C’è fermento sul fronte leghista siciliano. Mentre si lavora alacremente per cercare di trovare una quadra di coalizione per le prossime Amministrative a Palermo, anticamera delle elezioni regionali e poi di quelle nazionali, però, la vicenda di Catania, con l’uscita dalla giunta Pogliese degli assessori della Lega e le forti frizioni a minare un rapporto, quello con gli alleati di sempre di Fratelli d’Italia, arriva come un fulmine a ciel quasi sereno. E dire che l’incontro di due settimane fa tra Matteo Salvini e Nello Musumeci, le parole spese dallo stesso Salvini, che ha insistito con forza sull’esigenza di un centrodestra unito, sembravano essere un segnale di rasserenamento. Adesso, bisognerà vedere che ripercussioni avrà a livello regionale quanto accaduto all’ombra dell’Etna, anche se al momento, i rapporti tra leghisti e meloniani in Sicilia sembrano andare a due velocità.
A occidente splende il sole, almeno in apparenza. Tra i banchi del consiglio comunale di Palermo i due gruppi hanno spessissimo fatto fronte comune. «Non c’è mai stato nessun problema, siamo anche stati i primi a firmare insieme la mozione di sfiducia contro il sindaco Orlando» spiega Igor Gelarda, capogruppo leghista in sala delle Lapidi. D’altra parte al momento il capoluogo di regione sembra essere in cima ai pensieri del leader del Carroccio, intenzionato a non lasciarsi sfuggire la più grande città d’Italia chiamata al voto nella prossima tornata, tanto da premere sull’acceleratore per la condivisione di un nome da lanciare come candidato sindaco, altrimenti saranno primarie. «Ci stiamo lavorando. Intanto abbiamo deciso di puntare sulla squadra in città, con l’apertura di diversi tavoli tematici, come quelli su sicurezza e infrastrutture» prosegue Gelarda, a da cui da Catania fa eco Fabio Cantarella: «Al momento c’è fermento, se entro due settimane non si arriverà a un nome condiviso, penseremo alle primarie: uno strumento apprezzato da tutta la Lega. A Palermo siamo radicati – aggiunge l’ex assessore etneo – e abbiamo tutti i numeri per essere incisivi».
A oriente invece, per usare le parole dello stesso Cantarella, uno dei due assessori che hanno lasciato la giunta, «il clima è variabile. Quanto accaduto in Comune è stato un cortocircuito». La cui spiegazione potrebbe forse risiedere nell’indecisione degli esponenti in Consiglio vicini al neoleghista Luca Sammartino, fin troppo esitanti nel saltare dall’altra parte della barricata e sedersi tra i banchi della maggioranza. Intanto, si cerca di limitare i danni ed evitare che lo tsunami partito da Palazzo degli elefanti si abbatta sul resto dell’isola. E se qualche giorno fa in diretta alla trasmissione Direttora d’Aria su Radio Fantastica Rmb l’ormai ex assessore dichiarava che «Catania è la città più importante con il centrodestra al governo e quello che accade a Catania avrà ripercussioni su quello che accadrà a Palermo, sulle Regionali e sulle Nazionali», oggi la posizione di Cantarella sembra essere più morbida: «Si attende di aprire il dialogo, c’è la volontà da entrambe le parti di superare le incomprensioni», dice.
E poi c’è la posizione del coordinatore regionale Nino Minardo volato a Roma per fare il punto della situazione direttamente con Salvini, con cui racconta di avere parlato principalmente di elezioni, di Palermo e della possibilità di andare alle primarie del centrodestra, ma questo non esclude certo il nodo Catania. «Quello che è accaduto non è politicamente irrilevante – spiega senza minimizzare – Anche sul piano regionale avremo modo di parlare con gli alleati. È successo un fatto: noi siamo usciti dalla giunta, ora siamo all’opposizione. Più avanti vedremo». L’impressione è che la soluzione alle incomprensioni catanesi potrebbe arrivare dall’alto, direttamente da Roma, ma al momento di sedersi tutti intorno a un tavolo, quanto accaduto nel capoluogo d’oriente non potrà non portarsi dietro i suoi strascichi.
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