Nonostante tutto. La notizia è questa: i passeggeri sui treni siciliani nel 2019 sono cresciuti più che in ogni altra parte d’Italia. Circa 930mila persone hanno viaggiato con Trenitalia da gennaio a settembre dello scorso anno, +12,7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018. In nessun altra regione si è registrato un trend di crescita così positivo. Nonostante tutto. Due parole che vanno obbligatoriamente premesse a un dato che stupisce e che dimostra come in Sicilia ci sia voglia di mobilità su ferro. Nonostante l’isola sia la Regione dove negli ultimi dieci anni si sia speso meno per la mobilità ferroviaria (2,08 euro per abitante), nonostante i treni regionali siano un quinto di quelli che circolano in Lombardia (486 corse al giorno contro le 2.560), nonostante l’87 per cento del tracciato sia a binario unico. Eppure, dove si creano le condizioni sufficienti la risposta arriva: 80 milioni di passeggeri hanno viaggiato sui tram-bus di Palermo, oltre cinque milioni sulla metropolitana di Catania.
La fotografia scattata dal rapporto di Legambiente Pendolaria 2020 restituisce una Regione che annaspa nei suoi ritardi cronici ma che prova a risalire la china. Un punto fermo è stato messo dalla sigla del contratto di servizio tra Regione e Trenitalia fino al 2026. Che comincia a dare i suoi effetti: a fine 2019 sono arrivati nell’isola (prima regione del Sud ad averli) cinque nuovi treni Pop, entro il 2022 saranno 43. E l’età media del parco mezzi rotabile a poco a poco si abbassa (19 anni), anche se rimane superiore alla media nazionale (15,4).
«Tra le diverse parti d’Italia – si legge nel rapporto – perdurano, tuttavia, differenze enormi. In alcune aree il servizio è tra i più competitivi al mondo, come tra Firenze e Bologna dove l’offerta, per quantità e velocità dei treni, non ha paragoni in Europa; ma fuori dalle direttrici principali dell’alta velocità e dalle Regioni che in questi anni hanno investito, la situazione del servizio sta peggiorando, con meno treni in circolazione e, di conseguenza, meno persone che prendono il treno. In particolare il Meridione continua a soffrire di un’assenza di progetto».
E la Sicilia resta nettamente fuori dalle direttrici nazionali. Così fanno notizia i collegamenti con e tra i capoluoghi più periferici, rimasti fermi a inizio secolo scorso per tempistica: quattro ore e mezza tra Ragusa e Palermo con appena tre collegamenti al giorno, nonostante tra le due città siano saltati pure i collegamenti via autostrada; per non parlare delle 11 ore e 21 minuti che servirebbero per andare in treno da Siracusa a Trapani. Una possibilità che in Sicilia nessuno prende nemmeno in considerazione.
Ma se questi sono gli estremi, pesanti difficoltà si riscontrano anche nei collegamenti principali. Perché da Palermo ad Agrigento, solo per fare un esempio, la domanda resta costantemente superiore all’offerta e decine e decine di pendolari rimangono ogni giorno in piedi? Sorbendosi pure la puzza di fogna sui convogli visto che, come spiega candidamente la stessa Trenitalia, alla stazione di Agrigento non si riescono a scaricare i liquami non essendo previsto lo svolgimento di questo servizio. Perché Rete ferroviaria italiana su questa tratta ha speso 70 milioni di euro negli ultimi dieci anni per ridurre di circa 20 minuti la percorrenza che invece oggi è aumentata di cinque minuti?
Naturalmente parte di queste risposte stanno negli investimenti mancati dell’ultimo decennio. I 2,08 euro per abitante spesi tra servizi (11,5 milioni) e acquisto di nuovi treni (93 milioni) in Sicilia gridano vendetta alla luce di quanto investito nel resto d’Italia: senza scomodare i 128 euro per abitante in provincia di Bolzano, basta citare i 16 euro per abitante della Lombardia, ma anche gli 8 euro della Puglia.
«La responsabilità di questa situazione è anche delle Regioni – sottolinea Legambiente nel rapporto – a cui da oltre 15 anni sono state trasferite risorse e poteri sul servizio ferroviario locale. In particolare le Regioni hanno la responsabilità di definire il contratto di servizio con i gestori dei treni. Una responsabilità che avrebbe dovuto portare a individuare risorse nel proprio bilancio da aggiungere a quelle statali per potenziare il servizio (ossia più treni in circolazione) e per il materiale rotabile (dunque i treni nuovi e/o riqualificati). Il problema è che in molte Regioni dopo i tagli statali non sono stati fatti interventi per recuperare le risorse». E la Sicilia è maglia nera. Se in media le regioni italiane hanno investito lo 0,33 per cento del proprio bilancio (con Lombardia e Alto Adige che superano l’1 per cento), la Sicilia si ferma allo 0,14 per cento.
Eppure, nonostante tutto nell’isola 42mila passeggeri al giorno hanno scelto il treno nel 2019. Un dato in forte crescita rispetto agli anni immediatemente precedenti ma che resta ancora sotto quello del 2011 (erano stati 44mila). Se si pensa che in Lombardia sono 800mila le persone che ogni giorno viaggiano in treno, in Toscana 240mila e in Puglia 140mila, è evidente come la strada da fare sia ancora molta.
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