«Pallavicino vive di incompiute». È difficile, in effetti, non pensarlo quando ci si trova davanti all’edificio di via duca degli Abruzzi. Finestre murate, erbacce dappertutto e cancelli rigorosamente chiusi. Nelle condizioni in cui si trova oggi somiglia a tante cose, meno che a quello che era destinato ad essere: un asilo nido. Occupato per anni da una famiglia abusiva, mandata via con la forza lo scorso marzo, lo sfollamento aveva, anche se per poco, ridato un sentimento di speranza nei residenti del quartiere. Ma anziché restituire un servizio di cui la comunità ha sofferto per troppo tempo l’assenza, «l’unico risultato è stato avere un ecomostro vicino la scuola elementare Savio, il plesso scolastico più grande del quartiere», racconta un residente, Tony Enea.
Che oggi, insieme a molti altri cittadini, pretende risposte. Dal Comune di Palermo, dall’assessorato alla Pubblica istruzione, dall’edilizia scolastica, dalla Regione. E si domanda «dove sono andati a finire i soldi per la ristrutturazione della Mimosa?». Fondi regionali, con cui l’asilo «sarà ristrutturato presumibilmente entro il prossimo anno». Quando il comitato Il Nuovo Cittadino riceve tramite email questa rassicurazione è il 21 ottobre del 2013. Le firme, in calce, sono quelle dell’allora dirigente del Servizio asili nido dell’area scuola del Comune Marina Pennisi e dell’ex assessora alla Scuola Barbara Evola. «In atto – si legge nel documento – sono in itinere le procedure di redazione del piano di intervento, e si attende l’accreditamento delle risorse finanziarie. Per tale motivo, il settore Risorse immobiliari, responsabile della tenuta degli immobili di proprietà comunale non utilizzati, ha predisposto due ordinanze di sgombero a carico degli occupanti abusivi: tali provvedimenti, se non eseguiti spontaneamente dagli interessati entro termine di 30 giorni dalla notifica, saranno eseguiti coattivaemente con la forza pubblica e la struttura sarà messa in sicurezza per evitare ulteriori occupazioni in attesa dell’avvio dei lavori».
Invece di 30 giorni, però, passano altri quattro anni e mezzo prima di mandare via gli abusivi dall’asilo. Giusto il tempo di far entrare dentro la scuola un’altra famiglia, che si sistema nei locali rimasti liberi dell’istituto. L’ultimo rinvio dello sgombero è di febbraio 2019. Un mese dopo, davanti a uno schieramento di auto della mobile, agenti della municipale, carabinieri e servizi sociali, lo sgombero va finalmente in porto. Ma quell’asilo passa dall’essere una casa all’essere il fantasma di ciò che non è mai stato, irrimediabilmente chiuso anche per quest’anno scolastico appena inaugurato. Anni prima dell’occupazione abusiva da parte della prima famiglia che l’ha trasformata nella propria dimora, la scuola ha per qualche tempo funzionato. Almeno fino a un controllo dei Nas, che nel 2010 ha fatto scattare una chiusura preventiva a causa dell’impianto elettrico e delle uscite di sicurezza non a norma.
«Bastavano pochi soldi per sistemare queste cose, non parliamo di cifre esorbitanti, quindi ci aspettavamo che l’amministrazione agisse in questo senso. Invece hanno preferito lasciare tutto chiuso, piuttosto che sistemare ciò che non andava – racconta Enea -. Adesso, i danni sono maggiori, così come le somme da impiegare per sistemare del tutto la struttura, che nel frattempo è stata abbandonata». Quell’asilo, però, serve al quartiere, che da tempo lo reclama a gran voce. «Al giorno d’oggi i genitori lavorano entrambi in una famiglia, e non tutti possono contare su nonni disponibili o autosufficienti. Magari qualcuno neanche ce li ha – torna a dire Enea -. C’è stato addirittura un tempo in cui per questa scuola sembrano esserci stati dei soldi stanziati dalla Regione, pronti, è scritto nero su bianco in quella e-mail di risposta dell’amministrazione. Soldi per la ristrutturazione e la riqualificazione. Che fine hanno fatto? Dove sono finiti?», si domanda da tempo. Mentre si attendeva, però, l’impiego di questi soldi per rimettere in piedi la scuola, questa è stata nel frattempo occupata.
Enea, in passato vice presidente del consiglio di circolo della direzione didattica della scuola Alessandra Siragusa, di cui il nido comunale rappresenta un plesso, si è trovato a gestire conti e bilanci che comprendevano anche tremila euro di acqua consumati proprio dagli occupanti dell’asilo interdetto: «Abbiamo coinvolto l’amministrazione, non potevamo certo pagare noi per consumi che non ci appartenevano, in una struttura per di più inaccessibile». Dopo ulteriori pressioni si arriva al fatidico sgombero. «Solo che poi il Comune non s’è visto più e la struttura è diventata sempre più abbandonata a se stessa e dimenticata. La gente passa e gli lancia dentro i sacchetti d’immondizia – racconta Enea -. Le condizioni igienico-sanitarie sono terribili, ci sono topi ovunque e la cosa grave è che questo plesso, ridotto così, confina con la scuola elementare Savio. Intanto, ecco la solita incompiuta in salsa palermitana».
«C’è tutta l’intenzione di restituire questo asilo alla comunità – rassicura intanto l’attuale assessora alla Scuola Giovanna Marano -, c’è un progetto». Tuttavia non si conoscono ancora tempi e cifre. «E come potrebbero conoscersi già? – replica dal canto suo il residente -. In tutti questi mesi trascorsi dallo sgombero non ho mai visto nessun tecnico venire a fare un sopralluogo nella struttura per fare un stima dei danni. Io non voglio essere un cittadino fantasma – dice ancora -, e non voglio essere messo in un angolo, al contrario di quei cittadini che girano sempre la faccia dall’altra parte. Ai miei figli insegno che la loro libertà e consapevolezza del mondo e di se stessi partirà innanzitutto dalla scuola, ma penso a questo punto che tutto questo non sia una priorità di questa amministrazione…Forse nidi e scuole non funzionano in termini di propaganda».
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