La finta ‘sciarra’ tra Lombardo e Cracolici

Con molta probabilità, con l’aggravante di mafia notificata stamattina dalla magistratura al presidente della Regione, Raffaele Lombardo, la fine anticipata della legislatura è ormai segnata. Se il capo della giunta aveva in testa di non dimettersi il prossimo 28 luglio, dovrà togliersi questa idea dalla testa.

Lombardo si accinge a uscire di scena nel peggiore dei modi possibili. Il suo partito – l’Mpa – è allo sbando. Mentre la sua amministrazione accumula fallimenti su fallimenti.L’ultimo flop di peso è la vicenda Siremar, la società di navigazione che il presidente avrebbe voluto affidare a un gruppo di imprenditori trovati qua e là. Un’operazione ‘stoppata’ dalla Giustizia, che ora indaga su una vicenda dai contorni poco chiari.

Anche su questo fronte Lombardo ha dimenticato che è molto difficile entrare nei delicati quanto massonici equilibri di Messina a gamba tesa: ed è infatti dalla Città dello Stretto che è partito il ‘siluro’ che ha bloccato l’operazione Siremar in salsa lombardiana.

Per certi versi, la vicenda Siremar è un po’ il paradigma di uno stile di governo – quello di Lombardo e dei suoi assessori – avido e confusionario. Privo di un progetto politico, il Governo regionale è andato a sbattere su quasi tutti i fronti. L’ultima cosa che gli rimangono sono le nomine di sottogoverno. Il resto è un disastro politico, economico e sociale.

Ma se il presidente della Regione è messo male, gli altri partiti – di centrodestra e di centrosinistra – non sono messi meglio. Anzi. Il centrodestra sta provando a riunificarsi attorno all’asse Pdl-Pid. Ma deve fare i conti con Grande Sud di Gianfranco Miccichè, che oggi come ieri insegue un solo obiettivo: la candidatura alla presidenza della Regione.

La presenza di Miccichè quale candidato alla guida della Sicilia – senza avere alle spalle un’alleanza politica forte – è la garanzia che il centrosinistra siciliano parte avvantaggiato. Anche se da questa parte i problemi non mancano.

Il Pd siciliano è diviso. Di fatto, il capogruppo all’Ars, Antonello Cracolici, ha solo finto una ‘sciarra’ (dal siciliano sciarriarisi, litigare) con il presidente Lombardo. In realtà, Cracolici a tutto pensa, tranne che a fare opposizione al governo del quale fa parte, in barba al segretario regionale del suo partito, Giuseppe Lupo, che da settimane si balocca con improbabili mozioni di sfiducia al governo. .

Cracolici, ormai, è in piena campagna elettorale. Gira come una trottola tra assessorati regionali, Palermo e i Comuni della provincia (Madonie in testa). Promette, sistema, lottizza: insomma, dopo tutti i casini che ha combinato teme di non essere rieletto e gioca la sua grande scommessa sul sottogoverno. Ormai, più che un ex dirigente del Pci, sembra un democristiano doroteo.

E se l’Udc di Giampiero D’Alia – alleato indispensabile al centrosinistra per poter vincere le elezioni regionali previste per il prossimo ottobre – non ama molto Lombardo, c’è sempre pronto Giuseppe Lumia che, ormai, dai toni ecumenici che utilizza, sembra più un dirigente del partito di Casini che del Pd. Ed è anche logico: Lumia sa che, molto difficilmente, otterrà la ricandidatura alle elezioni nazionali nel suo partito: da qui la possibilità di ‘agganciare’ un posto nell’Udc: che è sempre meglio che restare a piedi.

D’Alia, da parte sua, dopo la disastrosa alleanza a Palermo con Pdl e Grande Sud (il flop di Massimo Costa candidato a Sindaco di Palermo), è diventato meno spigoloso. E, da buon moderato, propone un governo di larghe intese. Una mossa gettare un ponte verso quello che resta dell’Mpa e, magari, verso altri soggetti che oggi gravitano attorno a Lombardo: l’MPS di Riccardo Savona, Fli e anche l’Api. Del resto, ucendo di scena Lombardo questi tre partiti da qualche parte si dovranno collocare.

Ma anche nel centrosinistra, nonostante le divisioni del centrodestra, i conti non tornano. Cracolici, Lumia, il segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo e lo stesso D’Alia sanno che, per vincere, devono ‘agganciare’ tutti i partiti della sinistra, compresi i piccoli partiti, diventati più forti da quando il Pd si è alleato con Lombardo.

Sotto questo profilo, Cracolici, Lumia, Lupo e compagni hanno accusato il colpo di coda di Claudio Fava, leader di Sel, che candidandosi alla presidenza della Regione, di fatto, ha staccato il proprio partito dall’abbraccio ‘mortale’ con il Pd. Il messaggio di Fava è chiaro: Sel, in vista delle prossime regionali, si muove con le mani ‘libere’. Anche – se il caso lo imporrà – in solitudine con una propria lista. Che avrebbe buone possibilità – con lo stesso Fava capolista – di raggiungere il 5 per cento, che è la percentuale che serve per avere propri rappresentati nella prossima Assemblea regionale siciliana.

Un altro partito che rischia di togliere un bel po’ di voti al Pd è il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. A Palermo, alle recenti elezioni comunali, questo partito non avrebbe raggiunto per un soffio il 5 per cento (anche se sui risultati elettorali di Palermo per l’elezione del Consiglio comunale non c’è stata molta chiarezza: anzi). Alle regionali dovrebbe andare meglio.

Ma la vera incognita, per Cracolici, Lumia, Lupo e per lo stesso D’Alia è il Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Che, fino ad oggi, si è guardato bene dal muovere le proprie pedine. Stando a indiscrezioni, Orlando si muoverebbe sotto traccia. Per dare vita a un’alleanza larga al di fuori dei partiti tradizionali. Si sa per certo che la Federazione della Sinistra dovrebbe essere della partita. Anche se non si escludono altre alleanze. Con altri partiti della sinistra e con soggetti che – lo ripetiamo – non hanno nulla a che vedere con la politica tradizionale.

La sensazione è che, questa volta, i candidati forti alla presidenza della Regione siciliana potrebbero essere più di due. Cosa, questa, che metterebbe in seria difficoltà Pd e Udc.

 

Giulio Ambrosetti

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