«La febbre alta e una tosse che mi lascia senza fiato» Ma in Francia non le fanno il tampone. «Come zombie»

«Sabato, dopo giorni di febbre alta, mi sono svegliata senza respirare, la tosse mi stava devastando e succhiavo letteralmente l’aria». Ma questo, per Cinzia Ciprì, non è stato ultimamente l’unico risveglio di questa portata. Palermitana che da tre mesi vive a Bordeaux, in Francia, teme di avere contratto il Coronavirus. Al primo sospetto ha mantenuto comunque la lucidità, premurandosi di seguire il protocollo e di attivarsi per capire la sua situazione. “>Ho chiamato per prima cosa il mio medico di Palermo, che mi ha detto che ho i sintomi del Coronavirus – racconta la ragazza a MeridioNews -, quindi che dovevo subito contattare il numero predisposto per avvisare e seguire la procedura, così ho fatto. Al numero 15 francese mi hanno fatto un’intervista e mi hanno detto che, se non potevo dimostrare di essere entrata in contatto con contagiati, non mi prendevano in carico. Ho chiesto dunque cosa dovevo fare perché non respiravo e hanno detto che non è di loro competenza».

Cinzia, però, prova a non scoraggiarsi. E continua a cercare risposte più chiare. «Siccome io comunque stavo male, ho richiamato in Italia il pronto soccorso di Vercelli dove c’è una mia amica dottoressa che lavora in guardia medica – racconta ancora -, mi ha inviato tutte le indicazioni, io poi le ho girate al mio medico curante, lui ha confermato la procedura da seguire. Mio padre, in seguito, è andato a prendere tutto il necessario per attutire i problemi, ha fatto il pacco e mi ha inviato con spedizione urgente delle medicine e ora finalmente, dopo 10 giorni di febbre e un mese di malesseri generali, la febbre non c’è più, ma rimangono tutti gli altri sintomi che non riesco a fermare». Cinzia, infatti, continua a stare male. E a temere per la reale portata delle sue condizioni. A preoccuparla, però, non è solo il suo attuale stato di salute, ma anche quello di altri connazionali che conosce e che come lei si trovano in Francia. E che, sempre come lei, si sono visti rifiutare il test del tampone di fronte a sintomi simili e, in alcuni casi, anche peggiori. Che, è bene sottolinearlo, non negano solo agli italiani, ma anche ai francesi, a sentire Cinzia. 

«Non fanno il tampone a nessuno. Leggo articoli che parlano di francesi che raccontano la stessa identica scena: il medico che dice di andare a casa a farsi miele e limone – dice -. E Consolato, Ambasciata e Farnesina non rispondono al telefono. Fra pochi giorni qua saranno tutti zombie, quello che sta succedendo è gravissimo». La sensazione di Cinzia è di essere in pratica abbandonata a se stessa, di poter contare sulle sue sole forze. Intanto non si dà pace e continua a chiedersi le ragioni di questo atteggiamento. «Penso che sia per via delle elezioni che si svolgeranno questo weekend – ipotizza -, infatti Macron ha detto che darà altre indicazioni ma lunedì, anche le scuole saranno chiuse da lunedì». E quelli come Cinzia, nel frattempo, cosa dovrebbero fare? «Rispondono che tanto è un’influenzina ed è normale che non ci diano assistenza, che dobbiamo andare dal medico. Peccato che io il medico qui non ce l’ho – dice ancora -, non mi hanno fatto la card vitale, non la danno facilmente. Io sono qui da 3 mesi, finora sono stata aiutata dall’Italia, non dai francesi».

Con le medicine spedite dal padre è riuscita un po’ a riprendersi, ma non del tutto. Ci sono sintomi, come quelli respiratori, che ancora persistono e la preoccupano. «Io ho avuto mio padre che ha la disponibilità economica per accollarsi una spesa enorme in medicine e per pagare 95 euro di spedizione internazionale urgente, ma gli altri? – si domanda -. Temo che i casi che dicono di avere siano solo quelli molto gravi e che i malati qua sono molti di più ma non fanno controlli. “C‘est une grippette”, dicono, un’influenza. Intanto io ho una connettivite, significa che i miei anticorpi, se sollecitati, attaccano gli altri organi perché non sanno come comportarsi, gli manca l’informazione corretta». Nel frattempo, anche il suo compagno ha iniziato a manifestare alcuni sintomi, ma al momento in maniera più lieve. Condizione che aumenta le preoccupazioni di Cinzia, che tra l’altro sa bene di non essere l’unica in questa condizione. «Io per ora ho i medicinali e la febbre, che ha superato anche i 39 gradi, è scesa. Però sento di non respirare bene, ho una tosse che mi lascia senza fiato, un senso di spossatezza che non avevo mai visto. Ma non sono l’unica».

Il caso di un’altra donna, purtroppo, le dà ragione. «Ad oggi resta un po’ di febbre che va e viene, continuo a prendere la Tachipirina. Ma da stamattina ha la febbre a 38 anche mio figlio, che non ha ancora due anni e soffre d’asma come me, mentre mio marito ha iniziato anche lui a tossire». A parlare a MeridioNews è Alessia Virgili, 39enne che da quasi sei anni ormai vive anche lei a Bordeuax, insieme al marito e al figlio. Lei lavora in un negozio di abbigliamento per bambini. Ed è lì che martedì si è improvvisamente sentita male: «Ho avvertito i brividi e ho sentito la febbre salire – racconta -. Io mi tengo aggiornata, mi informo e alla luce di quello che sta succedendo ho pensato fosse meglio tornare a casa». Come Cinzia, anche lei contatta il numero delle emergenze, spiegando i suoi sintomi. La mattina dopo sul pianerottolo di casa sua c’erano i vigili, senza mascherine né guanti, che non avevano forse capito la situazione. Alessia, di fatto, arriverà poco dopo in ospedale già intubata a causa di una forte crisi respiratoria.

«Mi hanno fatto una radiografia ai polmoni e le analisi del sangue – spiega -, ho chiesto di poter fare il test, ma mi hanno detto che non essendo stata in contatto con casi conclamati, non avendo viaggiato e non essendo in uno stato grave di salute non me lo avrebbero fatto. E anche se soffro d’asma, secondo loro non rientro in una patologia cronica tale per cui sono a rischio. Secondo me è una cosa grave, soffro d’asma da 4 anni e ho un trattamento di base che non devo mai smettere di seguire, non è una malattia cronica con difficoltà respiratoria? Sono arrivata lì con l’ossigeno». Così la dimettono, senza che possa neppure chiedere ulteriori chiarimenti a un medico e senza che nessuno le abbia spiegato, dice, cosa ci fosse nei suoi polmoni. «Devo immaginare che vada tutto bene, nel referto del pronto soccorso non c’è scritto quello che mi hanno fatto. Non mi hanno dato un trattamento, mi hanno detto di consultare il mio medico curante e mi hanno messa in malattia fino al 25 marzo. Che, guarda casa, facendo i conti sono i 14 giorni canonici della famosa quarantena. Quindi che significa, che non mi fanno alcun tampone, ma mi mettono implicitamente in quarantena? Questo è come mettendo la polvere sotto al tappeto».

Sono tante le perplessità e le domande di Alessia, che finora ha trovato un canale di interlocuzione aperto solo col proprio medico di base, che le ha detto di raggiungerlo oggi in ambulatorio per una visita. «Nel referto dell’ospedale c’è scritto sindrome virale più tosse, ma io mi sono presentata intubata per una crisi respiratoria, non mi sembra che quello che c’è scritto corrisponda esattamente alla realtà. Il mio medico ha provato a rassicurarmi, ma insiste per andare da lui munita di mascherina, perché la gente fino ad ora ha fatto così, compresa quella con la febbre. Farò così, valuterò anche per mio figlio in base all’evolversi della situazione, ma non sono molto fiduciosa e non mi sta piacendo per niente come finora hanno gestito tutto – rivela -. Noi cittadini non abbiamo dati, non girano le cifre dettagliate di cui si parla Italia. Per questo non son tranquilla».

Silvia Buffa

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