Un’occupazione lampo, durata poco più del vertice libico che si è tenuto lunedì e martedì a Villa Igiea. E che proprio da quell’appuntamento ha preso spunto. La discussa occupazione della palazzina in via Libertà, a fianco del Giardino Inglese, è durata appena quattro giorni. Questa mattina i sei attivisti anarchici che erano entrati nella struttura comunale, abbandonata da più di tre anni, hanno deciso di lasciare la palazzina liberty che si trova nel cuore del salotto buono della borghesia palermitana, di fronte all’Hotel Mercure e all’inizio di via Libertà. Sede fino al 2015 di una postazione anagrafica decentrata, «l’immobile era stato restaurato ed era pronto da tre anni per essere riutilizzato. Nonostante i nostri solleciti – ha affermato nei giorni scorsi il presidente dell’ottava circoscrizione Marco Frasca Polara – l’amministrazione in tutto questo tempo l’ha tenuto chiuso. Un danno ai cittadini ma anche uno spreco di risorse visti i soldi spesi per il restauro».
Eppure quando vuole il Comune di Palermo sa essere rapidissimo. È lunedì sera quando il gruppo di anarchici apre ufficialmente alla città le porte dello spazio occupato, dopo che nei giorni scorsi gli attivisti avevano dovuto abbandonare in fretta e furia la comune libertaria in cui vivevano da tre anni a Vicari. Dopo l’esondazione del fiume San Leonardo, infatti, gli spazi di quell’immobile sono ancora completamente inutilizzabili. Gli anarchici e le anarchiche della comune, rimasti senza un tetto sulla testa, decidono dunque di tornare a Palermo e di occupare, come raccontano in una nota, «un bene comunale abbandonato per rispondere alle esigenze del territorio, per farne un luogo di libertà e partecipazione di soggettività e linguaggi diversi e soprattutto un centro dove sperimentare pratiche di vita comunitaria nell’era dell’individualismo egoistico ed alienante. È così che nasce lo spazio Kaos. Caos è la prima cosa che viene in mente quando si parla di anarchia, vedendo quest’ultima come assenza di regole. Quando, al contrario, è l’autodeterminarsi sull’etica di non causare danno a terzi e soprattutto fonda le sue basi sul detto la propria libertà finisce quando comincia la libertà dell’altro».
Il giorno scelto per l’annuncio del nuovo spazio non è casuale: avviene infatti poco dopo il corteo contro la conferenza sulla stabilizzazione libica, che ha visto insieme una rete eterogenea di comitati, partiti associazioni e centri sociali. Gli attivisti e le attiviste di Kaos trovano il vecchio municipio in condizioni tutto sommato discrete: certamente in stato di abbandono, ma con gli infissi in buone condizioni e la fornitura di energia elettrica. E contano sul fatto che le forze dell’ordine saranno impegnate all’interno dell’imponente macchina organizzativa ancora impegnata nella realizzazione del vertice di Villa Igiea. Invece già martedì mattina il Comune tenta di correre ai ripari: prima con l’arrivo della polizia municipale, poi inviando al Kaos un paio di funzionari. Che rilevano come «il bene è stato destinato da settembre ad un servizio di pubblica utilità destinato a minori non accompagnati presenti sul territorio – spiegano gli attivisti – Si attendevano soltanto i lunghi e farraginosi passaggi burocratici che rendono una chimera la realizzazione di un servizio già ben strutturato e organizzato. Casualmente quella stessa firma tanto attesa e desiderata arriva proprio il 13 novembre e scatta l’urgenza di liberare i locali per far partire i lavori di ristrutturazione necessari».
Il giorno successivo, cioè ieri, viene dunque notificata la richiesta di sgombero agli occupanti e nel pomeriggio viene pure staccata la luce. Con la successiva assemblea che si tiene a luce di candela. «Si dice che le istituzioni dovrebbero garantire il rispetto dei diritti civili, politici e sociali dei membri del nostro ordinamento giuridico – sottolineano i militanti di Kaos – Davanti ad un gruppo di persone rimaste senza casa, che per i loro ideali rivendicano la liberazione di uno spazio abbandonato e che subito fanno un passo indietro davanti ai bisogni di altri membri della comunità, la risposta è il rifiuto, la negazione di un bisogno, l’ignorante un’esigenza individuale e al contempo collettiva. Da anarchici abbiamo un’ulteriore conferma di non poter contare sulle aree di potere per essere protetti, tutelati. Intanto ci chiediamo perché gli assessori in carica come Giuseppe Mattina, responsabile delle attività sociali, non si siano presentati direttamente all’assemblea e abbiano delegato dei dipendenti per affrontare una questione così importante. Per non essere loro a girare le spalle a cittadini in situazione di bisogno? Inoltre, pacificamente, si decide di fare un passo indietro per evitare inutili e insensate guerre tra poveri e ci si propone di monitorare collettivamente tale servizio. Ma nessuno si chiede dove dormiranno gli occupanti?».
L’assessore Mattina, tirato in ballo dagli anarchici, tenta comunque di gettare acqua sul fuoco. «Innanzitutto li ringrazio, perché hanno liberato lo spazio quando hanno saputo dell’utilizzo che ne faremo – dice – Certamente il Comune deve impegnarsi di più sugli spazi abbandonati. Già il 21 agosto avevo chiesto la disponibilità dell’immobile di via Libertà, poi il tempo è passato tra sopralluoghi, verifiche e contese con altri assessorati. Lo spazio sarà la sede della casa dei diritti, visto che finora non ha avuto un luogo fisico ma sostanzialmente si racchiudeva nella stanza del mio assessorato. Sarà rivolto a persone che si occupano di facilitare l’esercizio dei diritti, minori non accompagnati che diventano maggiorenni, persone con disabilità, migranti che dopo il decreto Salvini rischiano di diventare clandestini. La casa dei diritti potrebbe essere attiva già da lunedì».
L’esito finale della breve occupazione, in ogni caso, non convince tutti. «Si chiude una brutta pagina, l’amministrazione ne esce male, dovrebbe fare autocritica – dice Marco Frasca Polara – Sono stati sprecati tre anni e risorse economiche. L’immobile è stato abbandonato nonostante i soldi spesi per il restauro finito nel 2015 e adesso ce ne vorranno altri per riaprirlo. I nostri solleciti in questi anni non sono serviti a niente»
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