La “Guerra santa” di Crocetta contro i regionali

I pogrom avviati dal presidente Rosario Crocetta contro la burocrazia regionale, una sorta di guerra santa scatenata contro le proprie milizie, indignano e fanno pensare.

Ho lavorato (io lo posso dire!) per più di trent’anni nell’amministrazione regionale, e per venti di questi in posizioni apicali. Ho guidato osservatori privilegiati (la Segreteria della Giunta, lo Staff politico del Presidente della Regione) e ho diretto poi numerosi dipartimenti regionali. Conosco la mia amministrazione come pochi: ne conosco pregi e difetti.

Un Presidente della Regione che non c’è più e che, inseguendo un suo progetto irrealizzabile, lasciò il Governo della burocrazia nelle mani di uno sciagurato, sosteneva che la burocrazia regionale ha tante teste e tante code. Può essere, ma una cosa è certa. I dipendenti regionali possono apparire ben strani: se non scocca una particolare scintilla, tutto diventa astioso, aspro, in salita, ma se la scintilla scocca, è tutta discesa: un fervore incredibile, si dimenticano gli orari, le beghe, si pensa e si lavora per essere pronti a fornir l’opra che è diventata l’opera della loro vita. Io questa scintilla l’ho vista scoccare, sia nei tanti posti dove sono stato, sia in quelli con a capo miei colleghi, e sono stati tanti, guidati dallo stesso interesse esterno, il bene dell’amministrazione.

I dipendenti regionali sono un bersaglio facile, un muretto basso. Chi li demonizza, chi li criminalizza ha gioco facile. Trova spazio nella stampa, consensi e condivisione nel cittadino e vive di rendita. Tutti dimenticano che la burocrazia è un potere derivato. Esso viene dalla politica; dimenticano che lo status burocratico viene dalla politica. Invece di colpire, bollare e additare allo scandalo i politici che creano i privilegi (e non certo per fare favori, ma per farsi favori), si crocifigge il beneficato. Facile, no? E’ che ad un certo punto tutti dimenticano che il pesce puzza dalla testa.

Un’amministrazione sotto costante tiro, umiliata, offesa, criminalizzata, è un’amministrazione che perde quel minimo collante che le consente di fare almeno l’ordinario. E’ una amministrazione che praticamente cessa di funzionare: è un alibi perfetto per chi non sa, non vuole e non può far nulla. E’ il riparo sicuro contro la propria nullaggine. E’ il perfezionamento del metodo Lombardo. Cambiare gli assessori due volte l’anno significò cambiare per necessità direttori e, a cascata, capi servizio e fermare la ‘macchina’.

Così Lombardo è riuscito a sopravvivere alla propria nullità. E infatti, mentre infuriano le ‘purghe’, che cosa hanno fatto in questi primi mesi Crocetta e la sua Giunta piena di dilettanti allo sbaraglio? Nulla, ma in questo clima di caccia alle streghe, nessuno se ne accorge. Quali grandi progetti sono stati avviati? Quale leggi di riforma sono in cantiere? Nessuno, nessuna.

Se analizziamo bene la questione, le opzioni per valutare l’operato di Crocetta sono due: o è in buona fede, o conosce i propri limiti.

Se è in buina fede, lo fa perché non riesce a capire che la Regione non è Gela e che non si governa facendo terra bruciata nel settore pubblico e proclamando la guerra alla mafia, che, nella sua analisi rozza, a quanto pare ha sede centrale negli assessorati.

Se dunque è in buona fede, saremmo di fronte a un personaggio grossier e greve, incapace di una pur minima analisi e di una conseguente strategia. Del resto, riflettiamo. Oltre i coatti del Partito democratico e i furbastri dell’UDC, la parte più consistente dell’elettorato di Crocetta è composto di provinciali rozzi e incolti, e lui incarna la personificazione del loro riscatto sociale. Se uno come Crocetta arriva a ricoprire la carica di Presidente della Regione con i nostri voti, allora, concludono orgogliosi, noi valiamo.

Oppure, ed è l’altra ipotesi, Crocetta sa bene quali sono i suoi limiti e quelli del contorno politico e ha avviato una manovra di sopravvivenza, tirando a campare, sparando nel mucchio e sollevando i famosi polveroni.

Nell’uno e nell’altro caso avremmo a che fare con un soggetto inadeguato al ruolo istituzionale che ricopre, un narciso lunatico, egopatico e furibondo che sarebbe bene mandare a casa al più presto.

 

Francesco Busalacchi

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