Italkali, la Regione ha venduto il 51%

La Regione siciliana avrebbe venduto il 51 per cento del pacchetto azionario dell’Italkali. La notizia non è ancora confermata, ma l’indiscrezione che circola da qualche giorno non dovrebbe essere smentita.  Parliamo di un’operazione a ‘nove zeri’, visto che di mezzo c’è una società – con sede in Sicilia – che opera nel settore minerario, conosciuta in tutto il mondo. Non si sa chi ha rilevato la maggioranza delle azioni del gruppo. Anche se – stando sempre a indiscrezioni – si tratterebbe di un gruppo nel quale sarebbero presenti italiani e stranieri. La vendita -questo va da sé – sarebbe stata decisa dal governo della Regione.

Attualmente, oltre al socio Regione siciliana con il già citato 51 per cento ormai venduto, le restanti azioni della società sono così divise: il 24 per cento, o giù di lì, alla Minco, gruppo che fa capo all’avvocato Francesco Morgante; 8 per cento a un gruppo francese (questo 8 per cento faceva capo ad imprenditori siciliani che, quattro anni fa, hanno deciso di vendere); mentre il restante 17 per cento è diviso tra una pluralità di soggetti pubblici e privati.

In base ai vecchi patti parasociali i privati giocano un ruolo centrale. La Regione esprime tre consiglieri di amministrazione su cinque, compreso il presidente della società. Mentre ai privati vanno due consiglieri di amministrazione compreso l’amministratore delegato. Ruolo che è stato fino ad oggi ricoperto dall’avvocato Francesco Morgante (il figlio di quest’ultimo, Enrico, è componente del consiglio di amministrazione).

Ora, con l’arrivo dei nuovi soci di maggioranza, le cose potrebbero cambiare.

L’Italkali vede la luce nei primi anni ’80 del secolo passato, sulle ceneri dell’Ems-Sams. Ed è proprio allora che viene decisa la ripartizione delle azioni: 51 per cento alla Regione siciliana e 49 per cento a un gruppo di privati capeggiato dall’avvocato Morgante.

L’avvocato Morgante è un personaggio che ha scritto pagine importanti nella storia della Sicilia mineraria, dal secondo dopoguerra fino ai nostri giorni. Agrigentino di Grotte, comincia a muovere i primi passi nello studio dell’avvocato Errico La Loggia, uno dei padri nobili dell’Autonomia siciliana. Agrigento, insieme con Caltanissetta e Enna, è una zona di miniere. Un mondo che appassiona il giovane avvocato, che a questo settore, da imprenditore, dedicherà la sua vita.

Morgante ha praticamente vissuto tutta la stagione mineraria della Sicilia dalla fine degli anni ’40 fino ad oggi. Ha visto l’agonia delle miniere di zolfo negli anni ’50 (che, in realtà, sono sempre state gestite male sotto il profilo tecnologico e imprenditoriale). Poi la vendita delle stesse miniere alla Regione nei primi anni ’60. E la nascita dell’Ente minerario siciliano voluta da uno de leader della Dc siciliana dell’epoca -nonché uomo di Enrico Mattei in Sicilia – Graziano Verzotto.

Morgante ha gestito miniere di salgemma e di kainite (una sostanza dalla quale si estrae il solfato di potassio).

Nei primi anni ’80, come già ricordato, dà vita, assieme ad altri soci privati e alla Regione, all’Italkali. La società opererà per anni sia nell’estrazione e commercializzazione del salgemma (la miniera di Realmonte, in provincia di Agrigento, e una seconda miniera sulle Madonie), sia nell’estrazione e nella lavorazione della kainite nella miniera di Pasquasia, in provincia di Enna.

La miniera di Pasquasia – forse uno dei più grandi giacimenti di kainite d’Europa – chiuderà i battenti alla fine degli anni ’80 dopo aspre polemiche.

Difficile stabilire la verità sui misteri della miniera di Pasquasia. Si è parlato di inquinamento. Ma anche di pressioni esercitare dalla Germania, Paese leader nel mercato dei sali potassici. Agli atti dell’Assemblea regionale siciliana rimane un discorso pronunciato a Sala d’Ercole, alla fine degli anni ’90, dall’allora parlamentare regionale di Alleanza nazionale, Guido Virzì, che denunciava le pressioni di un grande gruppo tedesco sulla Sicilia.

Un fatto è certo: chiusa la miniera di Pasquasia, è cessata l’estrazione di kainite in Sicilia. In verità, i vertici di Italkali hanno più volte provato a rilanciare il tema, senza grande successo.

Ora c’è una novità – che dovrebbe essere degli ultimi mesi, o forse dell’ultimo anno: la scoperta di un’importante vena di kainite dalle parti di Realmonte dove, come già accennato, Italkali opera nell’estrazione del salgemma. Secondo indiscrezioni, sarebbe stata proprio la scoperta di questa vena di kainite in provincia di Agrigento ad accelerare la vendita del pacchetto di maggioranza di Italkali.

Va ricordato, per la cronaca e ormai per la storia, che il tentativo di privatizzare l’Italkali va avanti dall’autunno del 1997, quando viene varato il regolamento per avviare la liquidazione di Ems (Ente minerario siciliano), Espi (Ente siciliano per la promozione industriale) e Azasi (Ente asfalti siciliani). Il 1998 è l’anno in cui gli enti economici storici della Regione (i citati Ems, Espi e Azasi) vengono soppressi. Inizia allora la liquidazione delle società, che facevano capo a questi tre enti, che è ancora in corso.

Sulla vendita del pacchetto azionario di maggioranza di Italkali i governi regionali sono andati sempre con i piedi di piombo. Per evitare che il grande affare della kainite – perché tutta la partita si gioca sui solfati – finisca per portare valore aggiunto fuori dalla Sicilia. Almeno in questo i governanti hanno provato a non essere troppo ‘ascari’.

Ora,come un fulmine al ciel sereno, è arrivata la notizia della vendita del 51 per cento del pacchetto azionario di Italkali. Con molta probabilità, con questa vendita, si chiude un’epoca. E se ne apre un’altra che potrebbe essere di sviluppo per la Sicilia, là dove si dovesse decidere di rilanciare l’estrazione della kainite. Anche se bisognerà capire se verrà giocata la partita dei solfati. E, in questo caso, chi la gestirà e come verrà gestita.

Foto tratta da perlacittà.it

Giulio Ambrosetti

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