ed è proprio qui che il confine non è poi così evidente». Tuttavia, se le competenze giornalistiche possono rivelarsi utili a veicolare un messaggio satirico, il linguaggio utilizzato è completamente differente. Circostanza, questa, che crea non poche difficoltà a chi decide di imbarcarsi nel mondo della satira. «Le difficoltà c’erano e ci sono tuttora – sostiene Alfieri -, siamo stati più volte attaccati e talvolta abbiamo ricevuto minacce di querela». Queste ultime, però, rimaste solo sulla carta e non formalizzate. L’esempio è presto fatto. «Un sacerdote noto nel Ragusano voleva denunciarmi perché avevamo scritto che aveva fatto a botte con un altro prete – racconta Alfieri -, chiaramente un fatto falso e satirico», che però ha destato la preoccupazione di alcuni fedeli i quali, credendo la notizia vera, hanno chiamato il parroco nel cuore della notte per sincerarsi delle sue condizioni. «Poco dopo ho ricevuto la chiamata dell’avvocato per avvisarmi della potenziale querela che, però, non c’è mai stata», sottolinea Alfieri. «Adesso e dopo otto anni è l’opposto – conclude – a volte mi contattano per chiedermi di scrivere qualcosa su se stessi, come se essere presi in giro fosse quasi un onore – aggiunge – Del resto per loro funge da strumento di visibilità».
Situazioni analoghe ad altre parti della Sicilia. Come nel Palermitano. «Riceviamo suggerimenti anche dalla classe dirigente, come sindaci e amministratori – chiosa Tuttoilmondo – che ci chiedono: ”
Ma perché titoli su di me non ne fate più?“». Insomma, il gioco piace. «Piace apparire, magari perché se la pubblicano loro non vengono considerati», rincara la dose Tuttoilmondo. Talvolta, però, la voglia di partecipare ha tradito qualche amministratore locale. È il caso del sindaco di Palermo Leoluca Orlando. «Ha fatto scalpore un titolo in cui scrivevamo che Orlando si candidava a sindaco della città di Palermo, però non in Sicilia ma in Colombia – racconta Tuttoilmondo – Lui ha risposto dicendo che, in realtà, era già sindaco della città colombiana ad honorem». Il commento del primo cittadino ha scatenato la reazione dei sostenitori della pagina. «Perché – spiega l’amministratore – non aveva considerato che se nella sua pagina i commenti sono bloccati, nella nostra no». Morale della favola: «È stato letteralmente investito da una marea di commenti negativi – dice Tuttoilmondo – Siamo dovuti intervenire perché alcuni si spingevano molto oltre il semplice scherno».
Tra chi, invece, ha una visione differente c’è
Emiliano Colomasi, fondatore di Archimete Pitacorico, nel Siracusano. «È una valvola di sfogo che ti permette di fare notare delle criticità in maniera più graffiante e divertente per cercare di suscitare una riflessione», la definisce Colomasi con un approccio più pessimistico rispetto agli altri interlocutori e, forse, più agganciato ai canoni satirici tradizionali. «Molte pagine social fanno una discreta satira – dice Colomasi – ma non sempre si riesce ad andare oltre la semplice battuta e, questo, per certi aspetti è mortificante». Nel complesso, secondo Colomasi, «da un lato è diminuita la capacità di fare satira graffiante in stile Tognazzi e dall’altro c’è un’assuefazione da parte del pubblico alle battute semplici». Una grassa risata, dunque, oggi sembrerebbe preferibile a un sorriso amaro. «Quando ho provato a scrivere qualcosa di più sottile – ammette -, ho ricevuto meno consensi e meno interazioni sui social, bisognerebbe capire prima il ruolo che deve avere la satira e tenerla sempre distante dall’ironia, perché può anche fare ridere ma non deve per forza farlo, può essere anche cattiva e dissacrante».
«I social hanno spalancato un mondo che prima non esisteva e si è allargata la platea dei destinatari – sostiene Colomasi – lo scotto da pagare è la diminuzione di qualità, perché rimaniamo a galleggiare in un acquitrino». Un acquitrino in cui, per Colomasi, gli spazi sono sempre più risicati. «Servirebbe una vera formazione e un maggiore supporto economico ai giornali – incalza – affinché mettano a disposizione sempre più spazi». Un panorama che sembra molto lontano da quello dei tempi di Daniele Luttazzi, tra i destinatari dell’editto bulgaro che vide la cacciata dalle reti Rai anche di Enzo Biagi e Michele Santoro. «Quell’episodio è l’espressione plastica di un rapporto tra satira e politica che forse oggi è venuto meno – è l’opinione di Tuttoilmondo -. La politica oggi ha compreso quanto possa essere controproducente, e avere un micidiale effetto boomerang, censurare un’espressione satirica – aggiunge – Ai tempi dell’editto bulgaro internet andava ancora a ruota della tv, oggi è molto diverso. E per questo, spesso, la politica trova e cerca nella comunicazione satirica una sorta di alleata, nonché una forma di legittimazione».
Le difficoltà, però, non passano solo dalle possibili reazioni piccate del destinatario dello sberleffo, ma anche dalla percezione e comprensione del messaggio veicolato da parte dei lettori. «Lo stesso titolo può essere compreso da un determinato target e completamente travisato da un altro – spiega Tuttoilmondo -. Su cento, dieci avranno compreso il titolo, 90 faranno difficoltà, raggiungere tutti è inimmaginabile, spesso alcuni titoli vengono presi per veri pur essendo palesemente satirici, con la gente che fraintende, l’insidia è proprio farsi capire». E l’evoluzione del linguaggio, con tutti i limiti a cui va incontro, non aiuterebbe. «Originariamente – esemplifica Tuttoilmondo – si usava il termine clandestino, poi si è capito che aveva un’accezione negativa, si è passati a immigrati, poi migranti: dietro ogni titolo oltre che un lavoro giornalistico c’è sempre da considerare l’aspetto semiotico legato al valore di un preciso vocabolo rispetto al contesto». Perché, conclude Tuttoilmondo rievocando Massimo Troisi: «Io sono responsabile di ciò che dico, non di ciò che la gente interpreta».
Quella, invece, di
Misterbianco shitposting, pagina satirica di meme su Facebook e Instagram, «è uno stile che in qualche modo incontra i gusti del pubblico del Sud, perché è una comicità che rientra nella dialettica del non detto e che comunica con le immagini e con i gesti», spiega il fondatore in forma anonima. Pure lui, nel Comune sciolto per mafia e che ha eletto da poco un nuovo sindaco, non si aspettava «di incontrare il favore dei diretti interessati». Anche in questo caso, però, non è mancata qualche minaccia. «C’è stato qualche sporadico caso riguardo alcuni personaggi politici che si sono indispettiti per alcuni contenuti che, secondo loro, li ha costretti a difendersi dalla satira – dice – Secondo qualcuno mi sarei dovuto giustificare per una cosa che in realtà dovrebbe essere libera». Ed è anche da questa considerazione che nasce una riflessione: «Nel panorama siciliano satirico – conclude -, sebbene io non mi senta di fare parte di nessuna cricca di questo tipo, credo non ci siano tanti punti di riferimento».
Più lontano dalla satira dei meme e più vicino alla tradizione è Carmelo Maiorca, storico giornalista siracusano e fondatore del giornale cartaceo satirico L’isola dei cani. «Il giornale è stato fondato nel 1985, anche se da un paio di anni le uscite si sono ridotte molto, ma il nome si tiene vivo attraverso i social – spiega Maiorca -. Periodicamente ci si ritrova a ragionare sullo stato di salute della satira e sugli strumenti a disposizione». Questi ultimi, per Maiorca, mancherebbero o sarebbero insufficienti. «Non c’è l’elemento editoriale – commenta il giornalista -. Ci sono sicuramente delle piccole realtà ma si limitano a quella che conosciamo». Il riferimento è a Lercio e ad altri esperimenti. «Ma, detto con rispetto – sottolinea Maiorca -, sono solo dei bravi battutisti». Un linguaggio, quello della satira di oggi secondo Maiorca, che non è quello utilizzato da Michele Serra o da Stefano Benni. «Questa satira non c’è in Italia e tantomeno in Sicilia». Il rischio concreto, per chi ha scritto anche nel settimanale satirico Cuore, è il rapporto sempre più difficile tra il falso d’autore e le fake news. «Il falso d’autore è una delle componenti della satira – spiega Maiorca -. Prima era facilmente individuabile attraverso la complicità delle edicole, adesso i falsi satirici non sono più un’eccezione e vanno a scontrarsi con tutto il mondo del web, con il pericolo di non distinguere un’espressione satirica da una semplice notizia falsa».
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