A Palermo, e in Sicilia, i commercianti reagiscono alla paura. Anche se si sentono sempre più indifesi e percepiscono un aumento non solo dei reati legati alla criminalità organizzata come l’usura e l’estorsione, ma anche dei furti, dell’abusivismo, della contraffazione e delle rapine. È vero, c’è ancora chi cede al ricatto del racket e decide di pagare. Ma le denunce e la collaborazione con forze dell’ordine e magistratura aumentano, nonostante le minacce e le intimidazioni colpiscano quasi la metà degli imprenditori e nonostante la fiducia nella giustizia sia prossima allo zero. Anche le associazioni di categoria e quelle antiracket non riescono ancora ad essere il primo e il più ovvio punto di riferimento per quanti vedono a rischio la propria incolumità.
Si possono interpretare così dati, numeri e percentuali contenuti nell’indagine «Legalità mi piace» di Confcommercio e Gfk Eurisko sui fenomeni criminali in Sicilia e a Palermo nel 2015. La ricerca è stata promossa da Confcommercio nazionale e presentata stamattina all’aeroporto «Falcone Borsellino». Erano presenti la presidente della sezione di Palermo Patrizia Di Dio e il presidente della Gesap Fabio Giambrone. Sono 6.782 gli esercenti che hanno accettato di raccontarsi in forma anonima: la percezione sull’andamento della criminalità, l’esperienza diretta o indiretta con la criminalità, un giudizio sull’efficacia delle leggi e sulle misure da intraprendere, il rapporto con forze dell’ordine e associazioni.
Ne è emerso un quadro con luci e ombre, nel quale la mafia è ancora protagonista, ma non più con l’abisso culturale di un tempo rispetto al resto della Penisola. Nella percezione degli intervistati, per esempio, l’abusivismo (40 per cento), i furti (36 per cento), le rapine (35 per cento) e la contraffazione (28 per cento) sono aumentati di più rispetto all’usura (+24 per cento) e all’estorsione (+22 per cento). Sensazioni, certo. Ma che fanno ben sperare in raffronto alle rispettive medie nazionali: +21 per cento l’aumento percepito dell’usura e +17 per cento l’estorsione. Non solo: degli oltre 900 commercianti (sui quasi 7mila intervistati) che sono stati avvicinati con la richiesta del pizzo, il 77 per cento dei palermitani e il 73 per cento dei siciliani hanno detto «no». E i risultati, tangibili, si vedono in operazioni come «Reset 2», che ha fatto piazza pulita del mandamento di Bagheria.
Certo, resta ancora molto da fare: circa un terzo degli imprenditori (il 27 per cento nel capoluogo e il 29 per cento nell’isola) ha avuto esperienza diretta o indiretta con la criminalità, contro un dato nazionale del 16 per cento. E nella maggior parte dei casi (il 49 per cento, praticamente la metà, a Palermo, e «soltanto» il 40 per cento nel resto dell’isola) si è trattato di Cosa Nostra. Pressioni psicologiche, telefonate, «visite» in negozio o a casa, danni alle cose, violenza sulle persone, rapine: la mafia usa tutti i metodi persuasivi possibili. Di fronte al pericolo per la propria incolumità, però, il negoziante prova a cavarsela da solo, magari installando telecamere e impianti di allarme, assumendo un vigilante privato o blindando le vetrine. Oppure denuncia (nel 26 per cento dei casi a Palermo, nel 21 per cento in Sicilia) o, ancora, si rivolge in via informale alla polizia (rispettivamente 18 e 12 per cento dei casi).
Soltanto tre commercianti su cento, a Palermo (e nove su cento nell’isola) chiedono soccorso alle associazioni di categoria, e poco di più (quattro su cento a Palermo) sono quelli che si rivolgono alle associazioni antiracket. Insomma, le confederazioni non riescono ancora a fare presa, e non è un caso che una delle prime iniziative scaturite da «Legalità mi piace» sia un gazebo itinerante che Confcommercio Palermo porterà in quattro piazze, due del capoluogo (piazza Ballarò e piazza Guadagna) e due a Bagheria e Corleone. La presidente Di Dio e la vice Rosanna Montalto lo hanno detto a chiare lettere: «La stagione dei convegni è finita, dobbiamo scendere in piazza a fianco di chi denuncia». «Speriamo di incidere sempre di più nella cultura della legalità e della denuncia – è l’auspicio della presidente -. Se tutti noi ci sentiamo parte di un sistema e ci sentiamo parte integrante dello Stato, da cui pretendiamo sostegno e sicurezza, allora la sconfitta del malaffare e della mafia si avvicinerà».
Anche perché la fiducia nello Stato è ai minimi termini, qui come altrove: in tanti chiedono iniziative più efficaci per la sicurezza della propria attività, a partire innanzitutto da una maggiore protezione da parte delle forze dell’ordine (il 70 per cento degli intervistati palermitani), ma anche dalla certezza della pena (52 per cento) o dalla presenza di poliziotti di quartiere e agenti della polizia locale (8 per cento). L’89 dei commercianti palermitani ritiene che le leggi che contrastano i fenomeni criminali siano «poco o per niente efficaci» (media che a livello nazionale sale al 90 per cento) e addirittura il 97 per cento auspica un inasprimento delle pene.
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