La città metropolitana di Catania perde pezzi. Acireale fuori. Il Sindaco Garozzo: “È una legge truffa”

COM’ERA PREVEDIBILE, LA LEGGE SULLA ‘RIFORMA’ DELLE PROVINCE APPROVATA DI RECENTE DALL’ARS COMINCIA A SBRICIOLARSI. NEL CATANESE UN GRANDE COMUNE SI DISSOCIA. “CI CHIEDONO DI SCEGLIERE A SCATOLA CHIUSA”, DICE IL PRIMO CITTADINO. ED E’ ANCHE LOGICO: LA CITTA’ ETNEA HA UNA SOLA ESIGENZA DA ‘GRANDE METROPOLI’: RISANARE I PROPRI BILANCI A SPESE DI CHI GLI CAPITA A TIRO…
ARTICOLO TRATTO DA CTZEN.IT

di Salvo Catalano

La città metropolitana di Catania perde il primo pezzo. Ed è un carico pesante. Il consiglio comunale di Acireale ha votato ieri all’unanimità l’uscita dall’area che fa riferimento al capoluogo etneo e comprende altri 26 comuni. Un voto scontato, ma atteso. Il primo passo verso la probabile creazione di un nuovo consorzio che potrebbe riunire gli altri paesi delle Aci. Che sia solo la prima mossa è evidente dalle dichiarazioni del sindaco di Acireale, Nino Garozzo, che ha subito chiamato «le città consorelle ad analoghe decisioni, al fine di costruire un futuro comune che salvi le identità e promuova i territori, non con rapporti di forza ma attraverso il confronto paritario tra comunità che ne esalti lo sviluppo». Acicastello e Acicatena stanno seguendo la stessa strada: la delibera di giunta per lasciare Catania è stata approvata e nelle prossime settimane verrà discussa dai consigli. «Ci chiedono di scegliere a scatola chiusa, è una legge pessima per ragioni giuridiche, perché rinvia ormai a tempo scaduto la determinazione delle competenze e dei rapporti istituzionali tra i Comuni», aggiunge Garozzo.

La nuova conformazione della Sicilia, con tre aree metropolitane – Palermo, Catania e Messina – e nove liberi consorzi è stata definita appena un mese fa dal disegno di legge del governo Crocetta, approvato dall’Assemblea regionale siciliana. In attesa di una nuova norma, prevista per il prossimo autunno, che definisca le competenze dei nuovi organi, la legge dà la possibilità ai singoli Comuni di scegliere in quale consorzio o città metropolitana stare. Se la decisione riguarda la permanenza o la fuoriuscita da un libero consorzio, deve essere sottoposta a referendum. Se, come nel caso di Acireale, si tratta di scegliere in merito alla città metropolitana, basta il voto del consiglio comunale.

«Acireale – sottolinea il sindaco Garozzo – ha dato una risposta chiara in termini di compattezza contro una legge truffa. Non è una decisione contro qualcuno, ma per la città e per il territorio». Nessuno insomma intende rinunciare alla propria identità. E, tra lotte mai sopite tra i campanili e scenari futuri ipotizzati dagli analisti, la soluzione del puzzle sembra ancora lontana. Al momento i Consorzi coincidono territorialmente con le vecchie province, mentre i limiti delle città metropolitane di Palermo, Catania e Messina sono determinati dal decreto del presidente della Regione del 10 agosto 1995. Per quanto riguarda l’area metropolitana del capoluogo etneo rientrano 27 comuni. Il primo cittadino di Acireale, proprio a proposito della legge del ’95, ricorda che «allora era stata individuato nella provincia l’ente che avrebbe dovuto coordinare e dirigere le nuove città metropolitane, un organo terzo dunque. In quel caso – aggiunge – Catania fece ricorso alla Corte Costituzionale, perché avrebbe sarebbe venuto meno il suo ruolo decisionale. Perse il ricorso, ma la riforma non entrò mai in vigore».

Uscendo dall’area metropolitana, Acireale rientra automaticamente nell’unico consorzio attualmente esistente che coincide con la ex provincia. Adesso servirà aspettare le decisioni degli altri comuni limitrofi. Per la creazione di un nuovo consorzio servono minimo 180mila abitanti. La decisione deve inoltre essere approvata dalla maggioranza qualificata dei consigli comunali e sottoposta a referendum, che va indetto, a spese dei comuni, entro sei mesi a partire dall’approvazione dell’Ars. «Il legislatore ha posto tutti gli ostacoli possibili, ma ce la faremo – annuncia Garozzo – Il presupposto da cui partire è che le Aci devono stare insieme, ma da sole arrivano a 140mila abitanti. Per questo vogliamo realizzare qualcosa di più ampio». Sei mesi, però, sono pochi. Se le cose non dovessero andare così, resterebbe l’opzione B, rimanere cioè nella situazione attuale, dentro il megaconsorzio che al momento contiene tutti i comuni della provincia, esclusi i 26 della città metropolitana. «Sarebbe comunque meglio di stare con Catania – conclude il sindaco di Acireale – almeno potremmo tutti guardarci negli occhi con pari dignità».

Redazione

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