«Il bastione degli infetti è nascosto, oppresso da case popolari, costruzioni pericolanti, viuzze e persino centri di macellazione abusiva della carne. La nostra idea è accendere i riflettori su questo bene, scommettendo anche sulla sua vittoria come Luogo del cuore Fai». Continua l’iniziativa dei residenti del comitato popolare Antico Corso e non solo per valorizzare l’opera, tra le poche testimonianze rimaste della Catania del ‘500, per lo più sconosciuta ai cittadini. Il prossimo appuntamento, venerdì e sabato, sarà una festa: giorno 4 si comincia nel pomeriggio con il laboratorio di burattini con Manomagia, la conferenza di presentazione del Fai Catania e il concerto della band blues e soul South a’ jatta. L’indomani è previsto lo spettacolo medievale della Compagnia ferro e fuoco – al mattino e al pomeriggio – insieme a un workshop di disegno e l’esibizione dell progetto tra musica e parole Koncerto dell’anno dopo.
«L’ultima volta che è stato possibile visitarlo mi pare fosse il 1999, per una giornata Fai – ricorda Elvira Tomarchio – Allora alzarono anche un cestello per vederlo dall’alto». Da quel momento, però, sul bastione girano solo leggende. «C’è chi è convinto che ci fossero “quelli malati, con le ossa seppellite là”», sorride. Ma, sebbene la torre del Vescovo venne usata in passato come lazzaretto, la struttura resta uno dei segni tangibili delle fortificazioni cittadine, parte delle mura volute da Carlo V di Spagna. «Una testimonianza importante, che è arrivata fino a noi perché è stata risparmiata dalla colata del 1669», continua Tomarchio. Ma che oggi non viene valorizzata. Eppure, «riappropriarsi degli spazi e della strada è fondamentale, diminuisce anche la percezione di paura delle persone».
«A Catania è mancata l’intelligenza e si è scelto di favorire il decadimento del quartiere, in cui l’università ha avuto un ruolo importante», spiega Salvo Castro, presidente del comitato Antico Corso. Troppo spesso slegata dal tessuto sociale su cui ricade con più dipartimenti: Scienze umanistiche ai Benedettini e Giurisprudenza a villa Cerami. «Noi invece vorremmo creare occasioni in cui il quartiere possa trovarsi e riconoscersi – spiega Tomarchio – Fare del bastione degli infetti il proprio luogo simbolo con le sue tradizioni». Magari anche riprendendo il tavolo tra il comitato dei residenti, l’università, il Comune e la Sovrintendenza avviato anni fa dal sindaco Umberto Scapagnini.
Ma la strada è ancora tutta da percorrere e, in assenza di un intervento della Regione siciliana – che ha acquisito il bene con l’assorbimento dell’Ipab Marianna Magrì, ex proprietario – potrebbe passare per l’elezione del bastione a Luogo del cuore Fai, utilizzando i contributi che arriverebbero per rendere di nuovo fruibile la struttura. Per questo, l’immagine scelta per la campagna è un mezzo cuore. «Il resto dobbiamo mettercelo noi – continua Elvira Tomarchio – e far capire che questo luogo può diventare una piazza, un giardino, un luogo di esposizione o laboratori». «Non vogliamo diventare i proprietari del bastione degli infetti, ma riappropriarci di uno spazio nostro, dei cittadini – conclude Salvo Castro – Senza aspettare che siano gli altri, questi misteriosi iddi che si nominano sempre, a muoversi. Non è più tempo di delegare».
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