Una «provocazione» che ha innescato una reazione a catena. Di timori e comunicati. Il ddl sulla riforma dei beni culturali e delle tutele paesaggistiche è ancora nel pieno del proprio iter parlamentare – ieri sono scaduti i termini per la presentazione degli emendamenti – ma preoccupa già. Presentato con la firma dei deputati della commissione Cultura, a eccezione dei cinquestelle, Claudio Fava e del dem Giuseppe Lupo, ha in Luca Sammartino il proprio ideatore.
Più di 50 articoli che puntano, come si legge nella relazione di presentazione, a «provare a costruire un sistema che affronti il patrimonio culturale come disciplina organica, superando frammentazioni di saperi e di competenze». E così nel testo si parla di musei, parchi archeologici, numismatica, libri antichi, restauro, pinacoteche ma anche – ed è qui che associazioni culturali e ambientaliste, ma anche diversi professionisti sono saltati su dalle sedie – del regime autorizzativo in tema di paesaggio. Terreno su cui da sempre si muovono le Soprintendenze, chiamate a valutare l’impatto dei progetti con i luoghi in cui le opere dovrebbe essere realizzate. E che invece, secondo Sammartino, dovrebbe fare un passo di lato per lasciare spazio all’assessorato al Territorio e agli uffici comunali. Una rivoluzione che per molti rischia di passare in mano a tecnici con una preparazione carente in materia di paesaggio gravi incombenze e, dunque, il rischio di dare il via libera a progetti che potrebbero deturpare zone che meriterebbero altro tipo di tutela.
Davanti alle perplessità avanzate nel corso delle audizioni in commissione Cultura, il deputato di Italia Viva, che ne è presidente, ha parlato di una provocazione e dell’intenzione di riscrivere la parte di ddl che affronta il tema delle autorizzazioni. «Non abbiamo capito quale sia l’esigenza di intervenire con questo ddl che sembra una brutta copia del codice Urbani che nel resto del Paese è punto di riferimento per i beni culturali – dichiara a MeridioNews Simona Modeo di Sicilia Antica – Per questo abbiamo presentato una serie di proposte emendative. Le Soprintendenze dovrebbero essere rafforzate, non è concepibile che le autorizzazioni paesaggistiche vengano affidate ai Comuni».
Tra chi sin da subito ha preso le distanze dalla proposta di legge c’è il Movimento 5 stelle. «Per fare valutazioni paesaggistiche servono competenze che difficilmente si trovano negli enti locali, dove i progetti che storicamente si gestiscono sono di altra natura – commenta a MeridioNews il deputato Giampiero Trizzino -. Peraltro il ddl, nel passaggio in cui parla di piano paesaggistico regionale, sembra potere portare al congelamento dei piani paesaggistici provinciali già vigenti e per i quali si è tanto atteso».
A chiedere che Sammartino ritiri il ddl ieri è stato anche Claudio Fava. Il presidente della commissione Antimafia, oltre a sottolineare il rischio per il sistema delle tutele, ha parlato del mancato accenno agli interventi che andrebbero introdotti «sul riordino dei ruoli tecnici nel comparto dei beni culturali». La questione rimanda da una parte alla lentezza nel processare le pratiche ma ha come contraltare il timore che si possa replicare il fenomeno della «firmetta», come emerso nel corso dell’inchiesta che la commissione Antimafia ha fatto sul ciclo dei rifiuti. Ovvero casi in cui le pratiche abbiano avuto un via libera facile da parte di dirigenti che, trovandosi a guidare uffici lontani dalla propria formazione, si affidavano a funzionari esperti e, in quel caso, vicini agli interessi dei privati.
Il ruolo delle Soprintendenze, spesso associate soltanto alle attività inerenti la custodia dei beni culturali, è più volte finito al centro delle cronache. Specialmente quando si è parlato di grandi progetti. Dagli investimenti nel settore delle rinnovabili, come nel caso di parchi eolici o fotovoltaici, al caso della Valle del Mela, dove l’anno scorso ha tenuto banco la vicenda della firma, arrivata in extremis, del piano paesaggistico da parte del presidente della Regione Nello Musumeci. Ancora più di recente, poi, il caso del progetto di Oikos per la realizzazione di una discarica nel territorio di Centuripe che negli ultimi anni ha alimentato le preoccupazioni delle popolazioni locali e di quanti ritengono che l’area dell’Ennese andrebbe valorizzata in maniera diversa. Proprio a riguardo del progetto della famiglia Proto, a settembre, la Soprintendenza di Enna rilasciò un parere negativo. Lo stesso ente, successivamente, ha chiuso l’istruttoria per chiedere alla Regione l’apposizione di un vincolo paesaggistico su quella parte di territorio. La pratica, però, complice il Covid-19, da mesi è ferma in assessorato.
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