La crisi finanziaria del Teatro Biondo Stabile di Palermo «Si sacrificano i lavoratori per fare ingrassare le banche»

La crisi finanziaria che investe Regione e Comuni rischia di trascinare nel baratro le attività culturali. E’ il caso del Teatro Biondo Stabile di Palermo che va avanti tra enormi problemi finanziari. In attesa che arrivino i fondi pubblici, il Teatro di prosa del capoluogo dell’Isola si indebita con il sistema bancario. Pagando, solo di interessi, circa 200 mila euro all’anno. 

Così, almeno, sostiene il capogruppo di Italia dei valori al Consiglio comunale di Palermo, Filippo Occhipinti. 

Quello che sta succedendo al Biondo è un effetto a catena che interessa quasi tutte le attività culturali. Bruxelles impone politiche restrittive ai Paesi che hanno aderito all’euro. I Governi di questi Paesi – e il Governo Renzi rientra tra questi – tagliano risorse alle Regioni e ai Comuni (le Province, ormai, sono state inghiottite dalla crisi e abolite, resistono solo in Sicilia, ma sono commissariate e senza soldi). Regioni e Comuni, a propria volta, aumentano le tasse locali e tagliano servizi ai cittadini. Comprese le attività culturali.

Il Teatro Stabile di Palermo rientra in pieno in questa catena dell’oscurantismo economico e finanziario. Dovrebbe poter contare su contributi pari a 5 milioni e mezzo circa: 3 milioni di euro dalla Regione siciliana, 1 milione e 750.000 euro dal Comune e 800 mila euro circa dal Ministero per le attività culturali. Un tempo c’erano anche i contributi della Provincia di Palermo ormai commissariata e lasciata in bolletta.

Di questi 5 milioni e mezzo, però, nelle casse del Teatro sono arrivati un milione e mezzo di euro circa dalla Regione e una minima parte dei fondi del Comune. 

Ma se i contributi non arrivano, bisogna comunque pagare le spese: un milione e 100 mila euro circa per la stagione e 2,4 milioni di euro circa per il personale. Poi ci sono le spese di gestione e gli interessi per il deficit patrimoniale che ammonta a circa 3 milioni di euro. Morale: i costi superano le entrate. Da qui il ricorso all’indebitamento.

«Si sono chiesti sacrifici ai dipendenti del Biondo – dice Filippo Occhipinti – tagliando o eliminando parte del salario integrativo e, nonostante questo, l’amministrazione del Teatro deve fare ricorso a prestiti bancari per pagare le spese. Ben 3,2 milioni di euro di prestiti che fanno maturare interessi da pagare per oltre 200 mila euro all’anno. Si toglie ai lavoratori per dare alle banche. E questo è inaccettabile».

«Questa follia gestionale – prosegue il capogruppo di Italia dei Valori a Sala delle Lapidi, sede del Consiglio comunale di Palermo – è frutto dei ripetuti ritardi con cui la Regione e il Comune inviano i contributi di loro competenza: la Regione, per il 2014, deve ancora dare circa un milione e mezzo di euro, e un altro milione e mezzo deve arrivare dal Comune di Palermo. Chiedere pesanti sacrifici ai lavoratori avrebbe un senso se si pensasse di rilanciare il Teatro per rendere più sicuro il loro futuro, non certamente per fare ingrassare le banche. La Regione e soprattutto il Comune, che nel passato si è sempre mostrato attento alle maestranze del Biondo, paghino quanto devono per eliminare queste storture. Non carichiamo sempre i tagli sui chi lavora e lo fa anche bene».

In effetti, il Biondo, con la gestione del direttore artistico Roberto Alajmo ha triplicato gli spettatori, tra abbonamenti e botteghino. I risultati ci sono. Ma i tagli sono diventati insopportabili.

Chiediamo lumi anche ad Aurelio Scavone, capogruppo del Mov 139 al Consiglio comunale, il Movimento vicino al Sindaco, Leoluca Orlando. «Non so di preciso se il Comune ha già erogato i fondi al Teatro Biondo – dice Scavone – ma so che il Bilancio approvato di recente prevede lo stanziamento per lo Stabile. Il Comune farà la propria parte. I problemi li sta creando la Regione».

Giulio Ambrosetti

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