La riforma (mancata) della dirigenza della Regione siciliana e i ‘Sei personaggi in cerca d’autore’

da Gabrio Calabrò
riceviamo e volentieri pubblichiamo

Il vicepresidente nazionale di Confindustria, Ivan Lo Bello, non usa giri di parole: “Devono andare a casa i burocrati che ci hanno portato a questo stato dell’arte – dice – la spesa dei fondi Ue è a livelli disastrosi e questo è inaccettabile, specialmente in un momento economico di crisi come questo”.

Secondo Lo Bello “bisogna distinguere due questioni: c’è una grave responsabilità dei dirigenti che purtroppo la legge del 2000 ha reso intoccabili. In questo caso occorre subito individuare le singole responsabilità: di fronte a una Sicilia che ha perso i 4 per cento del Pil non ci può essere clemenza per nessuno. Ma c’è anche un problema politico, che riguarda tutti, Governo, Ars e rappresentanti dei partiti: nell’agenda del dibattito sentiamo parlare solo di rimpasto e non di iniziative per i giovani, le imprese e il futuro della Sicilia. Manca una strategia a tutti i livelli, mancano obiettivi chiari e si naviga a vista. Adesso però non si può più accettare una situazione simile”.

E’ un mantra che torna sempre buono in queste occasioni, ma che non sortisce mai alcun effetto: “Cacciamo i dirigenti che hanno una grave responsabilità per i livelli di spesa dei fondi europei così disastrosi”.

Il vero problema non sono quei dirigenti che non sono riusciti a spendere i fondi europei, perché pur cacciandoli o sostituendoli con altri la musica sicuramente non cambierebbe, ma quello individuato, probabilmente perché consigliato da chi conosce bene la ‘macchina’ amministrativa regionale è un problema serio.

Del resto, il Governatore Rosario Crocetta già dal dicembre 2012 voleva tentare di mettere mano alla famosa terza fascia della dirigenza regionale generata in una notte dalla Giunta del ‘compagno’ Angelo Capodicasa con l’infausta legge regionale 10 del 2000, origine del disastroso funzionamento della ‘macchina’ regionale.

Il giornale on line Link Sicilia, molto sensibile ad affrontare le problematiche legate al buon funzionamento della ‘macchina’ amministrativa e a quelle del personale, già il 7 dicembre 2012 pubblicò questo articolo dal titolo:

DIRIGENZA REGIONALE CROCETTA ALL’ASSALTO DELLA TERZA FASCIA

Oggi non serve cacciare nessuno, ma è improcrastinabile la riforma della pubblica amministrazione regionale siciliana.

La riforma della pubblica amministrazione della Regione siciliana ha bisogno di un grande piano d’investimento sulle risorse umane e sull’innovazione che valorizzi il ruolo del lavoro pubblico e diventi motore di rilancio dello sviluppo della Sicilia.

La classe politica, i Sindacati e i lavoratori pubblici sono pronti ad accettare la sfida e a misurarsi concretamente sul terreno dell’innovazione evitando magari la facile propaganda e gli errori del passato?

Questi i termini della sfida:

1) Abrogazione della Legge Regionale 15/5/2000 n. 10 e seguenti: vedi Legge Regionale 3/12/2003 che ha consentito le malefatte recentemente redarguite dal Tar Sicilia con sentenza n. 1244 del 15/5/2014 relativa ai dirigenti di 3^ fascia (anomalia solo siciliana) innominabili a dirigenti generali;

2) Concorso pubblico per accedere alla dirigenza;

3) Ruolo della Dirigenza diviso in due fasce (eventualmente optando per un’unica fascia non cambierebbero i termini della proposta):

la prima con un numero massimo di 60 dirigenti che possono aspirare all’incarico di dirigente generale (unica figura che può avere una funzione manageriale, a differenza della situazione di oggi che ne prevede 1.800);

la seconda fascia di 180 dirigenti incaricati di dirigere aree e servizi;

4) Ripristino del ruolo professionale dei dirigenti di 3^ fascia che non hanno superato il concorso per accedere alla prima o seconda fascia;

5) Numero minimo di personale per la costituzione di unità operative, servizi ed aree, riferibili sempre alla popolazione (allo stato attuale la Sicilia ha un dirigente ogni circa 2.800 abitanti contro un dirigente ogni trentamila e passa abitanti della Lombardia);

6) Ruoli professionali ed amministrativi per funzionari, istruttori, collaboratori ed operatori in base all’esperienza professionale maturata nell’amministrazione e al titolo di studio;

7) Contratto unico per tutti i dipendenti dell’amministrazione regionale, dall’operatore di fascia A fino al dirigente generale, con sensibile riduzione della forbice stipendiale tra la Dirigenza ed il Comparto.

Certamente le premesse pare non ci siano, visto quello che è successo durante l’iter di approvazione della finanziaria ter.

E’ sconcertante osservare come nella vicenda che ha visto l’Assemblea regionale Ssciliana impegnata ad approvare la così detta Manovra Finanziaria Ter, diversi personaggi si sia mossi rievocando il dramma più famoso di Luigi Pirandello:

Sei personaggi in cerca d’autore

I sei personaggi sono le misteriose creature che un bel giorno bussano alla porta di un teatro, l’Assemblea regionale siciliana, nel quale una compagnia di attori sta provando la commedia dell’approvazione della manovra finanziaria ter.

I sei chiedono l’attenzione e la disponibilità a rappresentare sul palcoscenico la propria vicenda: chi attraverso improbabili scioperi, comunicati stampa e manifestazioni sindacali, chi attraverso il proprio silenzio, chi cercando di coinvolgere altri personaggi convincendoli a difendere le proprie posizioni per difendere le posizioni di altri. Proprio in questa vicenda d’attualità politica, questi personaggi non sembrano evanescenti fantasmi della mente, ma assumono una consistenza corporea. O almeno pare: l’ambiguità è una componente ineliminabile del dramma messo in scena da questi personaggi.

I PRIMI TRE PERSONAGGI

I sindacati confederali CGIL, CISL e UIL, già da tempo parte minoritaria della rappresentanza sindacale dei dipendenti regionali, lanciano un ultimatum a Crocetta:

“Cambi idea o sarà sciopero”.

Queste sigle, dopo anni di assenza che li ha relegati in un ruolo marginale nelle vicende che riguardano il personale regionale e dopo le malefatte dei contratti capestro in favore delle fasce più alte di detto personale, contestano all’esecutivo di avere previsto nel testo della cosiddetta “manovra-ter” un pacchetto di norme che colpirebbero in maniera indiscriminata e per di più senza passare da nessuna concertazione, i dipendenti pubblici.

“Norme viste – attaccano i sindacati – finora solo in Grecia, un Paese sull’orlo del baratro”.

Nasce fortemente il dubbio che costoro abbiano il timore che si metta ordine a tutte quelle situazioni che essi stessi hanno favorito e consentito in passato e a cui oggi si vuole porre rimedio con le norme che prevedono le riduzioni delle unità operative di base e la cancellazione della cosiddetta “clausola di salvaguardia” per i dirigenti.

Nulla quaestio invece sulle norme che riguardano le modalità di calcolo dei trattamenti di quiescenza e di tutte le prestazioni previdenziali spettanti al personale in servizio presso l’Amministrazione regionale? La parte minoritaria del personale avrebbe scioperato per difendere queste norme?

QUARTO PERSONAGGIO

I sindacati autonomi Cobas-Codir Sadirs che rappresentano oggi in Sicilia la parte più forte e maggioritaria della rappresentatività dei lavoratori. Dopo una prima fase in cui non hanno ritenuto di andare in scena in questa vicenda, sapendo che buona parte dei 15.000 lavoratori del comparto CONDIVIDEVANO le misure governative di razionalizzazione e risparmio sui PRIVILEGI dei dirigenti, ritenuti giustamente la controparte, i cui emolumenti sono inversamente proporzionali alle attività di cui sono investiti e godono di un monte salario accessorio dello stesso ordine di grandezza del comparto pur rappresentando numericamente un decimo delle sue unità di personale, finalmente decidono di andare in scena anche loro, per contrastare il max emendamento governativo, ma nulla dicendo sulla questione fondamentale del rapporto tra la dirigenza ed il comparto, sulla forbice stipendiale sempre più ampia tra detto personale e sulle misure di razionalizzazione e risparmio sulla dirigenza.

Chiedono al Governo e alla politica che il salario accessorio di tutto il personale – dirigenziale e non – confluisca in un unico fondo da trattare in un’unica contrattazione, se tutto questo personale ha diritto di essere rappresentato dallo stesso sindacato. Si attendono risposte a chiarimento di queste ambiguità.

QUINTO PERSONAGGIO

La dirigenza della Regione siciliana costituita da più di 1.800 unità, la cui gran parte non ha ancora titolo per essere inquadrata in questa posizione, non si è mai sentita attaccata come lo è oggi dalle norme che prevedono l’eliminazione di certi privilegi che già non hanno trovato motivo d’essere in altre Regioni e nello Stato. La norma di salvaguardia è una norma contraria al buon andamento dell’amministrazione perché favorisce il mantenimento di certe postazioni e relativi emolumenti per chi senza alcun titolo in più degli altri è stato chiamato dalla politica in quelle postazioni.

Ma la cosa ancora più grave è il fatto che qualora queste postazioni fossero assegnate ad altri dirigenti, il dirigente uscente manterrebbe l’appannaggio economico con aggravio di spesa per l’amministrazione.

Hanno chiesto il sostegno dei sindacati, che spesso osteggiano e ritengono controparte, e del restante personale ritenuto controparte ancora più del sindacato, perché ha contezza delle loro capacità, attitudini, abilità, idoneità e competenze (?).

Anche il proliferare delle unità operative, dei servizi e delle aree, per incasellare il gran numero dei dirigenti comporta un aggravio di spesa per il pagamento del loro salario accessorio previsto nell’apposito contratto individuale, ma cosa ancora più dannosa frantuma la ‘macchina’ amministrativa rendendo la sua azione inefficiente ed inefficace.

Quanti di questi dirigenti si sono mai visti durante gli scioperi proclamati dalle organizzazioni sindacali. Pochi, pochissimi, forse nessun dirigente ha mai partecipato ad una manifestazione sindacale contro il Governo che li chiama a firmare un contratto di lavoro individuale con annessi e connessi.

SESTO ED ULTIMO PERSONAGGIO

Il personale del comparto ancora una volta viene chiamato a protestare contro le norme della finanziaria in quelle ore in discussione per difendere i propri diritti ed anche quelli di coloro che non difenderebbero mai i diritti del comparto.

Questa situazione non è più sostenibile, perché questi lavoratori devono chiedere a chi li rappresenta di fare una scelta di campo. Gli interessi della dirigenza e dei lavoratori del comparto sono contrastanti e divergenti.

Il monte salario complessivo per la dirigenza è di gran lunga superiore al monte salario del comparto mettendo in relazione le unità di personale della dirigenza e del comparto.

Soluzione possibile è quella che i sindacati rappresentino tutto il personale qualora il monte salario complessivo sia unico e sia distribuito attraverso un unico contratto giuridico ed economico. Qualora ciò non sia possibile i lavoratori del comparto devono chiedere alle OO. SS. di appartenenza di uscire da questa ambiguità decidendo se rappresentare i lavoratori del comparto o i dirigenti.

Qualcuno riuscirebbe a immaginare Sergio Marchionne, dirigente delle più grande azienda automobilistica italiana, cioè la Fiat, iscritto ad uno dei sindacati confederali italiani? E riuscireste pure ad immaginare che oltre a godere delle tutele di questo sindacato, il giorno dopo lo stesso sindacato trovasse come controparte lo stesso Marchianne in un tavolo di trattativa a rappresentare l’azienda automobilistica che dirige?

Sicuramente è una situazione inimmaginabile e quanto mai inverosimile, soprattutto pensando a quali e quanti scontri abbiamo assistito in questi anni tra le due controparti e cioè il sindacato in rappresentanza dei lavoratori FIAT ed il signor Sergio Marchionne in rappresentanza dell’azienda Fiat che dirige.

Nella Regione siciliana questa situazione inverosimile invece è quanto mai reale e quotidiana: nei tavoli delle trattative sindacali a livello centrale e periferico, di primo e secondo livello, i sindacati partecipano per rappresentare e difendere i lavoratori del comparto e si confrontano e si scontrano (a volte) con i dirigenti che rappresentano l’amministrazione.

I lavoratori del comparto, pertanto, devono uscire dalla loro ambiguità chiedendo conto e ragione a chi li rappresenta sulle grandi linee di politica sindacale che oggi deve superare la difesa delle posizioni raggiunte in termini di tutele – poche per il comparto, tante per la dirigenza – e di deleghe, tante del comparto poche della dirigenza, partendo dalle predette linee guida.

 

Redazione

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