“La mia ricetta per salvare il Tg 1”

La Rai ha i suoi conti e la sua credibilità in profondo rosso e le proposte di come “rivoluzionare” il servizio pubblico televisivo fioccano da destra a sinistra. Ma poi da sinistra, centro e destra arrivano anche veti incrociati: far finta che tutto cambi affinché tutto rimanga com’è cioè la Rai al servizio dei partiti e non dei cittadini.

Che fare? Wolfgang Achtner, il giornalista televisivo americano trapiantato in Italia da quarant’anni, ha pronta la soluzione e da qualche mese lo dice senza peli sulla lingua: “Con me alla direzione del Tg1 si darebbe il segnale che in Rai e in Italia tutto cambierà per cambiare veramente”. (a sinistra, Wolfgang Achtner, foto tratta da Wolfgang Achtner)  

Facciamo un passo indietro. Achtner, Wolf per gli amici, è stato per anni corrispondente dal Vaticano e dall’Italia per la Abc, per poi lavorare con Cnn e altre importanti network internazionali. Ha scritto saggi e libri sul mestiere di giornalista televisivo, insegnando “Teoria e Tecnica del Linguaggio Radiotelevisivo” nelle università di Siena, Perugia e alla Lumsa di Roma. Autore di apprezzati documentari, nei seminari di tecnica ed etica del giornalismo oltre ad insegnare come si produce l’informazione in tv, inculca nei suoi studenti che “i media italiani restano asserviti al potere dei partiti e soprattutto i giornalisti televisivi sono per lo più dei portavoce con tessera, tecnicamente incapaci di produrre un prodotto d’informazione degna della Tv”.

Da quando è caduto il governo Berlusconi e Agusto Minzolini à stato cacciato dalla conduzione del Tg1 – che tra tutti i direttori del Tg, sarà forse ricordato come il più servo di tutti -, Achtner si è convinto che fosse giunta l’ultima occasione per il riscatto: “L’arrivo del governo Monti mi ha dato speranza. Ho subito scritto al CdA della Rai e mi sono proposto come direttore di Tg1”, ci racconta il giornalista americo-italiano che in questi giorni era a New York, la città dove è nato.

Ci è venuto a trovare al Palazzo di Vetro dell’Onu e, sorseggiando una coca cola ad un tavolino con vista sull’East River, ci racconta perché vuole rivoluzionare il Tg1 e tutta l’informazione italiana. Ecco la sintesi di una lunga conversazione:

“Stefano, ti sei mai chiesto perché tutti i grandi Paesi hanno un canale di informazione in inglese dedicato al mondo? Non solo gli arabi, i cinesi o gli iraniani, ma persino la Francia produce informazioni in inglese diretta al mondo che irradia informazione credibile sul proprio Paese. L’Italia no.”

Già, perché? “Perché il livello di informazione in tv che l’Italia produce è così scadente che farebbe ridere il mondo. Parlo proprio a livello tecnico. La qualità, fin dal montaggio dei pezzi è così arretrata, che nessuno nel mondo la prenderebbe sul serio. E poi non sanno fare informazione, ma solo propaganda”.

La scomunica di Achtner non colpisce tutti: “In Rai ci sono dei bravi giornalisti, ma sono messi da parte perché non ritenuti ‘affidabili’ dai partiti. Solo se ti sai muovere politicamente, puoi far carriera e diventi pure direttore, anche se non capisci nulla di informazione tv”.

Manca il codice etico: “Proprio ne difettano certi giornalisti italiani che poi dirigono, eppure l’etica nei media è come un codice della strada. Succede un disastro se non si segue. E’ vero l’oggettività assoluta non esiste, ma si deve tentare di rispettarla il più possibile. Certi giornalisti italiani conoscono solo la militanza politica, anche perché conviene a chi vuol far carriera”.

Tutto è stato portato agli estremi negli anni Settanta, con la lottizzazione continua in Rai: “In Italia è stata eliminata l’indipendenza dei giornalisti dai poteri politici, ma è la condizione necessaria per poter svolgere la professione. Come dire la ruota è tonda ma in Italia la vogliono quadrata. Così i politici italiani non conoscono l’accountability, l’essere responsabili delle loro azioni e la democrazia soffre. Ma il voto é libero solo quando il cittadino è correttamente informato”.

Il problema è culturale: “In Italia si è creduto che i partiti avessero la funzione di mediazione e controllo tra governo e cittadini, senza capire che in democrazia questa funzione spetta all’informazione libera e indipendente. I pochi giornalisti italiani con un corretto senso etico della professione vengono emarginati, nessuno guarda alla meritocrazia, anzi viene esclusa perché questa è l’antitesi della lottizzazione partitica”.

I partiti hanno abusato delle loro funzioni occupandosi di ciò che non gli compete così Berlusconi ha approfittato di un sistema già pronto. “Con lui premier, che già possedeva la tv privata, siamo arrivati ad una specie di dittatura light, che non ha certo bisogno della forza per imporsi quando controlla i media”.

Gli italiani come dei sudditi, perché non caricati delle responsabilità che spettano ai cittadini. Come l’onestà: “Una volta, a Castelvetrano, il paese del capomafia latitante Matteo Messina Denaro, in una conferenza su Falcone e Borsellino, con giudici antimafia si parlava della legalità. Rispondendo alla domanda di una giovane donna, ho detto che la legalità è come essere incinta. Non si può essere più o meno incinta. E così con la legalità in Italia. Non si può essere più o meno onesti. O si è onesti, o si è disonesti. Questo vale nell’informazione come in tutte le altre attività”.

Per Achtner i media italiani, con il loro atteggiamento, hanno propagandato il “volemose bene, magni tu che magno io, e adesso scopriamo questo sistema di illegalità diffusa, nella politica come dappertutto. Perché è mancata la funzione di controllo dei media”.

Forse negli Usa esiste il paradiso? “Anche qui, rispetto ai gloriosi anni Settanta, dei tempi del Watergate per intenderci, la situazione è peggiorata. Pensiamo ai media di Murdoch… Però qui pensano più ai soldi, non è diretta complicità con il potere, qui non ci sono ancora gli stessi conflitti d’interesse di un Berlusconi. Ma la situazione sta diventando pericolosa anche negli Usa, troppa concentrazione dei media in poche mani”.

Ma cosa sta facendo Achtner per farsi assumere come direttore del Tg1? “Ho scritto subito al CdA della Rai, quello precedente presieduto da Paolo Garimberti che non mi ha risposto. Avevo messo in copia la lettera anche a Monti, che mi ha cortesemente ringraziato di avergli fatto sapere della mia candidatura. Ho scritto al nuovo CdA della Rai, che non mi ha risposto. Ho scritto alla nuova presidente Anna Maria Tarantola, che mi ha risposto che avrebbe immediatamente passato le informazioni a chi di competenza. Ma io avevo già scritto a Luigi Guibitosi, il nuovo direttore generale, che ancora non mi ha risposto. A dicembre si libera la carica di direttore del Tg1. Se vogliono c’è ancora tempo”.

Quella di Achtner è solo una provocazione? “No, ci tengo a ribadirlo. Non sono uno Sgarbi che urla. La mia è una candidatura estremamente seria e motivata. Io sono indipendente con trentanni di esperienza ai massimi livelli mondiali del giornalismo televisivo. Sono autore dell’unico libro di testo in questa materia in italiano. Sono un pioniere del mestiere del reporter televisivo, dove il giornalista è munito di telecamera e quindi si risparmia ma con professionalità e rimanendo nello standard internazionale. Smettiamola con la selezione con l’esclusione dei migliori. Aspetto di sapere cosa dicono della mia proposta di rilanciare il Tg1 e farlo diventare un telegiornale vero, l’equivalente italiano della Bbc, buon giornalismo, onesto e di qualitá, informazione al servizio dei cittadini”.

Ma se avvenisse una nomina di questo genere, non si avrebbe un effetto dirompente all’interno dell’intero sistema Italia? Achtner ne è convinto: “La forma è sostanza. La mia nomina potrebbe diventare il simbolo della volontà reale di Monti di voler cambiare. Per Monti questa è l’azione pratica che potrebbe innescare usa serie di processi a cascata positivi in Italia. La mia direzione del Tg1 faciliterebbe un processo di nomine pubbliche basato sulla meritocrazia. Quando c’è un Tg1 che giá funziona in quel modo, è più facile poi spiegarlo agli italiani e andare avanti”.

“Sono un professore. Ho tanti giornalisti pure dentro la Rai che hanno studiato con me e imparato tecniche televisiva ed etica del giornalismo, ma che appunto sono tenuti ai margini. In poco tempo saprei trovare le persone giuste e anche insegnare a quelli che ci sono giá come fare un Tg1 che diventerebbe da esempio per tutti gli altri. Non c’è niente di genetico, anche i giornalisti italiani possono essere bravissimi se liberati dalla morsa dei padrini politici”.

Ora o mai più: “Monti in questo momento è forte perché sono deboli i partiti che lo sorreggono. Quando é venuto da noi alla stampa estera, è stato riaffermato che lui è la prova fisica che la politica in Italia è stata un disastro, un fallimento. Lui ora ne deve approfittare, è una occasione unica. Ma il sistema continua con i colpi di coda. Alla Rai l’ex presidente Lorenza Lei è stata mandata a dirigere la Sipra, cioè il sistema di raccolta di pubblicitá. La manager fidata di Berlusconi che governa la pubblicità alla Rai: il conflitto d’interessi resta enorme”.

“Ora abbiamo toccata il fondo, ma basta con la mentalità che si possa scavare ancora. Persino Grillo su questo ha ragione. Il Paese è morto perché non cresce più. La crisi italiana non è dovuta alla crisi mondiale, ma è strutturale. Pieno di gente che occupa posti di responsabilità che non merita e crea solo danni. Per questo non si investe più in italia dall’estero. Eppure ci sono italiani perbene dappertutto. Nelle università, nell’industria, nel commercio e persino ancora nella politica. Sono italiani per bene anche quelli che fuggono all’estero per poter realizzare le loro idee”.

“Quando è stato mandato via Minzolini dal Tg1 ho capito che il sistema è debolissimo perché non ha potuto più imporsi. Il sistema resta forte finché i giornalisti in quota tua vengono messi ai posti giusti. Così si autocensurano a vicenda, basta che il tuo entri… Ma ora il sistema è talmente indebolito e per Monti c’è l’occasione per cambiarlo. Lui può farlo, prima che tocchi ad altri e con metodi forse non più democratici…”.

“Converebbe a tutti cambiare, anche a chi vuol ancora lavorare in Rai. I soldi sono ormai finiti, o si cambia adesso che si è ancora in tempo, o tutto si butterà via. E’ una occasione che offro. Il Paese si può ancora raddrizzare. Il declino si può fermare. Io voglio aiutare l’Italia con la mia professionalità”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Stefano Vaccara

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