Istruzione, prof e studenti in piazza a Catania «Dateci una scuola che sia buona davvero»

«Signore, volete comprare i fischietti per la protesta?», domanda il titolare di un’edicola di corso Italia a un gruppo di donne sulla cinquantina. Le possibili acquirenti sono delle insegnanti, hanno il passo spedito e si dirigono verso piazza Europa per partecipare allo sciopero generale della scuola indetto dalle sigle sindacali Flc, Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda. «Non ne abbiamo bisogno, urleremo come se fossimo dannate per l’eternità», risponde la più giovane della formazione. Poco più in là un uomo inveisce contro un vigile urbano intento a deviare il traffico. «Non si può bloccare la città in questo modo, io devo andare a lavorare», fa valere le sue ragioni l’automobilista. L’agente è categorico: «Non possiamo fare passare nessuno perché in fondo c’è il corteo. E poi ‘mbare, il Comune ieri ha consigliato di evitare di raggiungere il centro con la macchina», spiega il vigile.

Un attimo dopo un grande boato di voci annuncia la partenza del corteo di protesta contro il disegno di legge che intende riformare l’istruzione italiana, la cosiddetta Buona scuola. A sfilare sotto il sole cocente sono insegnanti di ruolo, precari, personale Ata e anche studenti perché «il disegno di legge non sta bene a nessuno e l’unica soluzione è l’abrogazione», s’arrabbia un insegnante di lettere al microfono della camionetta bardata di bandiere della Cgil. I manifestanti partono da piazza Europa e sfliano sino a piazza Roma, attraversando con cori ed elogi per la democrazia e la libertà corso Italia e viale XX settembre. «Uno, due, tre, quattro, cinque, dieci, cento passi», cantano i ragazzi – parafrasando la canzone I cento passi dei Modena city ramblers -, e tengono il ritmo ai loro insegnanti che sono più preparati sulle note de La libertà di Giorgio Gaber. E se gli studenti più grandi riescono a comprendere l’assenza in aula dei loro docenti, per i più piccoli delle scuole primarie «non c’è problema, abbiamo spiegato a loro e ai loro genitori che oggi scendiamo in piazza per difendere tutti quelli che a scuola non insegnano solo la matematica, la storia o le lingue straniere», commenta un’insegnante.

Accanto a lei – che preferisce rimanere nell’anonimato -, c’è una collega che spinge il passeggino dove sta la figlia di qualche anno. «Non avevo nessuno a cui lasciare la bambina e le baby sitter costano troppo per le mamme che hanno uno stipendio come il mio», commenta. La mamma-insegnante sta nell’ultima fila del corteo, nella parte occupata dalle bandiere del sindacato Cobas. I militanti che si riparano all’ombra di quelle bandiere sono i più agguerriti. Non sono stati invitati a parlare sul palco allestito un piazza Roma – laddove ha fine il corteo – e hanno annunciato di volersi spingere fino a piazza Università per una protesta dentro la protesta. «Avevamo proposto un corteo unitario a tutti i sindacati ma non so per quale ragione ci hanno comunicato che non potevamo salire sul palco», racconta uno dei referenti, Nino De Cristoforo. «Secondo me ce l’hanno impedito perché alcuni di loro sono disponibili ad alcuni emendamenti sul ddl mentre per noi la Buona scuola va ritirato totalmente», conclude De Cristoforo.

«Ogni tanto si possono creare delle incomprensioni tra le varie sigle sindacali – commenta Pina Palella della Cgil – Ma quello che conta è che oggi siamo tutti uniti e stretti in queste strada per chiedere cose precise». La responsabile formazione della sezione etnea del sindacato fa un elenco: «Non bisogna assegnare troppo potere ai presidi delle scuole, bisogna assumere i precari ed evitare che si creino scuole di serie A e di serie B. La Buona scuola di Matteo Renzi fa tutto il contrario».

Sta in un angolo a registrare quello che vede su un taccuino Emanuele Intruglio, uno studente diciottenne del liceo scientifico Boggio Lera di Catania. «Oggi teoricamente la protesta dovrebbe essere solo dei professori e mi colpisce vedere che molti dei miei compagni di scuola sono al loro fianco a protestare», commenta Intruglio. I suoi coetanei nel frattempo distribuiscono volantini sui parabrezza delle automobili parcheggiate lungo corso Italia e qualcuno scrive sul momento uno striscione con una bomboletta spray. Il corteo si snoda lento e pacifico perché «la democrazia scorre pulita» commenta Alfredo, diciotto anni e I’Iphone tra le mani per registrare quello che definisce «un evento epocale».

Alle 11 in punto la sfilata dei manifestanti si ferma e dopo qualche secondo di silenzio la folla esplode in un triplice fischio di protesta, in contemporanea con le altre piazze d’Italia. Una delle soste più lunghe è quella che viene organizzata di fronte al palazzo di giustizia della città. Un luogo simbolo «per tutti quelli che aspettano da anni un’assunzione che arriva. Il lavoro è un diritto e dirlo di fronte a questa sede dovrebbe essere ancora più forte», afferma il segretario generale Cgil di Catania Antonella Distefano. L’arrivo del corteo in piazza Roma è preceduto da qualche momento di tensione tra i vigili urbani intenti a bloccare il traffico tra via Renato Imbriani e largo dei Vespri, e tra viale XX settembre e via Etnea. È in questo tratto che i manifestanti dei Cobas si staccano dal corteo per dirigersi verso piazza Università perché «è lì che continueremo la nostra manifestazione», precisa De Cristofaro.

La restante parte degli attivisti si incontra invece in piazza Roma con i giovani manifestanti della protesta NoInvalsi. Gli studenti medi accolgono i manifestanti del corteo urlando in un solo grido: «Professori, è così che vi vogliamo». La segretaria generale di Snals Giuseppina Digiacomo è la prima a salire sul palco allestito in piazza Roma per l’assemblea pubblica. «Caro Renzi, la scuola italiana boccia te e la tua buona scuola. Cambia questa riforma, dai più certezze agli insegnanti di ruolo e più diritti ai precari», afferma. E mentre la maggior parte dei manifestanti cerca un po’ di ombra tra gli alberi sfilacciati dello slargo, e qualche studente si dilegua verso la villa Bellini, un diciottenne sale sul palco e dice: «Noi siamo i vostri figli, dateci una scuola che sia buona davvero e non toglieteci anche questa speranza». Il messaggio è per Matteo Renzi e anche lui non ha bisogno di un fischietto per farsi sentire perchè urla come se fosse dannato per l’eternità.

Cassandra Di Giacomo

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